Ecco alcune considerazioni chiave quando si analizzano gli Exchange-Traded Funds (ETF) sul mio blog Picture Perfect Portfolios. Tieni presente che le mie conoscenze si fermano a settembre 2021, quindi potrebbero esserci stati sviluppi nel mercato degli ETF da allora. È sempre consigliabile consultare un consulente finanziario o condurre ulteriori ricerche per ottenere le informazioni più aggiornate. Ecco alcuni fattori da considerare quando si analizzano gli ETF:
Obiettivo e Strategia: Comprendere in dettaglio l’obiettivo di investimento e la strategia dell’ETF. Determinare se si concentra su una specifica classe di attivi (es. azioni, obbligazioni, materie prime) o su un tema di investimento (es. tecnologia, sanità, mercati emergenti). Valutare se la strategia è in linea con i tuoi obiettivi di investimento e la tua tolleranza al rischio.
Performance: Valutare la performance dell’ETF su diversi periodi di tempo, inclusi rendimenti a breve e lungo termine. Confrontare la sua performance con benchmark pertinenti o ETF simili nella stessa categoria. Cerca rendimenti consistenti e competitivi, ma ricorda che le performance passate non garantiscono risultati futuri.
Rapporto di Spesa: Considerare il rapporto di spesa, che rappresenta le commissioni di gestione annuali e altre spese operative dell’ETF. Rapporti di spesa più bassi sono generalmente preferibili poiché influiscono direttamente sui rendimenti complessivi. Confronta i rapporti di spesa tra ETF simili per trovare opzioni convenienti senza compromettere la qualità.
Errore di Tracciamento: Valutare l’errore di tracciamento dell’ETF, che misura quanto fedelmente replica la performance del suo indice o benchmark sottostante. Un errore di tracciamento più basso indica un migliore allineamento delle performance. Analizza l’errore di tracciamento su diversi periodi e condizioni di mercato per valutarne la coerenza.
Liquidità: Valutare la liquidità dell’ETF esaminando il volume medio giornaliero di scambi e gli asset sotto gestione (AUM). Una maggiore liquidità comporta generalmente spread bid-ask più ristretti e una migliore esecuzione degli scambi. Una liquidità più bassa può portare a spread più ampi e potenziali difficoltà nell’acquisto o nella vendita di quote, specialmente in condizioni di mercato volatili.
Partecipazioni e Diversificazione: Analizzare le partecipazioni dell’ETF per determinarne il livello di diversificazione e l’allineamento con la tua strategia di investimento. Cerca trasparenza riguardo agli attivi sottostanti Borsa: Analizza la concentrazione delle partecipazioni, incluse le principali partecipazioni e le allocazioni settoriali, per comprendere le esposizioni al rischio e i potenziali impatti sulla performance.
Gestore del Fondo e Fornitore: Ricercare la reputazione, l’esperienza e il track record del fornitore dell’ETF e del gestore del fondo responsabile della gestione dell’ETF. Valutare la loro competenza nella specifica classe di attivi o strategia di investimento. Considera le loro performance passate e la capacità di adattarsi alle condizioni di mercato mutevoli.
Efficienza Fiscale: Valutare l’efficienza fiscale dell’ETF, che si riferisce alla sua capacità di minimizzare eventi imponibili come le distribuzioni di plusvalenze. Cerca ETF con una storia di utilizzo di strategie per ridurre le passività fiscali, come creazioni e riscatti in natura o raccolta di perdite fiscali.
Considerazioni Regolamentari e Strutturali: Comprendere la struttura dell’ETF e eventuali fattori regolamentari associati. Determinare se è fisicamente supportato, cioè detiene gli attivi sottostanti effettivi, o sintetico, dove utilizza derivati per replicare la performance dell’indice. Sii consapevole di eventuali cambiamenti regolamentari o rischi che potrebbero influenzare la performance o le operazioni dell’ETF.
Recensioni e Ricerche: Leggi recensioni, rapporti di ricerca e analisi da fonti affidabili. Considera le intuizioni di pubblicazioni finanziarie, società di ricerca indipendenti o analisti professionisti. Cerca diverse prospettive e opinioni per ottenere una comprensione completa dei punti di forza e delle debolezze dell’ETF. Tendo a coprire ETF unici rispetto ai fondi mainstream, inclusi fondi efficienti in termini di capitale, azioni focalizzate sui fattori e ETF di allocazione degli attivi.
Ricorda, investire in ETF comporta rischi, inclusa la potenziale perdita del capitale. Considera la tua situazione finanziaria personale, gli obiettivi di investimento e la tolleranza al rischio prima di prendere decisioni di investimento. Consulta un consulente finanziario o conduci una ricerca approfondita per assicurarti che l’ETF sia in linea con i tuoi obiettivi di investimento.
I Business di Coda: La Magia Nascosta Dietro le Nicchie
Immagina un mondo in cui non devi per forza vendere hamburger a milioni di persone per fare soldi. Un mondo in cui puoi guadagnare bene anche vendendo, che ne so, cappelli fatti a mano per pappagalli o corsi online su come parlare con le piante. Questo, amici miei, è il regno dei business di coda, un concetto che sembra uscito da un film di fantascienza ma che in realtà è una delle idee più rivoluzionarie dell’economia moderna. Oggi vi porto a spasso in questo universo parallelo, dove le nicchie regnano sovrane e i numeri piccoli possono diventare grandi successi. Preparate un caffè (o un succo, se siete tipi da vitamina C) e partiamo!
Che Diamine Sono i Business di Coda?
Per capire i business di coda, dobbiamo prima fare un salto nel passato, quando il mondo degli affari era dominato dai blockbuster. Pensa ai grandi magazzini pieni di CD dei Backstreet Boys o ai cinema che proiettavano Titanic per mesi. In quel mondo, il successo si misurava con la regola dell’80/20: il 20% dei prodotti (i più popolari) generava l’80% dei profitti. Tutto il resto? Roba da mercatino dell’usato.
Poi è arrivato un tizio di nome Chris Anderson, che nel 2004 ha scritto un articolo (e poi un libro) intitolato The Long Tail . Anderson ha detto: “Ehi, aspetta un attimo! Con internet, le regole stanno cambiando”. La sua idea era semplice ma geniale: grazie alla tecnologia digitale, non devi più puntare solo sui grandi successi. Puoi guadagnare anche vendendo piccole quantità di prodotti super specifici a un pubblico ristretto ma appassionato. Questa è la “Long Tail”: una curva che parte con i bestseller (la testa) e poi si allunga all’infinito con migliaia di prodotti di nicchia (la coda).
Facciamo un esempio pratico. Se vai in un negozio di dischi vecchio stile, trovi magari 50 titoli: i più venduti, quelli che piacciono a tutti. Ma su Spotify? Puoi ascoltare una band metal norvegese che ha 12 fan in tutto il mondo o un tizio che suona il theremin in cantina. La coda lunga è proprio questo: un mercato infinito di piccole opportunità.
Come Funzionano? La Ricetta della Coda
Ok, ma come si fa a trasformare questa teoria in un business vero? È più semplice di quanto sembri, ma ci vuole un po’ di astuzia. Ecco gli ingredienti principali:
Digitalizzazione e Zero Costi di Magazzino Nei negozi fisici, lo spazio è limitato. Se vendi libri, non puoi tenere in negozio “Manuale per allevare lumache da corsa” perché occupa posto e probabilmente lo comprano in due all’anno. Ma online? Su Amazon o su un sito tuo, quel libro può stare lì per sempre, senza costi di affitto o polvere da spolverare. La digitalizzazione abbatte le barriere fisiche e ti permette di offrire un catalogo infinito.
Motori di Ricerca e Algoritmi La coda lunga funziona solo se la gente trova quello che cerca. Ecco perché Google, Amazon e compagnia bella sono i migliori amici di questi business. Scrivi “calzini a tema unicorni” su un motore di ricerca e, voilà, trovi un negozio online che li vende. Gli algoritmi di raccomandazione (“Ti piace questo? Prova quest’altro!”) fanno il resto, spingendo i prodotti di nicchia sotto il naso dei clienti giusti.
Passione e Community I clienti della coda lunga non sono tipi da “compro la prima cosa che vedo”. Sono fanatici, collezionisti, nerd di qualcosa. Se vendi action figure di film anni ’80, il tuo pubblico non vuole solo un pupazzetto: vuole sapere la storia del personaggio, il dietro le quinte del film, magari anche un podcast su come pulire la plastica ingiallita. Costruire una community intorno alla tua nicchia è la chiave per farli tornare.
Scalabilità Piccola ma Potente Non devi vendere milioni di pezzi. Magari vendi 10 corsi di giardinaggio per cactus al mese, ma a 100 euro l’uno. O 50 stampe artistiche di gatti steampunk a 20 euro ciascuna. I numeri sono piccoli, ma i margini possono essere altissimi, perché stai parlando a un pubblico che non trova alternative altrove.
L’Evoluzione: Da eBay a OnlyFans
I business di coda non sono nati ieri. Pensate a eBay negli anni ’90: un posto dove potevi vendere quel vecchio Game Boy rotto o una collezione di francobolli della nonna. Era già la “coda lunga” in azione! Ma col tempo, questi business si sono evoluti, cavalcando le onde della tecnologia e dei cambiamenti sociali.
Amazon e il Boom dell’E-commerce Amazon è il re della coda lunga. Non vende solo i bestseller di Stephen King, ma anche quel manuale di 300 pagine su come costruire un aquilone a forma di drago. Grazie alla logistica e al print-on-demand, oggi puoi persino pubblicare un libro che vende 5 copie all’anno e guadagnarci comunque.
Piattaforme Creative: Etsy e Patreon Etsy ha trasformato gli hobbisti in imprenditori: vendi collane fatte con gusci di noci di cocco? C’è un mercato per te! Patreon, invece, permette ad artisti, scrittori e musicisti di guadagnare dai fan più fedeli, anche se sono solo 50 persone sparse per il mondo.
Il Fenomeno OnlyFans Sì, anche OnlyFans è un business di coda! Creator di nicchia (non solo quelli che pensi tu, ma anche chef, personal trainer o esperti di tarocchi) trovano un pubblico ristretto ma disposto a pagare per contenuti esclusivi. È la coda lunga applicata al massimo: personalizzazione e connessione diretta.
