Autore: admin

Passivo sì, ma con stile: la strategia che ti fa guadagnare (senza finire sul divano di tuo cugino)

Passive Strategy vs Passive Behavior: Non è la stessa cosa, fidati!

Se ti dico “passivo”, magari ti immagini tuo cugino sul divano con una birra in mano, telecomando nell’altra, e zero voglia di muovere un muscolo. Ma in finanza personale, “passivo” può avere due significati completamente diversi: uno ti può portare a una vita di serenità economica, l’altro ti lascia con le tasche vuote e un’espressione da “ma come è successo?”. Oggi mettiamo a confronto passive strategy e passive behavior: sembrano simili, ma sono come il caffè espresso e l’acqua del rubinetto. Preparati a un viaggio tra ETF, pigrizia finanziaria e qualche esempio pratico per capire quale dei due fa per te (spoiler: uno è molto meglio).

Cos’è una Passive Strategy? Investire senza stress (ma con un po’ di testa)

La passive strategy è un po’ come il tuo robot aspirapolvere: lo accendi, lui fa il lavoro, e tu ti godi i risultati. È un approccio all’investimento che non cerca di battere il mercato o di prevedere se Tesla volerà o crollerà. Invece, punti a replicare un indice di mercato (tipo l’S&P 500 o il FTSE MIB) investendo in fondi indicizzati o ETF (Exchange Traded Funds). Tradotto: niente ore passate a scegliere azioni o a inseguire l’ultima criptovaluta di cui parla tuo zio a cena.

Esempio pratico: investi 5.000 euro in un ETF che segue l’S&P 500, l’indice delle 500 maggiori aziende americane. Non devi fare nulla: il fondo cresce (o scende) con il mercato. Negli ultimi decenni, l’S&P 500 ha reso in media il 7-10% annuo (dopo l’inflazione). Con un po’ di pazienza, quei 5.000 euro potrebbero diventare 13.000 in 20 anni. Non è magia, è il potere del compounding e di un approccio passivo ben pensato.

Ma attenzione: “passivo” non significa “zero cervello”. Per adottare una passive strategy serve un active behavior iniziale. Devi studiare un minimo, capire cosa sono gli ETF, scegliere strumenti affidabili (tipo Vanguard o iShares), e magari scoprire la differenza tra un MSCI World e un FTSE 100. Non è rocket science, ma richiede un po’ di curiosità e impegno all’inizio. È come imparare a usare il forno: una volta capito, cuoci la pizza perfetta senza fatica.

Il vantaggio? Costi bassi e stress minimo. Gli ETF hanno spese di“ gestione irrisorie (spesso sotto lo 0,1% annuo), a differenza dei fondi attivi dove un gestore in giacca e cravatta cerca (e spesso fallisce) di battere il mercato. È come scegliere un self-service invece di un ristorante stellato con conto stellare.

E il Passive Behavior? La pigrizia che ti costa un occhio

Ora passiamo al passive behavior, che è un po’ come lasciare la tua vita finanziaria in modalità “pilota automatico”… ma senza aver impostato la rotta. Qui non c’è strategia, solo inerzia: non pianifichi, non investi, non risparmi, e magari lasci i tuoi soldi a morire su un conto corrente che rende lo 0,01% (quando va bene). È il classico “ci penserò domani” che diventa “ops, sono passati 10 anni e ho ancora 500 euro in banca”.

Esempio pratico: Laura, 30 anni, guadagna 2.000 euro al mese. Non ha un budget, spende tutto in aperitivi e shopping online, e i suoi risparmi sono un sogno lontano. Non investe perché “non capisce la finanza” e “non ha abbastanza soldi”. Risultato? A 50 anni, Laura ha zero risparmi e zero investimenti. Se invece avesse messo 200 euro al mese in un ETF S&P 500 da quando aveva 30 anni, oggi avrebbe circa 100.000 euro (con un rendimento medio del 7%). Ma no, Laura ha scelto il passive behavior, e ora il suo piano pensione è “speriamo nella lotteria”.

Peggio ancora, il passive behavior può trasformarsi in una trappola costosa. Immagina di affidarti all’amico di un amico che lavora in banca: “Tranquillo, ci penso io!”. Lui ti piazza in un portafoglio di fondi attivi con costi di gestione del 2% annuo (o più), che magari rendono meno del mercato. Tu non controlli, non ti documenti, e dopo 20 anni scopri che hai pagato migliaia di euro in commissioni per un risultato mediocre. È come ordinare una pizza e ritrovarti con un cartone vuoto perché il fattorino se l’è mangiata per strada. Colpa tua? Non proprio. Colpa del tuo passive behavior? Assolutamente sì.

Le differenze chiave: strategia vs inerzia totale

Mettiamo i due contendenti sul ring. È un po’ come confrontare un atleta che si allena con metodo e un tizio che dorme tutto il giorno.

  1. Intenzione:
    • Passive Strategy: È una scelta consapevole. Studi un po’, decidi di investire in modo semplice e sistematico, e lasci che il mercato lavori per te.
    • Passive Behavior: Non c’è scelta, solo pigrizia. Non fai nulla o ti affidi a qualcuno senza sapere cosa sta succedendo.
  2. Risultati:
    • Passive Strategy: I tuoi soldi crescono nel tempo, grazie a una decisione iniziale ben ponderata.
    • Passive Behavior: I tuoi soldi stagnano o spariscono, mangiati dall’inflazione o da commissioni assurde.
  3. Sforzo:
    • Passive Strategy: Serve un active behavior iniziale per informarti e scegliere (tipo leggere un articolo come questo!), ma poi è quasi tutto automatico.
    • Passive Behavior: Zero sforzo, zero risultati. Non serve nemmeno aprire Google per cercare “cos’è un ETF”.
  4. Costi:
    • Passive Strategy: Spese bassissime, perché non paghi gestori attivi per fare previsioni spesso sbagliate.
    • Passive Behavior: Costi nascosti ovunque: opportunità perse o commissioni salate se ti affidi al “consulente” sbagliato.

