
Gli ETF sintetici sono molto migliori rispetto alla loro reputazione. Tuttavia, possono comportare alcuni rischi reputazionali “nascosti” che potrebbero renderli difficili da allocare.
Gli ETF sintetici erano una scelta popolare per i fornitori di prodotti prima della Crisi Finanziaria Globale (GFC), poiché il rischio controparte incorporato veniva considerato puramente teorico.
I vantaggi in termini di prezzo, derivanti da un trattamento fiscale più favorevole per le partecipazioni statunitensi, erano un fattore troppo interessante per essere ignorato. Ai sensi della sezione 871(m) del HIRE Act, gli indici sintetici con mercati di futures liquidi sono esplicitamente esclusi dall’obbligo di pagare le tasse sulle ritenute sui dividendi.
Nel frattempo, gli ETF fisici domiciliati in Irlanda sono soggetti a una ritenuta del 15% sui dividendi statunitensi, mentre altre giurisdizioni, come il Lussemburgo, pagano il 30%.
Quando il rischio controparte legato ai derivati è diventato centrale durante la crisi finanziaria, quei vantaggi hanno perso appeal per gli investitori. Gli avvertimenti del Fondo Monetario Internazionale, che discreditavano gli ETF sintetici come potenziale fonte di instabilità durante le turbolenze di mercato, hanno avuto un impatto duraturo. Di conseguenza, la quota di mercato degli ETF sintetici è scesa dal 40% circa pre-2008 a meno del 15% oggi.
Scommettendo su investitori disposti a ricalibrare il loro processo di selezione, abbiamo assistito recentemente al lancio di nuovi ETF sintetici da parte di giganti come BlackRock. Ora, i contratti swap incorporati sono spesso suddivisi tra diverse controparti, bilanciando meglio i rischi rispetto al passato.
Un effetto collaterale positivo: gli swap vengono oggi scambiati solo dopo una competizione tra le banche per il miglior prezzo. Pertanto, anche i termini economici di questi swap sono migliorati.
Un vantaggio fiscale strutturale, un rischio controparte più bilanciato e prezzi migliorati dovrebbero essere una combinazione irresistibile, almeno in teoria.
Tuttavia, ciò che viene spesso trascurato è il rischio reputazionale nascosto, derivante dalla natura degli swap utilizzati all’interno degli ETF. Questo rischio potrebbe superare qualsiasi altro vantaggio e rappresentare il principale ostacolo al ritorno degli ETF sintetici al loro antico splendore.
Di solito, gli ETF sintetici scambiano swap in cui la controparte dello swap paga all’ETF il rendimento dell’indice, inclusi tutti i dividendi. In cambio, la controparte dello swap riceve una commissione e il rendimento di un portafoglio di garanzie.
Pertanto, i fondi di un ETF sintetico non sono investiti direttamente nell’indice replicato, ma in un paniere di titoli che funge da garanzia per la controparte dello swap. Questo portafoglio di garanzie raramente coincide con l’indice replicato: ad esempio, un ETF sintetico su azioni europee potrebbe contenere azioni giapponesi nel portafoglio di garanzie.
La composizione del paniere di garanzie dipende solitamente dalle esigenze di finanziamento della controparte dello swap, e qui può sorgere un problema. Sebbene esistano criteri di base su che tipo di garanzia sia accettabile, la composizione del paniere di garanzie può cambiare costantemente.
Questo potrebbe portare a situazioni in cui società che non rispettano gli impegni in materia di Principal Adverse Impacts (PAI) definiti dal Regolamento europeo SFDR potrebbero essere incluse nel paniere di garanzie. Gli investimenti legati ai fondi ESG (Articolo 8 e 9 del SFDR) considerano la maggior parte dei 18 PAI esistenti, quindi detenere garanzie non coerenti con questi impegni può rappresentare una minaccia reputazionale.
Sebbene gli esperti tecnici potrebbero minimizzare il problema sostenendo che il portafoglio di garanzie è solo una garanzia e non un investimento attivo, esiste una corrente di pensiero secondo cui l’uso di azioni “non ESG” come garanzia potrebbe comunque contribuire al finanziamento di queste società.
Poiché il rischio di essere associati a pratiche di greenwashing è elevato, i gestori di fondi devono valutare attentamente le loro opzioni per evitare accuse di questo tipo.
Possibili soluzioni
- Non fare nulla e basarsi sull’esposizione economica dell’ETF come parametro principale per valutare il rispetto delle politiche ESG. Tuttavia, i rischi reputazionali restano rilevanti e potrebbe essere difficile difendersi da accuse di greenwashing.
- Implementare controlli continui per monitorare il portafoglio di garanzie. Questo sarebbe relativamente semplice per il fornitore, ma potrebbe risultare difficile e costoso per i distributori, poiché la composizione del portafoglio di garanzie può cambiare costantemente.
- Insistere affinché il fornitore dell’ETF includa filtri adeguati nei contratti di swap per garantire che solo determinati titoli siano accettati come garanzie. Anche in questo caso, i distributori dovrebbero comunque implementare controlli.
- Infine, si potrebbe concludere che, nonostante i benefici prestazionali degli ETF sintetici, il rischio reputazionale e gli sforzi necessari per mitigare tali rischi non valgano la pena.
Articolo orginale di Stephan Kemper and Kolja Wagner : https://www.etfstream.com/articles/the-hidden-risks-of-synthetic-etfs