AI e Automazione Oggi, con l’intelligenza artificiale, puoi creare prodotti di nicchia in modo ancora più veloce. Vuoi un e-book su “Come allenare il tuo criceto a fare yoga”? Un’AI può scriverlo in un’ora, e tu lo vendi a 10 euro a una manciata di appassionati. La tecnologia sta rendendo la coda sempre più lunga e accessibile.
Perché Sono Così Importanti?
Ora che abbiamo capito cosa sono e come funzionano, la domanda da un milione di dollari: perché i business di coda contano così tanto? Spoiler: perché stanno cambiando il mondo, un pezzettino alla volta.
Democratizzazione del Business Non serve più essere una multinazionale per fare soldi. Con un laptop e una connessione internet, chiunque può avviare un’attività di nicchia. Sei un esperto di modellismo ferroviario? Puoi vendere guide, pezzi rari o video tutorial e vivere della tua passione. La coda lunga dà potere ai piccoli.
Diversità e Scelta Senza la coda lunga, saremmo tutti condannati a mangiare solo pizza margherita e ascoltare solo pop da classifica. Invece, oggi puoi scoprire un podcast su come fare il sapone con le alghe o comprare una lampada a forma di medusa. È un’esplosione di creatività e varietà.
Resilienza Economica I grandi blockbuster possono crollare (ricordi Blockbuster, il negozio di noleggio video?). I business di coda, invece, sono più resistenti: si basano su tanti piccoli flussi di reddito, non su un unico grande successo. Se un prodotto non vende, ce ne sono altri mille nella coda a tenere in piedi il tutto.
Connessione Umana In un mondo sempre più impersonale, i business di coda riportano il contatto diretto. Chi compra un sapone artigianale da un venditore Etsy spesso riceve un biglietto scritto a mano. Chi segue un creator su Patreon si sente parte di qualcosa. È business, sì, ma con un’anima.
Sfide e Futuro della Long Tail
Non è tutto rose e fiori, però. Gestire un business di coda ha le sue sfide. La concorrenza è feroce: se vendi tazze a tema dinosauri, domani potrebbe spuntare qualcuno con tazze a tema triceratopi fluorescenti. E poi c’è il problema della visibilità: senza un buon SEO o una strategia di marketing, il tuo prodotto rischia di perdersi nella coda infinita.
Ma il futuro? È luminoso. Con la realtà virtuale, la stampa 3D e l’AI, i business di coda diventeranno ancora più personalizzati. Immagina di ordinare un paio di scarpe fatte su misura per i tuoi piedi, con un design ispirato al tuo film preferito, consegnate in 24 ore. O di entrare in un negozio virtuale dove ogni oggetto è creato apposta per te. La coda lunga non ha limiti, e sta solo iniziando a mostrare il suo potenziale.
Conclusione: La Coda È il Nuovo Re
I business di coda sono la prova che non devi essere un colosso per vincere. Sono il trionfo delle passioni strane, delle idee bizzarre e dei sogni piccoli ma concreti. In un mondo che sembra ossessionato dai numeri grandi, ci ricordano che anche i numeri piccoli possono fare la differenza. Quindi, la prossima volta che trovi un sito che vende penne a forma di carota o un corso su come cantare come un pirata, sorridi: stai guardando la coda lunga in azione. E chissà, magari il tuo prossimo business sarà proprio lì, in fondo alla curva, pronto a brillare.
Investire è una competenza fondamentale, e non è poi così complicato. Eppure, per molte persone sembra un ostacolo insormontabile. Il problema principale? Non lo fanno. Investire, in fondo, significa rinunciare a spendere oggi per poter (si spera) spendere di più in futuro. Molti sognano di diventare milionari, ma ciò che desiderano davvero è spendere un milione di euro. Sono due cose opposte: diventi milionario proprio non spendendo quel milione che potresti permetterti.
La ricchezza non è il reddito
Hai deciso che vuoi diventare ricco, e lo vuoi con tutto te stesso. Sei così determinato da essere disposto a non spendere soldi oggi, ma a investirli per il futuro. Complimenti! Hai fatto il primo passo verso la ricchezza. Molti pensano che i ricchi siano semplicemente persone che guadagnano tanto. È vero che molti ricchi hanno redditi alti, ma è altrettanto vero che:
Alcuni ricchi guadagnavano tanto solo in passato.
Alcuni non guadagnano quasi nulla.
Altri non hanno mai avuto redditi particolarmente alti.
Il concetto chiave è che ricchezza e reddito elevato non sono la stessa cosa. La ricchezza non è il reddito. Il reddito è ciò che guadagni in un anno; la ricchezza è ciò che possiedi, che tu l’abbia guadagnato o ricevuto in dono. La misura migliore della ricchezza è il patrimonio netto: tutto ciò che possiedi meno tutto ciò che devi. Se vuoi monitorare un solo numero finanziario nella tua vita, segui questo (non il tuo punteggio di credito).
In cosa investire
Ora viene la parte facile: in cosa dovresti investire? Azioni? Obbligazioni? Immobili in affitto? Bitcoin? Esistono infinite opzioni, ma non devi necessariamente sceglierne una o tutte per avere successo.
Uno dei modi più semplici e sicuri per investire è puntare sulle corporazioni più profittevoli della storia. Quando un’azienda di successo genera grandi profitti, il proprietario potrebbe preferire incassare una somma importante piuttosto che continuare a gestirla. Se l’azienda è molto grande, nessuno da solo può permettersi di acquistarla. Così, il proprietario la “vende a tutti” tramite un’Offerta Pubblica Iniziale (IPO).
Dopo un’IPO, le azioni di queste aziende di successo vengono scambiate sui mercati azionari mondiali. Possedendo azioni, condividi i loro profitti. Studi hanno dimostrato che il modo migliore per investire in queste aziende è attraverso i fondi indicizzati, fondi comuni in cui un gruppo di investitori mette insieme i propri soldi e assume un gestore professionista che compra tutte le azioni disponibili: le migliori, le peggiori e tutto ciò che sta in mezzo. Sembra strano, ma è così difficile scegliere solo le azioni vincenti che, in media, comprare tutto è la strategia più efficace.
Questi fondi indicizzati sono disponibili in vari tipi di conti d’investimento, come:
Conto di intermediazione (accessibile a tutti, per qualsiasi scopo).
401(k) (un conto pensionistico offerto dai datori di lavoro, simile ai fondi pensione italiani).
Roth IRA (un conto pensionistico individuale per chi ha un reddito).
529 (un conto per risparmiare per l’istruzione).
Health Savings Account (un conto per spese sanitarie).
Ci sono molti fondi indicizzati, ma non tutti sono validi. Se non sai da dove iniziare, considera questi due:
Vanguard Total Stock Market Index Fund (VTSAX).
Vanguard Total International Stock Market Index Fund (VTIAX).
Quando investire
All’inizio non mi rendevo conto di quanto fosse difficile per le persone capire quando investire. Ora te lo dico chiaro e tondo, così non ci saranno più dubbi. Pronto? Eccolo:
Investi ora. Subito. Ancora. Ora. Fallo adesso.
Ogni volta che ti chiedi “quando dovrei investire?”, ricorda questo consiglio: ora. Ignora le vocine nella tua testa che ti frenano, ignora i commentatori in TV, le riviste o i siti web. Se non dicono “investi ora”, sbagliano. In realtà, c’era un momento migliore di ora: dieci anni fa. Ma quel momento è passato, quindi investi adesso.
Hai ricevuto lo stipendio questo mese? Investi. Hai ricevuto un’eredità? Investi. Hai venduto qualcosa o trasferito un conto pensionistico? Investi subito.
E se il mercato crolla dopo che ho investito?
Capiterà. Circa un terzo delle volte, il mercato scenderà subito dopo il tuo investimento. Mi dispiace, ma fa parte del gioco. Come investitore, il tuo compito è accettare di perdere denaro (temporaneamente) di tanto in tanto. Pensi di poter prevedere quando il mercato scenderà? Non puoi. E nemmeno gli altri. Non mi credi? Prova a tenere un diario delle tue previsioni (e di quelle altrui) sul mercato. Scoprirai presto che nessuna sfera di cristallo funziona, nemmeno la tua.
Non sei ancora convinto? Facciamo un esercizio. Quale di questi momenti sembra buono per investire? (Immagina grafici del mercato azionario):
Un grafico che scende: sembra rischioso, vero? Ma sta per risalire?
Un altro che tocca un massimo storico: chi vorrebbe investire ora? Eppure, potrebbe continuare a salire.
Uno che crolla: forse è il momento perfetto, o forse scenderà ancora.
In realtà, questi sono tutti frammenti dello stesso grafico: un grafico del mercato azionario statunitense degli ultimi 125 anni.
Da lontano, anche eventi come la Grande Depressione degli anni ’30, l’inflazione degli anni ’70 o la crisi finanziaria del 2008 sembrano piccoli intoppi. Nota anche quanto spesso il mercato raggiunge “massimi storici”. Nel 2024, l’S&P 500 ha toccato circa 50 massimi storici! Ecco perché il momento migliore per investire è ora (a meno che tu non abbia una macchina del tempo). Sì, il mercato potrebbe scendere, ma non stai investendo per la prossima settimana o il prossimo anno. Questi sono soldi che non toccherai per 10, 20 o persino 50 anni.
Cosa fare dopo aver investito
Hai investito. Hai messo, diciamo, 2.000 euro dello stipendio di questo mese in un fondo indicizzato Vanguard. E ora? Dovresti controllare il valore ogni giorno? Guardare i notiziari finanziari? No. Preparati a rifare la stessa cosa il prossimo mese.
Ho iniziato a investire nel 2004. Da allora, ho investito ogni mese, ogni anno. Ho investito circa 250 volte, senza sapere se il mercato sarebbe salito o sceso. A volte era luglio 2008, e il mercato è crollato. Altre volte era marzo 2009, e il mercato è rimbalzato. A volte era febbraio 2020, e il mercato è sceso e poi risalito velocemente. Ma negli ultimi vent’anni, la mia costanza è stata premiata. Il valore dei miei investimenti oggi è più alto di quasi tutti i momenti in cui ho investito in passato. E questo non include i dividendi, che ho ricevuto circa 84 volte.