Esempio pratico: Marco e Sara, entrambi 35enni, guadagnano 30.000 euro l’anno. Marco adotta una passive strategy: si documenta, sceglie un ETF MSCI World e investe 300 euro al mese. Sara, regina del passive behavior, si fida dell’amico bancario che le rifila un fondo attivo con costi del 2,5%. Dopo 30 anni, con un rendimento medio del 6%, Marco ha circa 300.000 euro. Sara? Ha 150.000 euro, ma 50.000 se ne sono andati in commissioni. Stesso stipendio, approcci opposti, portafogli diversissimi.

Perché la Passive Strategy vince (se la capisci)

La passive strategy ha un asso nella manica: il tempo. Non devi essere Warren Buffett o passare ore a studiare bilanci. Il mercato cresce nel lungo termine, e tu ci sali sopra. Certo, ci sono crisi (2008, ti dice niente?), ma i mercati si riprendono. È come piantare un albero: all’inizio è solo un rametto, ma dopo anni hai ombra e frutti. Però, per far funzionare questo piano, devi essere attivo all’inizio: informarti, scegliere strumenti solidi, evitare fregature.

Il passive behavior, invece, è un biglietto per il “vorrei ma non posso”. Non sfrutti il tempo, non sfrutti il compounding, e magari finisci pure con un portafoglio pieno di fondi costosi che non capisci. Uno studio di S&P Global dice che l’85% dei fondi attivi ha sottoperformato gli indici di mercato negli ultimi 15 anni. Perché rischiare, quando puoi copiare il mercato a costo quasi zero?

Obiezioni comuni (e come rispondere)

  • “Ma se il mercato crolla?”
    Con la passive strategy, i crolli sono normali. Aspetti e riparti. Con il passive behavior, non hai nemmeno un piano da far ripartire.
  • “Non ho abbastanza soldi.”
    Falso! Oggi puoi iniziare con 50 euro al mese su piattaforme come Trade Republic. Serve solo un po’ di active behavior per scoprirlo.
  • “E se scelgo il fondo sbagliato?”
    Informati un minimo: punta su indici ampi (S&P 500, MSCI World) e marchi noti (Vanguard, iShares). Evita il tizio in banca che ti vende il “fondo speciale”.

Considerazioni finali: Scegli il tuo passivo

La passive strategy è un “passivo” che lavora per te, ma richiede un pizzico di azione iniziale: studiare, scegliere, agire. Il passive behavior è il “passivo” che ti frega: nessuna fatica, nessun guadagno, e magari pure qualche perdita nascosta. Vuoi investire senza stress? Documentati un po’, apri un conto online, scegli un ETF semplice e lascia che il tempo faccia il resto. Vuoi affidarti all’amico dell’amico e sperare per il meglio? Preparati a un portafoglio più leggero e a qualche rimpianto.

Trust, Action and Distraction with Michael Covel on Trend Following Radio

Michael Covel’s Trend Following

Correre nella Savana dell’Informazione: Michael Covel e il Potere del Trend Following nell’Era dell’AI

Immaginate una steakhouse vivace, con il profumo di bistecche sfrigolanti e quattro uomini che chiacchierano animatamente di intelligenza artificiale, mercati, fiducia e distrazioni. Al centro della scena c’è Michael Covel, veterano del trend following e creatore di un podcast che è un faro per chi vuole navigare l’incertezza. È il 2025, e Michael, un Gen X che ha costruito la sua conoscenza in un mondo pre-internet, si confronta con tre millennial e un estone, tutti appassionati di AI e con uno spirito nomade. Questa non è una semplice chiacchierata: è un viaggio tra passato e futuro che ci spinge a chiederci: di chi ci fidiamo? Come decidiamo? E come resistiamo al richiamo delle distrazioni? Pronti? Si parte!

Un’Epoca Analogica: Le Radici del Trend Following

Michael ci riporta agli anni ’90, un’epoca in cui internet era un sogno balbettante e gli smartphone non esistevano nemmeno nei film di fantascienza. Era il 1994, e lui stava scavando nel mondo del trend following, una strategia di trading che si basa sui movimenti dei prezzi, ignorando previsioni e analisi complesse. Ma come si trovava informazione in un mondo senza Google, Wikipedia o ChatGPT?

Si scavava, e non con un clic. Significava sfogliare vecchi articoli di giornale, riviste degli anni ’70 e ’80, libri dimenticati in biblioteche polverose. E, soprattutto, significava incontrare di persona le leggende del settore: trader come Tom Basso, Bill Eckhardt o Bill Dunn. All’epoca, questi nomi non erano star globali. Erano figure di nicchia, quasi segrete, e questo dava un vantaggio: erano accessibili. Michael racconta di cassette audio – sì, cassette! – con discorsi di Eckhardt che spiegava il metodo dei Turtles, o di conversazioni con Dunn che non ha mai reso pubbliche. “Roba inestimabile,” dice, non solo per il contenuto, ma per la fatica e la passione che ci voleva per ottenerla.

Nel 1996, Michael era praticamente l’unico a condividere informazioni sul trend following online. È stato l’inizio del suo marchio, un pioniere in un mondo che ancora non sapeva cosa fosse un blog. Raccogliere informazioni pre-internet era lento e laborioso, ma ti costringeva a essere ossessivo, a inseguire ogni pista come un detective. E, soprattutto, ti dava accesso a persone che, non essendo sotto i riflettori, parlavano liberamente, senza filtri.

L’Esplosione Digitale: Internet, iPhone e il Diluvio di Informazioni

Poi, il mondo è cambiato. Nel 1995, Netscape, il primo browser di Mark Andreessen, diventa pubblico, e internet inizia a prendere piede. Negli anni ’90, i contenuti online crescono, ma non è ancora un diluvio. Michael pubblica il suo primo libro sul trend following nel 2004, seguito da altri nei vent’anni successivi. Con l’arrivo dei podcast, figure come Tom Basso e Jerry Parker diventano più note, e il trend following esce dall’ombra.

