Inflazione, Panda e Caffè: diario di un italiano con la Lira !!

Sveglia alle 7:00, il gallo canta ancora nel cortile della casa di campagna dove vivo, perché sì, nel 2025 con la lira non mi sono potuto permettere un monolocale a Roma. Mi alzo, infilo le pantofole e accendo la macchinetta del caffè. Sul tavolo c’è un mazzetto di banconote sgualcite: 10.000 lire, 5.000 lire, qualche mille lire con l’effigie di Montessori che mi guarda come a dire “Spendimi con saggezza”. Il caffè costa 2.000 lire al bar sotto casa, ma lo preparo io: con l’inflazione che galoppa al 6% annuo, ogni lira conta.

Esco per andare al lavoro, un impiego da impiegato statale che mi frutta 6 milioni di lire al mese. Non male, diresti, ma poi ti ricordi che una pagnotta ne costa 5.000 e un litro di benzina 4.000. La mia vecchia Fiat Panda del ‘98 è ancora viva, un miracolo di ingegneria e preghiere, perché comprarmene una nuova con questi tassi d’interesse sarebbe fantascienza. I mutui? Roba da matti: il mio collega Marco ha firmato per una casa a 200 milioni di lire, e ora paga una rata da 2 milioni al mese con un tasso del 12%. “Tanto ho il posto fisso,” dice lui, ma ha lo sguardo di chi ha visto un fantasma.

Cammino verso l’ufficio e passo davanti a una boutique di moda. Il cartello dice “Made in Italy – 100% esportabile!”. È vero, la lira svalutata fa felici gli stranieri: un turista americano entra e con 100 dollari si porta via una borsa di pelle che a me costerebbe mezzo stipendio. Io, al massimo, mi compro una cintura tarocca al mercato per 20.000 lire. Il “Made in Italy” è un sogno per gli altri, mentre noi qui lottiamo con il costo del grano importato: una pizza margherita al ristorante? 30.000 lire, e ringrazia che il pomodoro è nostrano.

A pranzo, apro il portafoglio e conto: 50.000 lire per una settimana di spesa. Mi arrangio con pasta, uova delle galline della zia e un po’ di verdura dell’orto. I risparmi? Li tengo in BOT a 6 mesi, perché il conto corrente dà un interesse ridicolo e l’inflazione mi mangia tutto. Mio nonno mi ha lasciato un lingottino d’oro, lo conservo in cantina insieme a una scatola di vecchie 500 lire d’argento: “Valgono più di quello che pensi,” mi ripeteva sempre.

Nel pomeriggio, in ufficio, si parla del debito pubblico. I giornali titolano “Nuovo record: 5.000 trilioni di lire!”. I BTP rendono il 9%, ma nessuno si fida più di tanto. Le tasse sono una stangata, perché lo Stato deve pagare gli interessi ai creditori stranieri che ci guardano con sospetto. La sanità zoppica: per una visita specialistica ho aspettato sei mesi, ma almeno il medico di base è gratis, anche se ha la fila come al mercato il sabato.

Torno a casa e accendo la TV. Pubblicità di viaggi: “Venezia, la meta più economica d’Europa!”. Gli stranieri ci invadono, e con ragione: con 1 dollaro si prendono 2.000 lire, e un piatto di spaghetti a Trastevere gli costa meno di un hot dog a New York. Io, invece, sogno Parigi, ma con il cambio a 2.000 lire per 1 euro, mi sa che mi fermo a Ostia. “Tanto c’è il mare,” mi dico, consolandomi con un gelato da 3.000 lire.

La sera, mi siedo sul divano con un bicchiere di vino da 10.000 lire la bottiglia (un lusso, lo so). Rifletto: vivere con la lira è un caos affascinante. Siamo orgogliosi, indipendenti, ma sempre con il fiato corto. La radio passa “Volare” di Modugno, e per un attimo mi sento ricco, anche se il portafoglio dice altro. Domani è un altro giorno, e con un po’ di astuzia e un pizzico di fortuna, magari metto da parte abbastanza lire per un weekend in montagna. O almeno per un altro caffè.