Dopo aver investito per il mese, vivi la tua vita: lavora, divertiti, passa tempo con la famiglia, viaggia, affronta le sfide. Poi, il mese prossimo, quando avrai altri soldi, fai quello che fanno i ricchi: investi.
Passive Strategy vs Passive Behavior: Non è la stessa cosa, fidati!
Se ti dico “passivo”, magari ti immagini tuo cugino sul divano con una birra in mano, telecomando nell’altra, e zero voglia di muovere un muscolo. Ma in finanza personale, “passivo” può avere due significati completamente diversi: uno ti può portare a una vita di serenità economica, l’altro ti lascia con le tasche vuote e un’espressione da “ma come è successo?”. Oggi mettiamo a confronto passive strategy e passive behavior: sembrano simili, ma sono come il caffè espresso e l’acqua del rubinetto. Preparati a un viaggio tra ETF, pigrizia finanziaria e qualche esempio pratico per capire quale dei due fa per te (spoiler: uno è molto meglio).
Cos’è una Passive Strategy? Investire senza stress (ma con un po’ di testa)
La passive strategy è un po’ come il tuo robot aspirapolvere: lo accendi, lui fa il lavoro, e tu ti godi i risultati. È un approccio all’investimento che non cerca di battere il mercato o di prevedere se Tesla volerà o crollerà. Invece, punti a replicare un indice di mercato (tipo l’S&P 500 o il FTSE MIB) investendo in fondi indicizzati o ETF (Exchange Traded Funds). Tradotto: niente ore passate a scegliere azioni o a inseguire l’ultima criptovaluta di cui parla tuo zio a cena.
Esempio pratico: investi 5.000 euro in un ETF che segue l’S&P 500, l’indice delle 500 maggiori aziende americane. Non devi fare nulla: il fondo cresce (o scende) con il mercato. Negli ultimi decenni, l’S&P 500 ha reso in media il 7-10% annuo (dopo l’inflazione). Con un po’ di pazienza, quei 5.000 euro potrebbero diventare 13.000 in 20 anni. Non è magia, è il potere del compounding e di un approccio passivo ben pensato.
Ma attenzione: “passivo” non significa “zero cervello”. Per adottare una passive strategy serve un active behavior iniziale. Devi studiare un minimo, capire cosa sono gli ETF, scegliere strumenti affidabili (tipo Vanguard o iShares), e magari scoprire la differenza tra un MSCI World e un FTSE 100. Non è rocket science, ma richiede un po’ di curiosità e impegno all’inizio. È come imparare a usare il forno: una volta capito, cuoci la pizza perfetta senza fatica.
Il vantaggio? Costi bassi e stress minimo. Gli ETF hanno spese di“ gestione irrisorie (spesso sotto lo 0,1% annuo), a differenza dei fondi attivi dove un gestore in giacca e cravatta cerca (e spesso fallisce) di battere il mercato. È come scegliere un self-service invece di un ristorante stellato con conto stellare.
E il Passive Behavior? La pigrizia che ti costa un occhio
Ora passiamo al passive behavior, che è un po’ come lasciare la tua vita finanziaria in modalità “pilota automatico”… ma senza aver impostato la rotta. Qui non c’è strategia, solo inerzia: non pianifichi, non investi, non risparmi, e magari lasci i tuoi soldi a morire su un conto corrente che rende lo 0,01% (quando va bene). È il classico “ci penserò domani” che diventa “ops, sono passati 10 anni e ho ancora 500 euro in banca”.
Esempio pratico: Laura, 30 anni, guadagna 2.000 euro al mese. Non ha un budget, spende tutto in aperitivi e shopping online, e i suoi risparmi sono un sogno lontano. Non investe perché “non capisce la finanza” e “non ha abbastanza soldi”. Risultato? A 50 anni, Laura ha zero risparmi e zero investimenti. Se invece avesse messo 200 euro al mese in un ETF S&P 500 da quando aveva 30 anni, oggi avrebbe circa 100.000 euro (con un rendimento medio del 7%). Ma no, Laura ha scelto il passive behavior, e ora il suo piano pensione è “speriamo nella lotteria”.
Peggio ancora, il passive behavior può trasformarsi in una trappola costosa. Immagina di affidarti all’amico di un amico che lavora in banca: “Tranquillo, ci penso io!”. Lui ti piazza in un portafoglio di fondi attivi con costi di gestione del 2% annuo (o più), che magari rendono meno del mercato. Tu non controlli, non ti documenti, e dopo 20 anni scopri che hai pagato migliaia di euro in commissioni per un risultato mediocre. È come ordinare una pizza e ritrovarti con un cartone vuoto perché il fattorino se l’è mangiata per strada. Colpa tua? Non proprio. Colpa del tuo passive behavior? Assolutamente sì.
Le differenze chiave: strategia vs inerzia totale
Mettiamo i due contendenti sul ring. È un po’ come confrontare un atleta che si allena con metodo e un tizio che dorme tutto il giorno.
Intenzione:
Passive Strategy: È una scelta consapevole. Studi un po’, decidi di investire in modo semplice e sistematico, e lasci che il mercato lavori per te.
Passive Behavior: Non c’è scelta, solo pigrizia. Non fai nulla o ti affidi a qualcuno senza sapere cosa sta succedendo.
Risultati:
Passive Strategy: I tuoi soldi crescono nel tempo, grazie a una decisione iniziale ben ponderata.
Passive Behavior: I tuoi soldi stagnano o spariscono, mangiati dall’inflazione o da commissioni assurde.
Sforzo:
Passive Strategy: Serve un active behavior iniziale per informarti e scegliere (tipo leggere un articolo come questo!), ma poi è quasi tutto automatico.
Passive Behavior: Zero sforzo, zero risultati. Non serve nemmeno aprire Google per cercare “cos’è un ETF”.
Costi:
Passive Strategy: Spese bassissime, perché non paghi gestori attivi per fare previsioni spesso sbagliate.
Passive Behavior: Costi nascosti ovunque: opportunità perse o commissioni salate se ti affidi al “consulente” sbagliato.
Esempio pratico: Marco e Sara, entrambi 35enni, guadagnano 30.000 euro l’anno. Marco adotta una passive strategy: si documenta, sceglie un ETF MSCI World e investe 300 euro al mese. Sara, regina del passive behavior, si fida dell’amico bancario che le rifila un fondo attivo con costi del 2,5%. Dopo 30 anni, con un rendimento medio del 6%, Marco ha circa 300.000 euro. Sara? Ha 150.000 euro, ma 50.000 se ne sono andati in commissioni. Stesso stipendio, approcci opposti, portafogli diversissimi.
Perché la Passive Strategy vince (se la capisci)
La passive strategy ha un asso nella manica: il tempo. Non devi essere Warren Buffett o passare ore a studiare bilanci. Il mercato cresce nel lungo termine, e tu ci sali sopra. Certo, ci sono crisi (2008, ti dice niente?), ma i mercati si riprendono. È come piantare un albero: all’inizio è solo un rametto, ma dopo anni hai ombra e frutti. Però, per far funzionare questo piano, devi essere attivo all’inizio: informarti, scegliere strumenti solidi, evitare fregature.
Il passive behavior, invece, è un biglietto per il “vorrei ma non posso”. Non sfrutti il tempo, non sfrutti il compounding, e magari finisci pure con un portafoglio pieno di fondi costosi che non capisci. Uno studio di S&P Global dice che l’85% dei fondi attivi ha sottoperformato gli indici di mercato negli ultimi 15 anni. Perché rischiare, quando puoi copiare il mercato a costo quasi zero?
Obiezioni comuni (e come rispondere)
“Ma se il mercato crolla?” Con la passive strategy, i crolli sono normali. Aspetti e riparti. Con il passive behavior, non hai nemmeno un piano da far ripartire.
“Non ho abbastanza soldi.” Falso! Oggi puoi iniziare con 50 euro al mese su piattaforme come Trade Republic. Serve solo un po’ di active behavior per scoprirlo.
“E se scelgo il fondo sbagliato?” Informati un minimo: punta su indici ampi (S&P 500, MSCI World) e marchi noti (Vanguard, iShares). Evita il tizio in banca che ti vende il “fondo speciale”.
Considerazioni finali: Scegli il tuo passivo
La passive strategy è un “passivo” che lavora per te, ma richiede un pizzico di azione iniziale: studiare, scegliere, agire. Il passive behavior è il “passivo” che ti frega: nessuna fatica, nessun guadagno, e magari pure qualche perdita nascosta. Vuoi investire senza stress? Documentati un po’, apri un conto online, scegli un ETF semplice e lascia che il tempo faccia il resto. Vuoi affidarti all’amico dell’amico e sperare per il meglio? Preparati a un portafoglio più leggero e a qualche rimpianto.
Correre nella Savana dell’Informazione: Michael Covel e il Potere del Trend Following nell’Era dell’AI
Immaginate una steakhouse vivace, con il profumo di bistecche sfrigolanti e quattro uomini che chiacchierano animatamente di intelligenza artificiale, mercati, fiducia e distrazioni. Al centro della scena c’è Michael Covel, veterano del trend following e creatore di un podcast che è un faro per chi vuole navigare l’incertezza. È il 2025, e Michael, un Gen X che ha costruito la sua conoscenza in un mondo pre-internet, si confronta con tre millennial e un estone, tutti appassionati di AI e con uno spirito nomade. Questa non è una semplice chiacchierata: è un viaggio tra passato e futuro che ci spinge a chiederci: di chi ci fidiamo? Come decidiamo? E come resistiamo al richiamo delle distrazioni? Pronti? Si parte!
Un’Epoca Analogica: Le Radici del Trend Following
Michael ci riporta agli anni ’90, un’epoca in cui internet era un sogno balbettante e gli smartphone non esistevano nemmeno nei film di fantascienza. Era il 1994, e lui stava scavando nel mondo del trend following, una strategia di trading che si basa sui movimenti dei prezzi, ignorando previsioni e analisi complesse. Ma come si trovava informazione in un mondo senza Google, Wikipedia o ChatGPT?