Ma il vero game-changer arriva con l’iPhone, tra il 2010 e il 2012. Non importa la tua età: quando l’iPhone entra nella tua vita, cambia tutto. Le informazioni sono a portata di dito, ovunque, in ogni momento. E con i social media, la condivisione diventa virale. Ma più informazioni non significano più chiarezza. Anzi, è qui che iniziano i problemi, e la conversazione nella steakhouse mette a nudo questa tensione.

Una Cena tra Generazioni: Michael e i Millennial

Nella steakhouse, Michael è al tavolo con tre millennial e un estone che parla un inglese perfetto. Sono tutti avventurieri, uniti da uno spirito nomade e da una passione per l’AI. La conversazione si concentra su una differenza cruciale: il modo in cui le loro generazioni raccolgono informazioni. Michael, Gen X, ha costruito la sua conoscenza in un mondo analogico, fatto di libri, incontri faccia a faccia e cassette audio. I millennial, invece, sono cresciuti con internet, social media e, ora, l’intelligenza artificiale.

I millennial sono entusiasti dell’AI. “Abbiamo tutto a disposizione!” dicono. “Fai una domanda a un’AI, e ti dà un riassunto, un’intuizione, tutto in pochi secondi.” Ma Michael li ferma con una domanda scomoda: “E se l’AI sbaglia? Se ti dà una risposta che sembra perfetta ma è sbagliata?” Racconta di aver chiesto a Grok, un’AI di xAI, di elencare le migliori squadre di football universitario degli ultimi 15 anni. La risposta sembrava solida, ma c’era un errore: Grok diceva che Clemson aveva vinto un campionato in un anno in cui non l’aveva fatto. Quando Michael l’ha corretto, Grok ha ammesso l’errore, ma questo solleva una questione cruciale: se non sai già che qualcosa è sbagliato, come fai a correggere l’AI?

Questo è un problema critico, specialmente nel trend following. Se chiedi a un’AI di combinare questa strategia con le candele giapponesi, probabilmente ti darà una risposta plausibile, anche se le candele sono inutili per il trend following. L’AI è progettata per accontentarti, non per dirti la verità assoluta. Se non conosci il settore, come fai a sapere che ti sta rifilando una cavolata?

Fiducia, Decisioni, Distrazioni: Le Sfide del 2025

La conversazione si sposta su tre temi centrali: fiducia, decisioni e distrazioni. In un mondo sommerso da informazioni, di chi ti fidi? Michael suggerisce di cercare esperti che abbiano dedicato la loro vita a un argomento. Nel trend following, lui è uno di quelli: anni di studio, incontri con leggende e una passione sfrenata lo rendono una fonte affidabile. “Se vuoi sapere di trend following, parti da me,” dice, senza falsa modestia. Ma non tutti hanno questa chiarezza o questa fortuna.

Poi c’è il problema delle decisioni. L’AI può darti tutte le informazioni del mondo, ma non può premere il grilletto per te. Se ti dice “Fai questo trade,” sei tu che devi agire. E qui entra in gioco la distrazione, il vero killer del nostro tempo. Michael racconta al ragazzo estone che, negli anni ’90, non aveva un telefono che lo interrompeva con notifiche, messaggi o video di gattini. La sua unica ossessione era capire il trend following e condividerlo. L’estone, invece, cresciuto con lo smartphone, deve combattere attivamente le distrazioni. Racconta di come, per concentrarsi sui brevetti di Google, si costringa a sedersi davanti a un muro bianco, quasi in meditazione, per non cedere alla tentazione del telefono.

Nomadismo e Relazioni: Oltre il Trading

La cena prende una piega più ampia. I quattro al tavolo sono tutti nomadi digitali, persone che vivono ovunque il loro lavoro lo permetta. Michael ricorda i suoi primi viaggi in Asia, nel 2006, in città come Hong Kong e Tokyo. All’epoca, non c’erano influencer su YouTube a mostrarti ogni angolo di quei luoghi. Dovevi scoprirli da solo, con meraviglia e un po’ di smarrimento. I millennial, invece, sono cresciuti con l’iPhone e i social media, che li hanno spinti a viaggiare e “vedere le fonti con i propri occhi.”

Ma il nomadismo non è solo una questione di luoghi. È una mentalità, un rifiuto di fidarsi ciecamente delle fonti tradizionali. E qui torna il tema della fiducia. Come fai a fidarti di un’AI se non hai un’esperienza diretta o una base solida per giudicarla? E come fai a fidarti in un mondo dove le distrazioni – dal telefono ai social media – ti allontanano dal focus?

La conversazione tocca anche un tema più personale: le relazioni nel 2025. I tassi di divorzio sono alti, i tassi di fertilità in calo. Michael non approfondisce, ma suggerisce che il telefono e i social media abbiano un ruolo. È un argomento delicato, che lascia in sospeso, ma che sottolinea come la tecnologia influenzi ogni aspetto della nostra vita, non solo il lavoro.

Il Trend Following come Faro nella Tempesta

In questo caos di informazioni, distrazioni e dubbi, il trend following emerge come un faro. Perché? Perché si basa sul prezzo, la realtà più pura e concreta che esista. I millennial a cena fantasticano di usare l’AI per sviluppare migliaia di strategie di trading basate su dati fondamentali. Michael li guarda e dice: “Pensate davvero che batterà il semplice affidarsi al prezzo?” Nel trend following, non servono previsioni o analisi complesse. Segui il movimento del mercato, punto. È una filosofia semplice ma potente, che ti tiene ancorato in un mondo di rumore.

Michael sottolinea che il suo valore, come esperto, non è solo nell’insegnare le regole del trend following, ma nel dire la verità senza fronzoli: “Concentrati qui, ignora il resto, resta sul bersaglio.” In un’epoca di AI che sputa risposte a raffica, chi ti aiuta a distinguere il segnale dal rumore? Chi ti dà la fiducia per agire?

Correre o Essere Mangiati: La Lezione del Savana ( Non quella di Aldo, Giovanni e Giacomo 🙂 )

Michael chiude con un’immagine potente: siamo tutti sul savana. Se sei un leone, devi correre per non morire di fame. Se sei una gazzella, devi correre per non essere mangiato. Leone o gazzella, quando ti svegli, corri. Nel 2025, con l’AI, i social media e un flusso infinito di informazioni, non puoi permetterti di stare fermo. Devi correre per restare rilevante, per non farti sopraffare dalle distrazioni, per trovare fonti di cui fidarti.

Il suo podcast non è solo sul trend following. È un invito a riflettere su come viviamo, decidiamo e ci muoviamo in un mondo che cambia a velocità folle. Michael non vuole essere “attuale” nel senso di commentare le notizie del giorno. Vuole una connessione più profonda con il suo pubblico, su temi che contano: fiducia, decisioni, distrazione. E in questo, il trend following è più di una strategia di trading: è una mentalità per navigare l’incertezza.

Un Invito all’Azione

Se tutto questo ti ha fatto accendere una lampadina, Michael ha un’offerta: scrivigli a [email protected], e ti manderà i passi per iniziare con il trend following insieme a un video gratuito. Ma attenzione: se sei uno che vuole solo “comprare e tenere,” fidarsi del governo o di Wall Street, questo non fa per te. Il trend following è per chi vuole prendere in mano il proprio destino, in mercati che salgono, scendono o sorprendono.

Passato e Futuro si Incontrano

Questa conversazione, iniziata in una steakhouse, è un viaggio tra passato e futuro. Ci ricorda che il modo in cui raccogliamo informazioni – da vecchi libri o da un’AI – cambia il nostro modo di vedere il mondo. Ci sfida a chiederci: di chi mi fido? Come decido? Come resisto alle distrazioni? E ci mostra che, in un’epoca di complessità, a volte la risposta più potente è la più semplice: segui il prezzo, segui la realtà.

QUI la puntata originale

QUI un articoletto sul trend following

“Non ti fidare, ragazzo mio”: lezioni di finanza dal bagno dei bambini

L’altro giorno, a una festa di compleanno di quelle caotiche – coriandoli ovunque, bambini urlanti e adulti che chiacchierano di nuvole per non perdere la testa – accompagno mio figlio al bagno. Sulla porta, eccolo: il Grillo Parlante di Pinocchio, con il suo sorriso saggio e una frase che mi colpisce come un pugno:

“Non ti fidare, ragazzo mio, di chi promette di farti ricco dalla mattina alla sera. Di solito, sono matti o imbroglioni!”

Bam. Una perla di saggezza appesa in un bagno per bambini. Dovrebbe stare incorniciata su ogni profilo Instagram di finanza, sui video YouTube degli “esperti” di trading e, soprattutto, tatuata sui portafogli di chi si fida troppo facilmente.

Perché, diciamolo, il trucco è sempre lo stesso. Cambiano i costumi, si aggiornano le scenografie, ma la promessa di arricchirsi in fretta resta una trappola vecchia come il mondo.

I Mangiafuoco 2.0
Un tempo erano i “cugini” con l’idea geniale: “Metti 10 milioni in un fondo segreto in Svizzera, fidati!”. Oggi sono influencer con l’anello d’oro e lo sfondo di Dubai, che in 47 secondi su TikTok ti spiegano come diventare milionario con il trading, il dropshipping o il “corso esclusivo per investire in start-up già vincenti”.

Non fraintendiamo: non tutti sono truffatori. Alcuni ci credono davvero. Ma rifletti: se un sistema è così infallibile, perché lo vendono a te, sconosciuto, per 997 euro con lo sconto “solo fino a mezzanotte”? Non sarebbe più logico tenerlo per sé?

Il fascino della scorciatoia
La ricchezza veloce è seducente. È la promessa di una stradina nascosta che evita la coda sulla via principale. “Perché faticare? Seguimi, ti porto io!”. Peccato che finisci nei rovi, graffiato e con il conto in rosso.

Desiderare risultati rapidi è umano. Ma la finanza personale, quella vera, è noiosa. Si basa su:

  • Risparmio costante.
  • Investimenti semplici e diversificati.
  • Tempo, pazienza e disciplina.

Non è sexy, ma funziona.

Pinocchio 2.0: cosa direi al mio io adolescente
Se potessi parlare al me stesso di vent’anni fa, gli ripeterei le parole del Grillo Parlante, aggiungendo:

“Studia le basi, evita le scorciatoie. Non devi diventare ricco domani. Devi costruire qualcosa che non crolli dopodomani.”

Il vero successo finanziario non è la Lamborghini affittata per un reel su Instagram. È la serenità di sapere che non dipendi da nessuno, che puoi dire “no” senza paura, che hai un margine di manovra nella vita.

Come riconoscere i fuffa-guru
Ecco i segnali per cui dovresti scappare a gambe levate:

  • Promettono guadagni garantiti? Via.
  • Mostrano solo successi, mai i rischi? Via.
  • Usano paroloni motivazionali senza sostanza? Via.
  • Ti vendono un corso prima di spiegarti di cosa si tratta? Scappa più veloce che puoi.

E allora, che fare?
La strada per una finanza solida è meno appariscente, ma infinitamente più efficace:

  1. Tieni traccia delle spese: scopri dove finiscono i tuoi soldi.
  2. Crea un fondo di emergenza: anche piccolo, è una rete di sicurezza.
  3. Investi con semplicità: scegli strumenti che capisci e diversifica.
  4. Ignora il rumore: il lungo termine batte sempre le mode passeggere.
  5. Studia sempre: fai domande, approfondisci, non smettere mai di imparare.

In conclusione
Quel giorno, mentre mio figlio correva via con un palloncino in mano, sono rimasto a fissare quella porta. Il Grillo Parlante dovrebbe essere il logo ufficiale dell’educazione finanziaria.

La prossima volta che qualcuno ti promette milioni in tre giorni con un “metodo infallibile”, ripensa a quella frase. Magari stampala e attaccala sullo specchio del bagno. Perché la finanza personale non si fa con le magie, ma con il buon senso. E il buon senso, a volte, lo trovi nei posti più inaspettati.