Si scavava, e non con un clic. Significava sfogliare vecchi articoli di giornale, riviste degli anni ’70 e ’80, libri dimenticati in biblioteche polverose. E, soprattutto, significava incontrare di persona le leggende del settore: trader come Tom Basso, Bill Eckhardt o Bill Dunn. All’epoca, questi nomi non erano star globali. Erano figure di nicchia, quasi segrete, e questo dava un vantaggio: erano accessibili. Michael racconta di cassette audio – sì, cassette! – con discorsi di Eckhardt che spiegava il metodo dei Turtles, o di conversazioni con Dunn che non ha mai reso pubbliche. “Roba inestimabile,” dice, non solo per il contenuto, ma per la fatica e la passione che ci voleva per ottenerla.
Nel 1996, Michael era praticamente l’unico a condividere informazioni sul trend following online. È stato l’inizio del suo marchio, un pioniere in un mondo che ancora non sapeva cosa fosse un blog. Raccogliere informazioni pre-internet era lento e laborioso, ma ti costringeva a essere ossessivo, a inseguire ogni pista come un detective. E, soprattutto, ti dava accesso a persone che, non essendo sotto i riflettori, parlavano liberamente, senza filtri.
L’Esplosione Digitale: Internet, iPhone e il Diluvio di Informazioni
Poi, il mondo è cambiato. Nel 1995, Netscape, il primo browser di Mark Andreessen, diventa pubblico, e internet inizia a prendere piede. Negli anni ’90, i contenuti online crescono, ma non è ancora un diluvio. Michael pubblica il suo primo libro sul trend following nel 2004, seguito da altri nei vent’anni successivi. Con l’arrivo dei podcast, figure come Tom Basso e Jerry Parker diventano più note, e il trend following esce dall’ombra.
Ma il vero game-changer arriva con l’iPhone, tra il 2010 e il 2012. Non importa la tua età: quando l’iPhone entra nella tua vita, cambia tutto. Le informazioni sono a portata di dito, ovunque, in ogni momento. E con i social media, la condivisione diventa virale. Ma più informazioni non significano più chiarezza. Anzi, è qui che iniziano i problemi, e la conversazione nella steakhouse mette a nudo questa tensione.
Una Cena tra Generazioni: Michael e i Millennial
Nella steakhouse, Michael è al tavolo con tre millennial e un estone che parla un inglese perfetto. Sono tutti avventurieri, uniti da uno spirito nomade e da una passione per l’AI. La conversazione si concentra su una differenza cruciale: il modo in cui le loro generazioni raccolgono informazioni. Michael, Gen X, ha costruito la sua conoscenza in un mondo analogico, fatto di libri, incontri faccia a faccia e cassette audio. I millennial, invece, sono cresciuti con internet, social media e, ora, l’intelligenza artificiale.
I millennial sono entusiasti dell’AI. “Abbiamo tutto a disposizione!” dicono. “Fai una domanda a un’AI, e ti dà un riassunto, un’intuizione, tutto in pochi secondi.” Ma Michael li ferma con una domanda scomoda: “E se l’AI sbaglia? Se ti dà una risposta che sembra perfetta ma è sbagliata?” Racconta di aver chiesto a Grok, un’AI di xAI, di elencare le migliori squadre di football universitario degli ultimi 15 anni. La risposta sembrava solida, ma c’era un errore: Grok diceva che Clemson aveva vinto un campionato in un anno in cui non l’aveva fatto. Quando Michael l’ha corretto, Grok ha ammesso l’errore, ma questo solleva una questione cruciale: se non sai già che qualcosa è sbagliato, come fai a correggere l’AI?
Questo è un problema critico, specialmente nel trend following. Se chiedi a un’AI di combinare questa strategia con le candele giapponesi, probabilmente ti darà una risposta plausibile, anche se le candele sono inutili per il trend following. L’AI è progettata per accontentarti, non per dirti la verità assoluta. Se non conosci il settore, come fai a sapere che ti sta rifilando una cavolata?
Fiducia, Decisioni, Distrazioni: Le Sfide del 2025
La conversazione si sposta su tre temi centrali: fiducia, decisioni e distrazioni. In un mondo sommerso da informazioni, di chi ti fidi? Michael suggerisce di cercare esperti che abbiano dedicato la loro vita a un argomento. Nel trend following, lui è uno di quelli: anni di studio, incontri con leggende e una passione sfrenata lo rendono una fonte affidabile. “Se vuoi sapere di trend following, parti da me,” dice, senza falsa modestia. Ma non tutti hanno questa chiarezza o questa fortuna.
Poi c’è il problema delle decisioni. L’AI può darti tutte le informazioni del mondo, ma non può premere il grilletto per te. Se ti dice “Fai questo trade,” sei tu che devi agire. E qui entra in gioco la distrazione, il vero killer del nostro tempo. Michael racconta al ragazzo estone che, negli anni ’90, non aveva un telefono che lo interrompeva con notifiche, messaggi o video di gattini. La sua unica ossessione era capire il trend following e condividerlo. L’estone, invece, cresciuto con lo smartphone, deve combattere attivamente le distrazioni. Racconta di come, per concentrarsi sui brevetti di Google, si costringa a sedersi davanti a un muro bianco, quasi in meditazione, per non cedere alla tentazione del telefono.
Nomadismo e Relazioni: Oltre il Trading
La cena prende una piega più ampia. I quattro al tavolo sono tutti nomadi digitali, persone che vivono ovunque il loro lavoro lo permetta. Michael ricorda i suoi primi viaggi in Asia, nel 2006, in città come Hong Kong e Tokyo. All’epoca, non c’erano influencer su YouTube a mostrarti ogni angolo di quei luoghi. Dovevi scoprirli da solo, con meraviglia e un po’ di smarrimento. I millennial, invece, sono cresciuti con l’iPhone e i social media, che li hanno spinti a viaggiare e “vedere le fonti con i propri occhi.”
Ma il nomadismo non è solo una questione di luoghi. È una mentalità, un rifiuto di fidarsi ciecamente delle fonti tradizionali. E qui torna il tema della fiducia. Come fai a fidarti di un’AI se non hai un’esperienza diretta o una base solida per giudicarla? E come fai a fidarti in un mondo dove le distrazioni – dal telefono ai social media – ti allontanano dal focus?
La conversazione tocca anche un tema più personale: le relazioni nel 2025. I tassi di divorzio sono alti, i tassi di fertilità in calo. Michael non approfondisce, ma suggerisce che il telefono e i social media abbiano un ruolo. È un argomento delicato, che lascia in sospeso, ma che sottolinea come la tecnologia influenzi ogni aspetto della nostra vita, non solo il lavoro.
Il Trend Following come Faro nella Tempesta
In questo caos di informazioni, distrazioni e dubbi, il trend following emerge come un faro. Perché? Perché si basa sul prezzo, la realtà più pura e concreta che esista. I millennial a cena fantasticano di usare l’AI per sviluppare migliaia di strategie di trading basate su dati fondamentali. Michael li guarda e dice: “Pensate davvero che batterà il semplice affidarsi al prezzo?” Nel trend following, non servono previsioni o analisi complesse. Segui il movimento del mercato, punto. È una filosofia semplice ma potente, che ti tiene ancorato in un mondo di rumore.
Michael sottolinea che il suo valore, come esperto, non è solo nell’insegnare le regole del trend following, ma nel dire la verità senza fronzoli: “Concentrati qui, ignora il resto, resta sul bersaglio.” In un’epoca di AI che sputa risposte a raffica, chi ti aiuta a distinguere il segnale dal rumore? Chi ti dà la fiducia per agire?
Correre o Essere Mangiati: La Lezione del Savana ( Non quella di Aldo, Giovanni e Giacomo 🙂 )
Michael chiude con un’immagine potente: siamo tutti sul savana. Se sei un leone, devi correre per non morire di fame. Se sei una gazzella, devi correre per non essere mangiato. Leone o gazzella, quando ti svegli, corri. Nel 2025, con l’AI, i social media e un flusso infinito di informazioni, non puoi permetterti di stare fermo. Devi correre per restare rilevante, per non farti sopraffare dalle distrazioni, per trovare fonti di cui fidarti.
Il suo podcast non è solo sul trend following. È un invito a riflettere su come viviamo, decidiamo e ci muoviamo in un mondo che cambia a velocità folle. Michael non vuole essere “attuale” nel senso di commentare le notizie del giorno. Vuole una connessione più profonda con il suo pubblico, su temi che contano: fiducia, decisioni, distrazione. E in questo, il trend following è più di una strategia di trading: è una mentalità per navigare l’incertezza.
Un Invito all’Azione
Se tutto questo ti ha fatto accendere una lampadina, Michael ha un’offerta: scrivigli a [email protected], e ti manderà i passi per iniziare con il trend following insieme a un video gratuito. Ma attenzione: se sei uno che vuole solo “comprare e tenere,” fidarsi del governo o di Wall Street, questo non fa per te. Il trend following è per chi vuole prendere in mano il proprio destino, in mercati che salgono, scendono o sorprendono.
Passato e Futuro si Incontrano
Questa conversazione, iniziata in una steakhouse, è un viaggio tra passato e futuro. Ci ricorda che il modo in cui raccogliamo informazioni – da vecchi libri o da un’AI – cambia il nostro modo di vedere il mondo. Ci sfida a chiederci: di chi mi fido? Come decido? Come resisto alle distrazioni? E ci mostra che, in un’epoca di complessità, a volte la risposta più potente è la più semplice: segui il prezzo, segui la realtà.
L’altro giorno, a una festa di compleanno di quelle caotiche – coriandoli ovunque, bambini urlanti e adulti che chiacchierano di nuvole per non perdere la testa – accompagno mio figlio al bagno. Sulla porta, eccolo: il Grillo Parlante di Pinocchio, con il suo sorriso saggio e una frase che mi colpisce come un pugno:
“Non ti fidare, ragazzo mio, di chi promette di farti ricco dalla mattina alla sera. Di solito, sono matti o imbroglioni!”
Bam. Una perla di saggezza appesa in un bagno per bambini. Dovrebbe stare incorniciata su ogni profilo Instagram di finanza, sui video YouTube degli “esperti” di trading e, soprattutto, tatuata sui portafogli di chi si fida troppo facilmente.
Perché, diciamolo, il trucco è sempre lo stesso. Cambiano i costumi, si aggiornano le scenografie, ma la promessa di arricchirsi in fretta resta una trappola vecchia come il mondo.
I Mangiafuoco 2.0 Un tempo erano i “cugini” con l’idea geniale: “Metti 10 milioni in un fondo segreto in Svizzera, fidati!”. Oggi sono influencer con l’anello d’oro e lo sfondo di Dubai, che in 47 secondi su TikTok ti spiegano come diventare milionario con il trading, il dropshipping o il “corso esclusivo per investire in start-up già vincenti”.
Non fraintendiamo: non tutti sono truffatori. Alcuni ci credono davvero. Ma rifletti: se un sistema è così infallibile, perché lo vendono a te, sconosciuto, per 997 euro con lo sconto “solo fino a mezzanotte”? Non sarebbe più logico tenerlo per sé?
Il fascino della scorciatoia La ricchezza veloce è seducente. È la promessa di una stradina nascosta che evita la coda sulla via principale. “Perché faticare? Seguimi, ti porto io!”. Peccato che finisci nei rovi, graffiato e con il conto in rosso.
Desiderare risultati rapidi è umano. Ma la finanza personale, quella vera, è noiosa. Si basa su:
Risparmio costante.
Investimenti semplici e diversificati.
Tempo, pazienza e disciplina.
Non è sexy, ma funziona.
Pinocchio 2.0: cosa direi al mio io adolescente Se potessi parlare al me stesso di vent’anni fa, gli ripeterei le parole del Grillo Parlante, aggiungendo:
“Studia le basi, evita le scorciatoie. Non devi diventare ricco domani. Devi costruire qualcosa che non crolli dopodomani.”
Il vero successo finanziario non è la Lamborghini affittata per un reel su Instagram. È la serenità di sapere che non dipendi da nessuno, che puoi dire “no” senza paura, che hai un margine di manovra nella vita.
Come riconoscere i fuffa-guru Ecco i segnali per cui dovresti scappare a gambe levate:
Promettono guadagni garantiti? Via.
Mostrano solo successi, mai i rischi? Via.
Usano paroloni motivazionali senza sostanza? Via.
Ti vendono un corso prima di spiegarti di cosa si tratta? Scappa più veloce che puoi.
E allora, che fare? La strada per una finanza solida è meno appariscente, ma infinitamente più efficace:
Tieni traccia delle spese: scopri dove finiscono i tuoi soldi.
Crea un fondo di emergenza: anche piccolo, è una rete di sicurezza.
Investi con semplicità: scegli strumenti che capisci e diversifica.
Ignora il rumore: il lungo termine batte sempre le mode passeggere.
Studia sempre: fai domande, approfondisci, non smettere mai di imparare.
In conclusione Quel giorno, mentre mio figlio correva via con un palloncino in mano, sono rimasto a fissare quella porta. Il Grillo Parlante dovrebbe essere il logo ufficiale dell’educazione finanziaria.
La prossima volta che qualcuno ti promette milioni in tre giorni con un “metodo infallibile”, ripensa a quella frase. Magari stampala e attaccala sullo specchio del bagno. Perché la finanza personale non si fa con le magie, ma con il buon senso. E il buon senso, a volte, lo trovi nei posti più inaspettati.
La Saggezza della Folla: Perché il Gruppo a Volte Sa Più di Te (e Come Usarla per i Tuoi Soldi)
Immagina questa scena: sei a una fiera di paese, c’è un barattolo pieno di caramelle e un tizio con un cappello a cilindro ti sfida a indovinare quante ce ne sono dentro. Tu ci provi, spari un numero a caso – diciamo 237 – e ovviamente sbagli di brutto. Poi però succede una cosa strana: il tizio chiede a tutti i presenti di fare lo stesso, raccoglie i numeri e tira fuori una media. E, sorpresa delle sorprese, quella media è dannatamente vicina al numero reale di caramelle. Tipo, spaventosamente vicina. Benvenuto nel magico mondo della wisdom of the crowd, la saggezza della folla. Ma cosa c’entra questo con i tuoi soldi? Spoiler: un sacco.
Oggi ti porto a spasso in questo concetto affascinante, ti spiego come funziona, perché a volte è una manna dal cielo per le tue finanze personali e, attenzione, quando invece rischi di farti fregare seguendo il gregge. Preparati una tazza di caffè (o un bicchiere di vino, non giudico), perché stiamo per fare un viaggio di almeno 1500 parole tra psicologia, economia e un pizzico di sano buon senso.
Cos’è ‘sta Saggezza della Folla, Spiegata Facile
Partiamo dalle basi. La wisdom of the crowd è un’idea vecchia come il mondo, ma formalizzata nel 1907 da uno statistico inglese, Francis Galton. Questo signore, che probabilmente non era il tipo più simpatico alle feste, si ritrovò a una fiera di campagna (sì, proprio come nel nostro esempio delle caramelle). Lì c’era un concorso per indovinare il peso di un bue. Galton, curioso come un gatto, raccolse tutti i numeri dati dai partecipanti – contadini, macellai, bambini e chi più ne ha più ne metta – e fece la media. Risultato? La folla, nel suo insieme, aveva azzeccato il peso quasi al grammo, molto meglio di quanto avessero fatto i singoli “esperti”.
Il trucco sta nel fatto che, quando metti insieme tante opinioni diverse, gli errori individuali tendono ad annullarsi. Chi spara troppo alto bilancia chi spara troppo basso, e alla fine esce fuori una stima collettiva che è spesso più precisa di quella di un singolo genio. Bello, no? È come se la folla fosse un supercomputer vivente, capace di fare calcoli che tu, da solo nel tuo salotto, non riusciresti mai a tirare fuori.
La Folla e i Soldi: Un Amore Complicato
Ok, ma passiamo al sodo: come si applica questo ai tuoi risparmi, al tuo conto in banca o a quel gruzzoletto che tieni nascosto sotto il materasso (tranquillo, non lo dico a nessuno)? Nella finanza personale, la saggezza della folla si manifesta in un sacco di modi, alcuni geniali, altri un po’ rischiosi.
Primo esempio: i mercati finanziari. Hai presente la Borsa? Quel posto caotico dove la gente urla numeri e compra azioni come se fossero patatine al supermercato? Ecco, il prezzo di un’azione, in teoria, riflette la saggezza della folla. Milioni di investitori, analisti e trader, ognuno con le sue idee, previsioni e informazioni, “votano” comprando o vendendo. Il risultato è un prezzo che dovrebbe essere una stima collettiva del valore di quell’azienda. Se la folla ha ragione, quel prezzo è una guida affidabile per decidere se investire o no. È come chiedere a un miliardo di amici: “Ehi, questa azienda vale i miei soldi?” e fidarti della loro risposta media.
Ma attenzione, perché qui entra in gioco il primo “ma”. La folla non è sempre saggia. A volte è più un branco di pecore che corre verso il burrone. Pensa alla bolla dei tulipani nel 1600 o, più vicino a noi, al crollo delle criptovalute dopo il boom del 2021. In quei casi, la folla non era saggia, era isterica. Tutti compravano perché “lo facevano tutti”, e alla fine si sono ritrovati con un pugno di mosche (o di bulbi di tulipano, se preferisci). Quindi, regola numero uno: la saggezza della folla funziona solo se le persone pensano in modo indipendente. Se invece si copiano a vicenda come scolaretti durante un compito in classe, è un disastro annunciato.
Come Usare la Folla per Non Finire in Mutande
Ora che abbiamo capito il concetto, vediamo come sfruttarlo praticamente per gestire meglio i tuoi soldi. Perché sì, la folla può essere una tua alleata, basta sapere come ascoltarla senza perdere la testa.
Le Recensioni Online: La Folla Come Consulente Gratis Stai pensando di aprire un conto con una nuova banca o di provare quell’app di investimento che promette di farti diventare milionario in tre clic? Prima di buttarti, dai un’occhiata a cosa dice la gente. Siti come Trustpilot o forum come Reddit sono miniere d’oro di saggezza collettiva. Se 500 persone dicono che quell’app è una truffa, forse è meglio starci alla larga. Certo, qualche recensione sarà esagerata o scritta da un tizio arrabbiato perché ha perso la password, ma nel complesso la media ti dà un quadro realistico. È la saggezza della folla applicata al tuo portafoglio.
I Fondi Indicizzati: La Borsa per Pigri Hai mai sentito parlare di Warren Buffett, il vecchietto miliardario che sembra sapere sempre cosa fare con i soldi? Bene, anche lui è un fan della saggezza della folla, anche se in modo indiretto. Buffett ha sempre consigliato ai comuni mortali come noi di investire in fondi indicizzati, tipo quelli che seguono l’S&P 500. Perché? Perché questi fondi non cercano di battere il mercato (cosa che nemmeno i guru riescono a fare con costanza), ma si limitano a cavalcare la media del mercato stesso. È come dire: “Ok, folla, tu sai cosa stai facendo, io mi accodo”. E storicamente, questa strategia funziona: il mercato, nel lungo periodo, tende a crescere, e tu cresci con lui.
Chiedi in Giro (Ma con Criterio) Non sto dicendo di basare le tue scelte finanziarie sul cugino che “ha un amico che ha fatto i milioni con le cripto”. Però, parlare con persone diverse – amici, colleghi, quel vicino che sembra sempre sapere tutto – può darti prospettive che non avevi considerato. Magari uno ti consiglia un’app per tenere traccia delle spese, un altro ti racconta come ha risparmiato per la casa. Mescola queste idee, filtrale con il tuo buonsenso, e voilà: hai la tua versione personalizzata della saggezza della folla.
Quando la Folla Ti Porta Fuori Strada
Ok, finora sembra tutto rose e fiori, ma non abbassare la guardia. La folla può essere un’amica fidata, ma anche una sirena che ti attira sugli scogli. Ecco i momenti in cui è meglio tapparsi le orecchie e pensare con la tua testa.