La Saggezza della Folla: Perché il Gruppo a Volte Sa Più di Te (e Come Usarla per i Tuoi Soldi)

La Saggezza della Folla: Perché il Gruppo a Volte Sa Più di Te (e Come Usarla per i Tuoi Soldi)

Immagina questa scena: sei a una fiera di paese, c’è un barattolo pieno di caramelle e un tizio con un cappello a cilindro ti sfida a indovinare quante ce ne sono dentro. Tu ci provi, spari un numero a caso – diciamo 237 – e ovviamente sbagli di brutto. Poi però succede una cosa strana: il tizio chiede a tutti i presenti di fare lo stesso, raccoglie i numeri e tira fuori una media. E, sorpresa delle sorprese, quella media è dannatamente vicina al numero reale di caramelle. Tipo, spaventosamente vicina. Benvenuto nel magico mondo della wisdom of the crowd, la saggezza della folla. Ma cosa c’entra questo con i tuoi soldi? Spoiler: un sacco.

Oggi ti porto a spasso in questo concetto affascinante, ti spiego come funziona, perché a volte è una manna dal cielo per le tue finanze personali e, attenzione, quando invece rischi di farti fregare seguendo il gregge. Preparati una tazza di caffè (o un bicchiere di vino, non giudico), perché stiamo per fare un viaggio di almeno 1500 parole tra psicologia, economia e un pizzico di sano buon senso.

Cos’è ‘sta Saggezza della Folla, Spiegata Facile

Partiamo dalle basi. La wisdom of the crowd è un’idea vecchia come il mondo, ma formalizzata nel 1907 da uno statistico inglese, Francis Galton. Questo signore, che probabilmente non era il tipo più simpatico alle feste, si ritrovò a una fiera di campagna (sì, proprio come nel nostro esempio delle caramelle). Lì c’era un concorso per indovinare il peso di un bue. Galton, curioso come un gatto, raccolse tutti i numeri dati dai partecipanti – contadini, macellai, bambini e chi più ne ha più ne metta – e fece la media. Risultato? La folla, nel suo insieme, aveva azzeccato il peso quasi al grammo, molto meglio di quanto avessero fatto i singoli “esperti”.

Il trucco sta nel fatto che, quando metti insieme tante opinioni diverse, gli errori individuali tendono ad annullarsi. Chi spara troppo alto bilancia chi spara troppo basso, e alla fine esce fuori una stima collettiva che è spesso più precisa di quella di un singolo genio. Bello, no? È come se la folla fosse un supercomputer vivente, capace di fare calcoli che tu, da solo nel tuo salotto, non riusciresti mai a tirare fuori.

La Folla e i Soldi: Un Amore Complicato

Ok, ma passiamo al sodo: come si applica questo ai tuoi risparmi, al tuo conto in banca o a quel gruzzoletto che tieni nascosto sotto il materasso (tranquillo, non lo dico a nessuno)? Nella finanza personale, la saggezza della folla si manifesta in un sacco di modi, alcuni geniali, altri un po’ rischiosi.

Primo esempio: i mercati finanziari. Hai presente la Borsa? Quel posto caotico dove la gente urla numeri e compra azioni come se fossero patatine al supermercato? Ecco, il prezzo di un’azione, in teoria, riflette la saggezza della folla. Milioni di investitori, analisti e trader, ognuno con le sue idee, previsioni e informazioni, “votano” comprando o vendendo. Il risultato è un prezzo che dovrebbe essere una stima collettiva del valore di quell’azienda. Se la folla ha ragione, quel prezzo è una guida affidabile per decidere se investire o no. È come chiedere a un miliardo di amici: “Ehi, questa azienda vale i miei soldi?” e fidarti della loro risposta media.

Ma attenzione, perché qui entra in gioco il primo “ma”. La folla non è sempre saggia. A volte è più un branco di pecore che corre verso il burrone. Pensa alla bolla dei tulipani nel 1600 o, più vicino a noi, al crollo delle criptovalute dopo il boom del 2021. In quei casi, la folla non era saggia, era isterica. Tutti compravano perché “lo facevano tutti”, e alla fine si sono ritrovati con un pugno di mosche (o di bulbi di tulipano, se preferisci). Quindi, regola numero uno: la saggezza della folla funziona solo se le persone pensano in modo indipendente. Se invece si copiano a vicenda come scolaretti durante un compito in classe, è un disastro annunciato.

Come Usare la Folla per Non Finire in Mutande

Ora che abbiamo capito il concetto, vediamo come sfruttarlo praticamente per gestire meglio i tuoi soldi. Perché sì, la folla può essere una tua alleata, basta sapere come ascoltarla senza perdere la testa.

  1. Le Recensioni Online: La Folla Come Consulente Gratis
    Stai pensando di aprire un conto con una nuova banca o di provare quell’app di investimento che promette di farti diventare milionario in tre clic? Prima di buttarti, dai un’occhiata a cosa dice la gente. Siti come Trustpilot o forum come Reddit sono miniere d’oro di saggezza collettiva. Se 500 persone dicono che quell’app è una truffa, forse è meglio starci alla larga. Certo, qualche recensione sarà esagerata o scritta da un tizio arrabbiato perché ha perso la password, ma nel complesso la media ti dà un quadro realistico. È la saggezza della folla applicata al tuo portafoglio.
  2. I Fondi Indicizzati: La Borsa per Pigri
    Hai mai sentito parlare di Warren Buffett, il vecchietto miliardario che sembra sapere sempre cosa fare con i soldi? Bene, anche lui è un fan della saggezza della folla, anche se in modo indiretto. Buffett ha sempre consigliato ai comuni mortali come noi di investire in fondi indicizzati, tipo quelli che seguono l’S&P 500. Perché? Perché questi fondi non cercano di battere il mercato (cosa che nemmeno i guru riescono a fare con costanza), ma si limitano a cavalcare la media del mercato stesso. È come dire: “Ok, folla, tu sai cosa stai facendo, io mi accodo”. E storicamente, questa strategia funziona: il mercato, nel lungo periodo, tende a crescere, e tu cresci con lui.
  3. Chiedi in Giro (Ma con Criterio)
    Non sto dicendo di basare le tue scelte finanziarie sul cugino che “ha un amico che ha fatto i milioni con le cripto”. Però, parlare con persone diverse – amici, colleghi, quel vicino che sembra sempre sapere tutto – può darti prospettive che non avevi considerato. Magari uno ti consiglia un’app per tenere traccia delle spese, un altro ti racconta come ha risparmiato per la casa. Mescola queste idee, filtrale con il tuo buonsenso, e voilà: hai la tua versione personalizzata della saggezza della folla.