Le Mode Finanziarie Ti ricordi il boom dei NFT? Quei disegnini digitali venduti a milioni di dollari? La folla ci si è buttata a capofitto, convinta che fosse la nuova gallina dalle uova d’oro. Peccato che poi il mercato sia crollato, lasciando un sacco di gente con immagini di scimmie pixelate e il conto in rosso. Quando tutti parlano di un investimento “imperdibile”, fai un passo indietro e chiediti: “Ma questa cosa ha senso, o sto solo seguendo il carrozzone?”
Il Panico Collettivo Al contrario, quando i mercati crollano e la folla vende tutto in preda al terrore, non è detto che sia la mossa giusta. Pensa al 2008: chi ha venduto durante la crisi ha perso un sacco, mentre chi ha tenuto duro ha visto i suoi investimenti riprendersi. La saggezza della folla funziona solo se c’è razionalità, non se è dominata dalle emozioni.
Troppa Uniformità Se tutti nella folla leggono le stesse notizie, seguono gli stessi influencer o usano gli stessi dati, la diversità sparisce e con lei la saggezza. È come chiedere a 100 cloni di indovinare le caramelle nel barattolo: non funzionerà.
La Tua Saggezza Conta Ancora
Ecco il colpo di scena: per quanto la folla possa essere utile, alla fine i tuoi soldi sono, beh, tuoi. La wisdom of the crowd è uno strumento, non un oracolo. Usala per informarti, per avere una base solida, ma poi aggiungi il tuo tocco personale. Conosci i tuoi obiettivi? Vuoi risparmiare per una vacanza o per la pensione? Hai paura di rischiare o sei uno che ama l’adrenalina degli investimenti? La folla non sa queste cose, tu sì.
Pensa a te stesso come al regista di un film: la folla è la tua troupe, ti dà idee, suggerimenti, dati. Ma la sceneggiatura finale la scrivi tu. Magari decidi di investire in quel fondo indicizzato perché la media della folla dice che è una buona idea, ma lo fai solo dopo aver controllato che si adatti al tuo budget. O magari ascolti le recensioni su quell’app di risparmio, ma poi la provi tu stesso per vedere se ti piace davvero.
Conclusione: La Folla è un Amico, Non un Padrone
Torniamo al barattolo di caramelle. Se fossi stato da solo a indovinare, probabilmente avresti sbagliato. Ma con l’aiuto della folla, avresti avuto una chance di azzeccarci. La finanza personale funziona allo stesso modo: da solo puoi fare buoni colpi, ma ascoltare il brusio collettivo ti dà un vantaggio in più. Basta non dimenticare che la folla non è infallibile – a volte è geniale, a volte è solo un gruppo di persone che corrono in cerchio urlando.
Quindi, la prossima volta che devi prendere una decisione sui tuoi soldi, fai un respiro profondo, guarda cosa dice la folla, e poi aggiungi un pizzico della tua saggezza. Perché, in fondo, il mix tra la wisdom of the crowd e la wisdom of te stesso è la ricetta perfetta per non finire al verde. E magari, chissà, per comprarti quel barattolo di caramelle tutto per te.
Perché i Fondi Indicizzati Sono i Supereroi del Tuo Portafoglio: Una Guida Divertente e Convincente
Immagina di essere in un film di supereroi. Da una parte, ci sono i gestori di fondi attivi, con mantelli sgargianti, promesse di rendimenti stellari e commissioni che farebbero impallidire anche Tony Stark. Dall’altra, i fondi indicizzati, un po’ come Clark Kent: tranquilli, senza fronzoli, ma con un superpotere segreto – quello di battere la maggior parte dei loro rivali senza nemmeno sudare. Nel nostro ultimo episodio del Rational Reminder Podcast, abbiamo sviscerato il caso per i fondi indicizzati, e ora voglio portarti in un viaggio epico per capire perché questi strumenti sono il miglior amico del tuo portafoglio. Preparati, perché sarà un’avventura lunga, ma ti prometto che sarà anche divertente e illuminante!
Un Podcast, Tre Canadesi, Una Missione
Nel nostro episodio 347, io (Benjamin Felix), Dan Bortolotti e Mark McGrath – tre canadesi con una passione per la finanza sensata – abbiamo deciso di fare il punto su un argomento che ci sta a cuore: i fondi indicizzati. Non è la prima volta che ne parliamo, ma questa volta abbiamo voluto creare una guida definitiva, un po’ come il Sacro Graal degli investimenti, da condividere con chi ancora si avventura nel selvaggio west dei fondi attivi o della selezione di singole azioni. Spoiler: i fondi indicizzati vincono, e non è nemmeno una gara equilibrata.
Perché dedicare un intero episodio a qualcosa che sembra ovvio per molti investitori esperti? Beh, perché i dati ci dicono che la maggior parte delle persone, soprattutto in Canada, ancora non ha abbracciato il lato chiaro della forza. Circa l’80% degli asset in fondi comuni ed ETF canadesi è ancora investito in fondi gestiti attivamente. È come se la gente preferisse guidare una carrozza a cavalli invece di una Tesla (senza offesa per i cavalli). E poi, il mio recente video YouTube sui fondi indicizzati ha fatto il botto nei primi tre giorni, segno che c’è ancora tanta curiosità là fuori. Quindi, allacciati le cinture: ecco i sei motivi per cui i fondi indicizzati sono il tuo biglietto per la libertà finanziaria.
1. Costi Bassi: Più Soldi in Tasca, Meno al Gestore
Partiamo dal motivo più ovvio, ma anche il più potente: i fondi indicizzati costano poco. In Canada, la commissione media ponderata per un fondo indicizzato è dello 0,19%. I fondi attivi? Intorno allo 0,85% per quelli senza costi di consulenza inclusi, e fino al 2% per quelli con commissioni di distribuzione (le famose “trailing commissions” pagate ai consulenti). Tradotto: con un fondo attivo, stai pagando una cena stellata, ma ti arriva un panino al fast food.
John Bogle, il leggendario fondatore di Vanguard, lo diceva chiaro: “Negli investimenti, ottieni ciò per cui non paghi”. E Morningstar conferma: le commissioni sono uno dei migliori predittori della performance futura di un fondo. Più paghi, peggio performi. È come se il tuo gestore di fondi attivo ti dicesse: “Fidati, questo yacht lo pago io… con i tuoi soldi”.
Ma non sono solo le commissioni di gestione (MER). I fondi attivi fanno più trading, il che significa costi di transazione più alti, riportati nel Trading Expense Ratio (TER). Nei fondi indicizzati, il TER è spesso vicino allo 0%. Nei fondi attivi? Non è raro che superi le commissioni totali di un fondo indicizzato. Ho controllato diversi fondi attivi per il nostro episodio, e alcuni, specialmente quelli di nicchia con strategie esotiche come opzioni, arrivano a TER del 2-3%. Insomma, è come pagare un biglietto in prima classe per un volo che ti lascia a terra.
Un sondaggio OSC del 2022 ha rivelato che solo il 31% dei canadesi sa che i fondi indicizzati hanno costi più bassi. È un miglioramento rispetto a 10 anni fa, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. E tu, lo sapevi?
2. Diversificazione: Non Mettere Tutte le Uova nello Stesso Paniere
Passiamo al secondo superpotere: la diversificazione. I fondi indicizzati total market possiedono migliaia di azioni, replicando un intero mercato o segmento di mercato. È come avere un buffet con ogni piatto immaginabile, invece di puntare tutto su un’unica portata (che potrebbe essere avariata). I fondi attivi, invece, per cercare di battere il mercato, tendono a concentrarsi su meno titoli – a volte molto meno.
Qui entra in gioco Hendrik Bessembinder, un professore che ha fatto tremare il mondo della finanza con i suoi studi. Dal 1926 al 2016, solo il 42,6% delle azioni USA ha avuto rendimenti superiori ai Treasury a un mese. Più del 50% ha avuto rendimenti negativi, e il 12% ha perso tutto il valore. Solo il 30,8% ha battuto il mercato. Fermati un attimo: meno della metà delle azioni ha avuto rendimenti positivi, e solo una su tre ha fatto meglio del mercato. Scegliere singole azioni o fondi attivi concentrati è come giocare alla roulette russa con il tuo portafoglio.
Con un fondo indicizzato, possiedi tutto il mercato, inclusi i pochi titoli che generano rendimenti eccezionali. Questi “unicorni” compensano le perdite degli altri, assicurandoti i rendimenti di mercato. È come se, invece di cercare l’ago nel pagliaio, comprassi tutto il pagliaio. Più semplice, no?
3. Rendimenti: Battere il Mercato? Buona Fortuna!
Il terzo punto è il colpo di grazia: i fondi indicizzati battono la stragrande maggioranza dei fondi attivi, soprattutto nel lungo periodo. Uno studio di Bessembinder (1991-2020) ha mostrato che il 54,8% dei fondi azionari USA sottoperforma l’indice S&P 500 anche prima delle commissioni. Dopo le commissioni, solo il 30,3% batte l’indice. E i dati SPIVA sono ancora più brutali: nei 20 anni fino a giugno 2024, meno del 6% dei fondi azionari USA ha superato l’S&P Composite 1500.
Perché succede? Torna l’asimmetria dei rendimenti. I fondi attivi, essendo meno diversificati, hanno più probabilità di scegliere titoli perdenti che vincenti. E poi ci sono le commissioni, che mangiano i rendimenti come un gatto con un piatto di tonno. Bill Sharpe, nel suo celebre articolo del 1991 sull’“aritmetica della gestione attiva”, lo spiega con una logica inoppugnabile: in aggregato, i fondi attivi devono sottoperformare i fondi passivi dopo i costi, perché investono nello stesso mercato, ma con spese più alte.
E non pensare che sia una novità. Già nel 1968, Michael Jensen trovò che i gestori di fondi non riuscivano a battere il mercato in media. Fama e French, in un paper molto citato, hanno confermato che, al netto delle commissioni, i fondi attivi sono un gioco a somma negativa. C’è una piccola possibilità di scegliere un fondo vincente, ma è come trovare il biglietto d’oro di Willy Wonka. Buona fortuna!
4. Efficienza Fiscale: Tieni Più Soldi, Paga Meno Tasse
Quarto superpotere: i fondi indicizzati sono campioni di efficienza fiscale. I fondi attivi, con tutto il loro trading frenetico, generano distribuzioni tassabili che riducono i tuoi rendimenti netti. In Canada, questo è un problema sia per i fondi comuni che per gli ETF, perché non abbiamo i meccanismi fiscali degli ETF americani. Uno studio ha confrontato i rendimenti prima e dopo le tasse: i fondi attivi, già penalizzati prima delle tasse, diventano un disastro relativo dopo le tasse.
Con i fondi indicizzati, il turnover è minimo, il che significa meno eventi tassabili. È come guidare una macchina ibrida invece di un SUV che beve benzina: arrivi comunque a destinazione, ma spendi meno lungo il cammino.
5. Semplicità: Investire Senza Mal di Testa
Quinto punto, spesso sottovalutato: i fondi indicizzati sono semplici. Investire in fondi attivi (o anche in fondi fattoriali) è come cercare di risolvere un cubo di Rubik mentre sei su un ottovolante. Il gestore sta facendo quello che dovrebbe? Ha perso il suo tocco magico? Il fondo è diventato troppo grande? Con i fondi fattoriali, devi preoccuparti se i fattori sono ancora rilevanti o se l’ultima ricerca di Andrew Chen ha smontato tutto.
Con i fondi indicizzati, sai esattamente cosa ottieni: il rendimento del mercato, meno commissioni prevedibilmente basse. È come ordinare una pizza margherita: niente sorprese, solo bontà garantita. Questa semplicità ti aiuta a restare disciplinato, anche quando il mercato fa i capricci. Pensa agli investitori che scelgono un fondo target date, contribuiscono regolarmente e si dimenticano di tutto: dopo 15 anni, si ritrovano ricchi, non perché sono geni, ma perché non hanno fatto pasticci.
Charlie Ellis, nel suo paper del 1975, paragona gli investimenti a un “gioco dei perdenti”. Nel tennis amatoriale, vinci facendo meno errori, non colpendo più forte. Negli investimenti, vinci semplificando e minimizzando gli sbagli. I fondi indicizzati sono il tuo allenatore personale per vincere questo gioco.
6. Teoria Finanziaria: La Scienza Sta Dalla Nostra Parte
Infine, il mio punto preferito (ok, forse non quello di Dan e Mark): i fondi indicizzati sono supportati dalla teoria finanziaria. È come avere Einstein che ti dice: “Fidati, questa roba funziona”. Harry Markowitz, con la sua teoria del portafoglio moderno negli anni ’50, ha dimostrato matematicamente perché la diversificazione è cruciale. Bill Sharpe, con il CAPM nel 1964, ha collegato rischio e rendimento atteso, mostrando che in un mercato efficiente, il portafoglio total market ponderato per capitalizzazione è quello ottimale.
Eugene Fama, con il suo lavoro sull’efficienza dei mercati, ha suggerito che i mercati sono abbastanza efficienti da comportarsi come se lo fossero. Non perfetti, ma abbastanza da rendere inutile cercare di batterli per la maggior parte degli investitori. Tutti e tre – Markowitz, Sharpe, Fama – hanno vinto il Nobel, e le loro teorie convergono su un punto: investi nel mercato tramite fondi indicizzati a basso costo, e lascia perdere le commissioni alte per cercare di fare il furbo.
Attenzione ai Falsi Amici
Prima di concludere, un avvertimento: non tutti i fondi indicizzati sono creati uguale. Oggi ci sono più indici che azioni, e molti fondi che li seguono sembrano più fondi attivi: concentrati, con alto turnover, commissioni elevate e inefficienza fiscale. Adriana Robertson, in un paper del 2019, li chiama “passivi solo di nome”. I gestori creano indici su misura per sembrare attivi, ma li vendono come indicizzati.
I fondi tematici sono i peggiori. Pensa ai fondi su cripto, AI, veicoli elettrici o – ricordi il boom della cannabis? Ho confessato nel podcast di aver messo 2000 dollari in un ETF sulla cannabis (HMMJ) nel 2017. Risultato? Un bel -30% in un anno. Dal 2017, quel fondo ha perso il 14,64% annualizzato. È un fondo indicizzato, ma non ha nulla dei superpoteri che abbiamo descritto.
Anche i fondi settoriali o l’S&P 500 da solo possono essere rischiosi. L’S&P 500 va alla grande, ma non è l’unico indice in cui investire. Per i canadesi, aggiungere esposizione internazionale e canadese è una mossa intelligente. Fortunatamente, in Canada abbiamo ETF che offrono portafogli globali diversificati a basso costo, facili da gestire.
Una Storia Che Scalda il Cuore
Per concludere, voglio condividere una storia che ci ha mandato Patricia, una nostra ascoltatrice. Qualche anno fa, suo cognato le consigliò di controllare come il marito gestiva i loro investimenti, perché prendeva rischi eccessivi. Anche il loro pianificatore li avvertì di diversificare. Patricia, che si occupava del bilancio familiare mentre il marito gestiva gli investimenti, decise di informarsi. Il pianificatore le raccomandò il nostro podcast, e dopo un paio d’anni di ascolto, trovò il coraggio di convincere il marito a cambiare strategia.
Scoprì che l’80% del loro portafoglio era in Tesla, con il resto in titoli tech. Un disastro in attesa di accadere. Grazie al podcast, passarono a fondi indicizzati diversificati, e ora sono tranquilli di non esaurire i risparmi. La storia prende una piega ancora più drammatica: a gennaio, al marito di Patricia è stata diagnosticata una forma rara di demenza, che in retrospettiva influenzava le sue decisioni da anni. Senza i cambiamenti fatti in tempo, la loro situazione finanziaria poteva essere catastrofica.
Questa storia ci ricorda perché facciamo quello che facciamo. Non si tratta solo di migliorare i rendimenti di qualche punto base; si tratta di cambiare vite. E ci mette anche una bella pressione: le persone ascoltano davvero quello che diciamo, e dobbiamo essere sicuri di dare consigli solidi.
Il Verdetto Finale
I fondi indicizzati non sono solo un’opzione intelligente; sono una rivoluzione. Costi bassi, diversificazione, rendimenti solidi, efficienza fiscale, semplicità e una base teorica inattaccabile: hanno tutto quello che serve per essere i protagonisti del tuo portafoglio. In Canada (e anche in Italia ) , siamo un po’ indietro rispetto agli americani nell’adottarli, ma spero che questo articolo (e il nostro episodio) ti abbia convinto a fare il salto.
Non cadere nella trappola di pensare che “medi” significhi “noioso”. Come dice Dan, se investi in indici con disciplina, supererai l’80-90% degli altri investitori. Non è essere medi; è essere un supereroe finanziario. E se qualcuno ti propone un fondo attivo con commissioni alte o un ETF tematico alla moda, sorridi, ringrazia e corri verso il tuo fondo indicizzato total market. Il tuo futuro te ne sarà grato.
Ciao ragazzi! immaginate di indossare un abito scintillante o un completo a doppio petto, un bicchiere di champagne in mano, mentre il sax di Louis Armstrong risuona in sottofondo. Benvenuti negli Anni Venti Ruggenti, un’epoca di eccessi, innovazione e… speculazione finanziaria. Se pensate che Bitcoin, NFT e Gamestop siano invenzioni moderne, preparatevi a ridimensionare il vostro timeline storico. Perché già un secolo fa, la gente comune scommetteva sui cavalli (o meglio, sulle azioni) con la stessa frenesia di un trader Reddit nel 2021.
Oggi facciamo un salto nel passato e torniamo ai mitici Ruggenti Anni ‘20, un’epoca di euforia economica, jazz scatenato e speculazioni finanziarie folli. Ma cosa possiamo imparare da quel decennio dorato (e poi disastroso) per gestire meglio i nostri soldi oggi?
Boom Economico e Follia Finanziaria
Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’America esplode di energia: l’industria gira a mille, la gente ha più soldi in tasca e nuove invenzioni – come l’elettricità, l’automobile e la radio – cambiano la vita quotidiana.
🎙 La radio fa il botto → È il social media dell’epoca, e tutti vogliono una. 🚗 L’auto di Ford diventa mainstream → Adesso anche la classe media può permettersene una. 🛒 Il credito si sdogana → Per la prima volta, puoi comprare a rate. Dal frigorifero al phon, tutto è acquistabile a pagamento dilazionato.
E poi c’è la Borsa. Wall Street diventa una sorta di Las Vegas finanziaria: tutti comprano azioni sperando di fare il colpaccio. I prezzi salgono, la gente investe a debito, e sembra che il mercato non possa mai fermarsi. Spoiler: si fermerà eccome.
La Storia di Charlie Dawson: Quando il Sogno Diventa Incubo
New York, 1925. Charlie Dawson è un impiegato di banca di 32 anni con il pallino della finanza. Vive nel suo appartamento di Manhattan, guida una Ford fiammante e la sera porta la fidanzata a cena nei ristoranti più chic.
Tutti parlano di azioni. I suoi colleghi si arricchiscono, e lui non vuole restare indietro. Decide di investire tutto quello che ha (e anche quello che non ha, grazie a un prestito a margine) in azioni della Radio Corporation of America (RCA). La radio è il futuro, e il titolo continua a salire.
Ogni settimana il suo capitale raddoppia. “Sono un genio!” pensa. In pochi mesi ha fatto più soldi con la Borsa che in anni di stipendio. Spende senza pensieri: nuovo completo, cene di lusso, una radio nel salotto per stupire gli amici.
Ma nel 1929 inizia il panico. Le azioni ballano il tango del crollo, e quando il mercato implode, Charlie è nei guai. Il suo broker lo chiama: deve ripagare il debito. Ma ormai i suoi investimenti valgono meno di un biglietto del tram.
In poche settimane, perde tutto. La Ford? Ripresa dalla concessionaria. L’appartamento? Troppo caro, è costretto a trasferirsi. Le cene al Waldorf-Astoria? Solo un ricordo. Charlie ha imparato la lezione, ma a carissimo prezzo.