Quando la Folla Ti Porta Fuori Strada

Ok, finora sembra tutto rose e fiori, ma non abbassare la guardia. La folla può essere un’amica fidata, ma anche una sirena che ti attira sugli scogli. Ecco i momenti in cui è meglio tapparsi le orecchie e pensare con la tua testa.

  • Le Mode Finanziarie
    Ti ricordi il boom dei NFT? Quei disegnini digitali venduti a milioni di dollari? La folla ci si è buttata a capofitto, convinta che fosse la nuova gallina dalle uova d’oro. Peccato che poi il mercato sia crollato, lasciando un sacco di gente con immagini di scimmie pixelate e il conto in rosso. Quando tutti parlano di un investimento “imperdibile”, fai un passo indietro e chiediti: “Ma questa cosa ha senso, o sto solo seguendo il carrozzone?”
  • Il Panico Collettivo
    Al contrario, quando i mercati crollano e la folla vende tutto in preda al terrore, non è detto che sia la mossa giusta. Pensa al 2008: chi ha venduto durante la crisi ha perso un sacco, mentre chi ha tenuto duro ha visto i suoi investimenti riprendersi. La saggezza della folla funziona solo se c’è razionalità, non se è dominata dalle emozioni.
  • Troppa Uniformità
    Se tutti nella folla leggono le stesse notizie, seguono gli stessi influencer o usano gli stessi dati, la diversità sparisce e con lei la saggezza. È come chiedere a 100 cloni di indovinare le caramelle nel barattolo: non funzionerà.

La Tua Saggezza Conta Ancora

Ecco il colpo di scena: per quanto la folla possa essere utile, alla fine i tuoi soldi sono, beh, tuoi. La wisdom of the crowd è uno strumento, non un oracolo. Usala per informarti, per avere una base solida, ma poi aggiungi il tuo tocco personale. Conosci i tuoi obiettivi? Vuoi risparmiare per una vacanza o per la pensione? Hai paura di rischiare o sei uno che ama l’adrenalina degli investimenti? La folla non sa queste cose, tu sì.

Pensa a te stesso come al regista di un film: la folla è la tua troupe, ti dà idee, suggerimenti, dati. Ma la sceneggiatura finale la scrivi tu. Magari decidi di investire in quel fondo indicizzato perché la media della folla dice che è una buona idea, ma lo fai solo dopo aver controllato che si adatti al tuo budget. O magari ascolti le recensioni su quell’app di risparmio, ma poi la provi tu stesso per vedere se ti piace davvero.

Conclusione: La Folla è un Amico, Non un Padrone

Torniamo al barattolo di caramelle. Se fossi stato da solo a indovinare, probabilmente avresti sbagliato. Ma con l’aiuto della folla, avresti avuto una chance di azzeccarci. La finanza personale funziona allo stesso modo: da solo puoi fare buoni colpi, ma ascoltare il brusio collettivo ti dà un vantaggio in più. Basta non dimenticare che la folla non è infallibile – a volte è geniale, a volte è solo un gruppo di persone che corrono in cerchio urlando.

Quindi, la prossima volta che devi prendere una decisione sui tuoi soldi, fai un respiro profondo, guarda cosa dice la folla, e poi aggiungi un pizzico della tua saggezza. Perché, in fondo, il mix tra la wisdom of the crowd e la wisdom of te stesso è la ricetta perfetta per non finire al verde. E magari, chissà, per comprarti quel barattolo di caramelle tutto per te.

The Case for Index Funds

The Rational Reminder 

Perché i Fondi Indicizzati Sono i Supereroi del Tuo Portafoglio: Una Guida Divertente e Convincente

Immagina di essere in un film di supereroi. Da una parte, ci sono i gestori di fondi attivi, con mantelli sgargianti, promesse di rendimenti stellari e commissioni che farebbero impallidire anche Tony Stark. Dall’altra, i fondi indicizzati, un po’ come Clark Kent: tranquilli, senza fronzoli, ma con un superpotere segreto – quello di battere la maggior parte dei loro rivali senza nemmeno sudare. Nel nostro ultimo episodio del Rational Reminder Podcast, abbiamo sviscerato il caso per i fondi indicizzati, e ora voglio portarti in un viaggio epico per capire perché questi strumenti sono il miglior amico del tuo portafoglio. Preparati, perché sarà un’avventura lunga, ma ti prometto che sarà anche divertente e illuminante!

Un Podcast, Tre Canadesi, Una Missione

Nel nostro episodio 347, io (Benjamin Felix), Dan Bortolotti e Mark McGrath – tre canadesi con una passione per la finanza sensata – abbiamo deciso di fare il punto su un argomento che ci sta a cuore: i fondi indicizzati. Non è la prima volta che ne parliamo, ma questa volta abbiamo voluto creare una guida definitiva, un po’ come il Sacro Graal degli investimenti, da condividere con chi ancora si avventura nel selvaggio west dei fondi attivi o della selezione di singole azioni. Spoiler: i fondi indicizzati vincono, e non è nemmeno una gara equilibrata.