Lezioni di Finanza dai Ruggenti Anni ’20
La storia di Charlie è un classico. Ecco tre lezioni che possiamo portarci a casa da quell’epoca folle:
✅ Diversifica, sempre → Se punti tutto su un solo investimento, rischi di farti molto male quando le cose girano male. Non mettere tutte le uova nello stesso paniere! ✅ Occhio al debito → Comprare azioni a credito nel ‘29 è stato come giocare d’azzardo col mutuo della casa. Oggi vale lo stesso per le carte di credito o i prestiti facili. ✅ Studia prima di investire → Molti, come Charlie, non sapevano nemmeno come funzionasse la Borsa. Se vuoi giocare in finanza, devi conoscere le regole.
Dal Boom al Crack: Quando la Musica si Ferma
Nel 1929 il castello di carte crolla: il mercato va a picco, le banche falliscono, e la Grande Depressione manda in rovina milioni di persone. Morale della favola? Nessuna crescita è infinita, e bisogna sempre prepararsi per i periodi difficili.
Conclusione: Il Futuro Sarà di Nuovo “Ruggente”?
Gli anni ‘20 ci insegnano che l’entusiasmo finanziario può essere una lama a doppio taglio. È bello cavalcare l’onda, ma senza esagerare. Il segreto? Mente lucida, diversificazione e occhio al rischio.
E chissà, magari anche questo decennio diventerà un nuovo “Ruggente”. Speriamo solo senza un altro ‘29. 😅
Vi è piaciuto il viaggio nel passato? Avete esperienze di investimenti azzardati o lezioni finanziarie imparate sulla vostra pelle? E come diceva Louis Armstrong: “What a wonderful world”, sì… ma sempre con un occhio al portafoglio.
Se c’è una cosa che ho imparato nella vita, è che i soldi non crescono sugli alberi – e se lo facessero, probabilmente ci sarebbe un rischio nascosto tipo “attenti alle api”. Ecco perché oggi voglio parlarti dell’Equity Risk Premium (ERP), quel concetto finanziario che sembra uscito da un film di fantascienza ma che, in realtà, è il cuore pulsante di ogni decisione di investimento. In parole povere, l’ERP è il “bonus” che ti aspetti di guadagnare investendo in azioni invece di parcheggiare i tuoi soldi in qualcosa di noioso e sicuro come i titoli di Stato. È il premio per aver avuto il coraggio di salire sulle montagne russe del mercato azionario invece di restare seduto sulla panchina dei Bot.
Ma attenzione: intorno a questo concetto girano un sacco di miti, leggende metropolitane che farebbero impallidire persino il mostro di Loch Ness. Oggi ne sfateremo 9, uno per uno, con un tono leggero ma senza perdere di vista i fatti. Preparati a ridere, riflettere e magari prendere appunti per il tuo prossimo aperitivo con gli amici appassionati di finanza. Pronti? Via!
Mito 1: L’ERP è costante nel tempo – “Tanto è sempre uguale, no?”
Immagina l’ERP come il meteo: un giorno c’è il sole, il giorno dopo ti arriva un temporale in faccia. Pensare che sia costante è come credere che il tuo umore sia sempre lo stesso (spoiler: non lo è, soprattutto il lunedì mattina). La verità è che l’ERP cambia in base a un sacco di cose: quanto gli investitori hanno paura di perdere tutto, i tassi di interesse che ballano su e giù, e le condizioni economiche generali che sembrano un tango imprevedibile. Se nel 2008, durante la crisi finanziaria, l’ERP fosse stato uguale a quello di un tranquillo 2015, beh, avremmo tutti investito in Lehman Brothers cantando “Hakuna Matata”. Non funziona così: è un animale selvatico, non un gatto domestico.
Mito 2: “Guardo i rendimenti passati e prevedo l’ERP futuro” – La sfera di cristallo dei poveri
Se c’è una frase che dovrebbe essere incisa su ogni manuale di finanza, è questa: “I rendimenti passati non garantiscono risultati futuri”. Eppure, c’è chi pensa che basti guardare lo specchietto retrovisore per capire dove andrà l’ERP. È un po’ come dire: “Ho mangiato pizza ieri e mi è piaciuta, quindi domani vincerò alla lotteria”. I mercati cambiano, le crisi arrivano a sorpresa (ciao, Covid!), e quello che è successo negli ultimi 10 anni potrebbe non avere nulla a che fare con i prossimi 10. Prevedere l’ERP basandosi solo sulla storia è come cercare di indovinare il finale di un film dopo aver visto solo i trailer: magari ci prendi, ma probabilmente no.
Mito 3: “ERP alto = guadagni futuri assicurati” – Non proprio, caro mio
Ecco un altro mito che sembra logico ma non lo è. Un ERP alto significa che gli investitori si aspettano un bel gruzzolo in più rispetto ai titoli sicuri, giusto? Certo, ma non è una promessa di guadagni futuri. Spesso, un ERP elevato è solo il mercato che urla: “Attenzione, qui c’è rischio a palate!”. È come quando vai al ristorante e il cameriere ti avverte che il piatto è piccante: non è una garanzia che sarà delizioso, ma solo che potresti sudare parecchio. Un ERP alto può riflettere paura, incertezza o semplicemente un momento in cui tutti preferiscono tenere i soldi sotto il materasso. Non è un biglietto vincente per il jackpot.
Mito 4: “L’ERP è uguale ovunque” – Il mondo non è una grande Milano
Se pensi che l’ERP sia lo stesso a New York, Tokyo o in un paesino sperduto dell’Europa dell’Est, ho una brutta notizia per te: il mondo non è piatto, e nemmeno l’ERP lo è. Ogni mercato ha le sue regole, i suoi rischi e i suoi drammi. In un Paese stabile con un’economia solida, l’ERP potrebbe essere più basso perché gli investitori si sentono tranquilli. In un posto dove la politica cambia più spesso delle stagioni di Netflix, invece, il premio richiesto sarà più alto. È come il prezzo della pizza: a Napoli costa meno che a Zurigo, e c’è un motivo.
Mito 5: “Misurare l’ERP? Facile come bere un bicchier d’acqua” – Spoiler: non proprio
Se c’è una cosa che fa impazzire gli analisti finanziari, è cercare di misurare l’ERP. È come provare a catturare un’anguilla con le mani: scivoloso, complicato e spesso ti lascia con più domande che risposte. Ci sono mille modi per calcolarlo – modelli teorici, dati storici, sondaggi tra investitori – e ognuno ti dà un numero diverso. Aggiungici che dipende da assunzioni tipo “i tassi resteranno così” o “il mercato non impazzirà”, e capisci perché anche i guru della finanza a volte alzano le spalle e dicono: “Boh, più o meno sarà questo”. Facile? Macché.
Mito 6: “L’ERP è solo rischio di mercato” – Non proprio una foto completa
Ok, l’ERP è il premio per il rischio, ma non è solo una questione di “il mercato va su o giù”. Dentro quel numeretto ci sono un sacco di altri ingredienti: il rischio che non riesci a vendere le tue azioni quando vuoi (liquidità), il rischio che l’azienda in cui hai investito faccia un flop clamoroso (rischio specifico), e magari anche un pizzico di “oddio, e se scoppia una guerra?”. Pensare che l’ERP sia solo una misura del rischio di mercato è come dire che una torta è fatta solo di farina: dimentichi zucchero, uova e quel tocco di magia che la rende speciale.
Mito 7: “L’ERP non serve a chi investe sul lungo termine” – Errore da principianti
“Ma io investo per 20 anni, che me ne importa dell’ERP?” Sbagliato, amico mio. Anche se hai la pazienza di un monaco tibetano e il tuo orizzonte è più lungo di una maratona, l’ERP ti riguarda eccome. È lui che ti dice se il gioco vale la candela, se il rischio di buttarti sulle azioni ti ripagherà rispetto a un tranquillo titolo di Stato. Senza capire l’ERP, è come navigare senza bussola: magari arrivi da qualche parte, ma non sai se è dove volevi andare. Lungo termine o no, ignorarlo è un autogol.
Mito 8: “L’ERP non c’entra con l’economia” – Ma per favore!
C’è chi pensa che l’ERP viva in una bolla, scollegato dal mondo reale. Niente di più falso. Le aspettative sull’economia – crescita, inflazione, disoccupazione – sono come il vento che spinge la barca dell’ERP. Se tutti pensano che domani sarà un boom economico, l’ERP potrebbe scendere perché il rischio percepito è più basso. Se invece si prevede una tempesta (ciao, recessione!), gli investitori chiederanno un premio più alto per salire a bordo. È un termometro del sentiment economico, non un numero buttato lì a caso.
Mito 9: “L’ERP è oggettivo, no?” – Più soggettivo di un giudizio su Sanremo
Infine, il mito dei miti: l’ERP sarebbe una misura scientifica, precisa, scolpita nella pietra. E invece no, è più un’opinione collettiva che un fatto assoluto. Dipende da come gli investitori vedono il mondo, da quanto sono ottimisti o pessimisti, da cosa si aspettano dal futuro. È un po’ come chiedere a 100 persone se il caffè è meglio amaro o zuccherato: avrai 100 risposte diverse, e tutte avranno un fondo di verità. L’ERP è il risultato di percezioni, paure e speranze, non di una formula magica.
Conclusione: L’ERP è un Mistero, ma Non Devi Temerlo
Eccoci qua, abbiamo smontato 9 miti sull’Equity Risk Premium con un po’ di ironia e qualche metafora culinaria (perché, ammettiamolo, tutto è più chiaro con la pizza). La verità è che l’ERP è un concetto complesso, sfuggente, ma fondamentale per chiunque voglia investire con un minimo di consapevolezza. Non è una scienza esatta, non è prevedibile al 100%, e di sicuro non è uguale per tutti. Ma proprio per questo è affascinante: ti costringe a pensare, a dubitare, a informarti.
Quindi, la prossima volta che qualcuno ti dirà “Investi in azioni, tanto l’ERP è sempre lo stesso”, sorridi, offrigli un caffè e spiegagli che il mondo della finanza è un po’ più complicato – e molto più divertente – di così. E se non ti crede, beh, lascialo con i suoi titoli di Stato: tu hai le montagne russe, e il panorama da lassù è tutta un’altra storia.