Perché dedicare un intero episodio a qualcosa che sembra ovvio per molti investitori esperti? Beh, perché i dati ci dicono che la maggior parte delle persone, soprattutto in Canada, ancora non ha abbracciato il lato chiaro della forza. Circa l’80% degli asset in fondi comuni ed ETF canadesi è ancora investito in fondi gestiti attivamente. È come se la gente preferisse guidare una carrozza a cavalli invece di una Tesla (senza offesa per i cavalli). E poi, il mio recente video YouTube sui fondi indicizzati ha fatto il botto nei primi tre giorni, segno che c’è ancora tanta curiosità là fuori. Quindi, allacciati le cinture: ecco i sei motivi per cui i fondi indicizzati sono il tuo biglietto per la libertà finanziaria.

1. Costi Bassi: Più Soldi in Tasca, Meno al Gestore

Partiamo dal motivo più ovvio, ma anche il più potente: i fondi indicizzati costano poco. In Canada, la commissione media ponderata per un fondo indicizzato è dello 0,19%. I fondi attivi? Intorno allo 0,85% per quelli senza costi di consulenza inclusi, e fino al 2% per quelli con commissioni di distribuzione (le famose “trailing commissions” pagate ai consulenti). Tradotto: con un fondo attivo, stai pagando una cena stellata, ma ti arriva un panino al fast food.

John Bogle, il leggendario fondatore di Vanguard, lo diceva chiaro: “Negli investimenti, ottieni ciò per cui non paghi”. E Morningstar conferma: le commissioni sono uno dei migliori predittori della performance futura di un fondo. Più paghi, peggio performi. È come se il tuo gestore di fondi attivo ti dicesse: “Fidati, questo yacht lo pago io… con i tuoi soldi”.

Ma non sono solo le commissioni di gestione (MER). I fondi attivi fanno più trading, il che significa costi di transazione più alti, riportati nel Trading Expense Ratio (TER). Nei fondi indicizzati, il TER è spesso vicino allo 0%. Nei fondi attivi? Non è raro che superi le commissioni totali di un fondo indicizzato. Ho controllato diversi fondi attivi per il nostro episodio, e alcuni, specialmente quelli di nicchia con strategie esotiche come opzioni, arrivano a TER del 2-3%. Insomma, è come pagare un biglietto in prima classe per un volo che ti lascia a terra.

Un sondaggio OSC del 2022 ha rivelato che solo il 31% dei canadesi sa che i fondi indicizzati hanno costi più bassi. È un miglioramento rispetto a 10 anni fa, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. E tu, lo sapevi?

2. Diversificazione: Non Mettere Tutte le Uova nello Stesso Paniere

Passiamo al secondo superpotere: la diversificazione. I fondi indicizzati total market possiedono migliaia di azioni, replicando un intero mercato o segmento di mercato. È come avere un buffet con ogni piatto immaginabile, invece di puntare tutto su un’unica portata (che potrebbe essere avariata). I fondi attivi, invece, per cercare di battere il mercato, tendono a concentrarsi su meno titoli – a volte molto meno.

Qui entra in gioco Hendrik Bessembinder, un professore che ha fatto tremare il mondo della finanza con i suoi studi. Dal 1926 al 2016, solo il 42,6% delle azioni USA ha avuto rendimenti superiori ai Treasury a un mese. Più del 50% ha avuto rendimenti negativi, e il 12% ha perso tutto il valore. Solo il 30,8% ha battuto il mercato. Fermati un attimo: meno della metà delle azioni ha avuto rendimenti positivi, e solo una su tre ha fatto meglio del mercato. Scegliere singole azioni o fondi attivi concentrati è come giocare alla roulette russa con il tuo portafoglio.

Con un fondo indicizzato, possiedi tutto il mercato, inclusi i pochi titoli che generano rendimenti eccezionali. Questi “unicorni” compensano le perdite degli altri, assicurandoti i rendimenti di mercato. È come se, invece di cercare l’ago nel pagliaio, comprassi tutto il pagliaio. Più semplice, no?

3. Rendimenti: Battere il Mercato? Buona Fortuna!

Il terzo punto è il colpo di grazia: i fondi indicizzati battono la stragrande maggioranza dei fondi attivi, soprattutto nel lungo periodo. Uno studio di Bessembinder (1991-2020) ha mostrato che il 54,8% dei fondi azionari USA sottoperforma l’indice S&P 500 anche prima delle commissioni. Dopo le commissioni, solo il 30,3% batte l’indice. E i dati SPIVA sono ancora più brutali: nei 20 anni fino a giugno 2024, meno del 6% dei fondi azionari USA ha superato l’S&P Composite 1500.

Perché succede? Torna l’asimmetria dei rendimenti. I fondi attivi, essendo meno diversificati, hanno più probabilità di scegliere titoli perdenti che vincenti. E poi ci sono le commissioni, che mangiano i rendimenti come un gatto con un piatto di tonno. Bill Sharpe, nel suo celebre articolo del 1991 sull’“aritmetica della gestione attiva”, lo spiega con una logica inoppugnabile: in aggregato, i fondi attivi devono sottoperformare i fondi passivi dopo i costi, perché investono nello stesso mercato, ma con spese più alte.

E non pensare che sia una novità. Già nel 1968, Michael Jensen trovò che i gestori di fondi non riuscivano a battere il mercato in media. Fama e French, in un paper molto citato, hanno confermato che, al netto delle commissioni, i fondi attivi sono un gioco a somma negativa. C’è una piccola possibilità di scegliere un fondo vincente, ma è come trovare il biglietto d’oro di Willy Wonka. Buona fortuna!

4. Efficienza Fiscale: Tieni Più Soldi, Paga Meno Tasse

Quarto superpotere: i fondi indicizzati sono campioni di efficienza fiscale. I fondi attivi, con tutto il loro trading frenetico, generano distribuzioni tassabili che riducono i tuoi rendimenti netti. In Canada, questo è un problema sia per i fondi comuni che per gli ETF, perché non abbiamo i meccanismi fiscali degli ETF americani. Uno studio ha confrontato i rendimenti prima e dopo le tasse: i fondi attivi, già penalizzati prima delle tasse, diventano un disastro relativo dopo le tasse.

Con i fondi indicizzati, il turnover è minimo, il che significa meno eventi tassabili. È come guidare una macchina ibrida invece di un SUV che beve benzina: arrivi comunque a destinazione, ma spendi meno lungo il cammino.

5. Semplicità: Investire Senza Mal di Testa

Quinto punto, spesso sottovalutato: i fondi indicizzati sono semplici. Investire in fondi attivi (o anche in fondi fattoriali) è come cercare di risolvere un cubo di Rubik mentre sei su un ottovolante. Il gestore sta facendo quello che dovrebbe? Ha perso il suo tocco magico? Il fondo è diventato troppo grande? Con i fondi fattoriali, devi preoccuparti se i fattori sono ancora rilevanti o se l’ultima ricerca di Andrew Chen ha smontato tutto.

Con i fondi indicizzati, sai esattamente cosa ottieni: il rendimento del mercato, meno commissioni prevedibilmente basse. È come ordinare una pizza margherita: niente sorprese, solo bontà garantita. Questa semplicità ti aiuta a restare disciplinato, anche quando il mercato fa i capricci. Pensa agli investitori che scelgono un fondo target date, contribuiscono regolarmente e si dimenticano di tutto: dopo 15 anni, si ritrovano ricchi, non perché sono geni, ma perché non hanno fatto pasticci.

Charlie Ellis, nel suo paper del 1975, paragona gli investimenti a un “gioco dei perdenti”. Nel tennis amatoriale, vinci facendo meno errori, non colpendo più forte. Negli investimenti, vinci semplificando e minimizzando gli sbagli. I fondi indicizzati sono il tuo allenatore personale per vincere questo gioco.

6. Teoria Finanziaria: La Scienza Sta Dalla Nostra Parte

Infine, il mio punto preferito (ok, forse non quello di Dan e Mark): i fondi indicizzati sono supportati dalla teoria finanziaria. È come avere Einstein che ti dice: “Fidati, questa roba funziona”. Harry Markowitz, con la sua teoria del portafoglio moderno negli anni ’50, ha dimostrato matematicamente perché la diversificazione è cruciale. Bill Sharpe, con il CAPM nel 1964, ha collegato rischio e rendimento atteso, mostrando che in un mercato efficiente, il portafoglio total market ponderato per capitalizzazione è quello ottimale.

Eugene Fama, con il suo lavoro sull’efficienza dei mercati, ha suggerito che i mercati sono abbastanza efficienti da comportarsi come se lo fossero. Non perfetti, ma abbastanza da rendere inutile cercare di batterli per la maggior parte degli investitori. Tutti e tre – Markowitz, Sharpe, Fama – hanno vinto il Nobel, e le loro teorie convergono su un punto: investi nel mercato tramite fondi indicizzati a basso costo, e lascia perdere le commissioni alte per cercare di fare il furbo.

Attenzione ai Falsi Amici

Prima di concludere, un avvertimento: non tutti i fondi indicizzati sono creati uguale. Oggi ci sono più indici che azioni, e molti fondi che li seguono sembrano più fondi attivi: concentrati, con alto turnover, commissioni elevate e inefficienza fiscale. Adriana Robertson, in un paper del 2019, li chiama “passivi solo di nome”. I gestori creano indici su misura per sembrare attivi, ma li vendono come indicizzati.

I fondi tematici sono i peggiori. Pensa ai fondi su cripto, AI, veicoli elettrici o – ricordi il boom della cannabis? Ho confessato nel podcast di aver messo 2000 dollari in un ETF sulla cannabis (HMMJ) nel 2017. Risultato? Un bel -30% in un anno. Dal 2017, quel fondo ha perso il 14,64% annualizzato. È un fondo indicizzato, ma non ha nulla dei superpoteri che abbiamo descritto.

Anche i fondi settoriali o l’S&P 500 da solo possono essere rischiosi. L’S&P 500 va alla grande, ma non è l’unico indice in cui investire. Per i canadesi, aggiungere esposizione internazionale e canadese è una mossa intelligente. Fortunatamente, in Canada abbiamo ETF che offrono portafogli globali diversificati a basso costo, facili da gestire.

Una Storia Che Scalda il Cuore

Per concludere, voglio condividere una storia che ci ha mandato Patricia, una nostra ascoltatrice. Qualche anno fa, suo cognato le consigliò di controllare come il marito gestiva i loro investimenti, perché prendeva rischi eccessivi. Anche il loro pianificatore li avvertì di diversificare. Patricia, che si occupava del bilancio familiare mentre il marito gestiva gli investimenti, decise di informarsi. Il pianificatore le raccomandò il nostro podcast, e dopo un paio d’anni di ascolto, trovò il coraggio di convincere il marito a cambiare strategia.

Scoprì che l’80% del loro portafoglio era in Tesla, con il resto in titoli tech. Un disastro in attesa di accadere. Grazie al podcast, passarono a fondi indicizzati diversificati, e ora sono tranquilli di non esaurire i risparmi. La storia prende una piega ancora più drammatica: a gennaio, al marito di Patricia è stata diagnosticata una forma rara di demenza, che in retrospettiva influenzava le sue decisioni da anni. Senza i cambiamenti fatti in tempo, la loro situazione finanziaria poteva essere catastrofica.

Questa storia ci ricorda perché facciamo quello che facciamo. Non si tratta solo di migliorare i rendimenti di qualche punto base; si tratta di cambiare vite. E ci mette anche una bella pressione: le persone ascoltano davvero quello che diciamo, e dobbiamo essere sicuri di dare consigli solidi.

Il Verdetto Finale

I fondi indicizzati non sono solo un’opzione intelligente; sono una rivoluzione. Costi bassi, diversificazione, rendimenti solidi, efficienza fiscale, semplicità e una base teorica inattaccabile: hanno tutto quello che serve per essere i protagonisti del tuo portafoglio. In Canada (e anche in Italia ) , siamo un po’ indietro rispetto agli americani nell’adottarli, ma spero che questo articolo (e il nostro episodio) ti abbia convinto a fare il salto.

Non cadere nella trappola di pensare che “medi” significhi “noioso”. Come dice Dan, se investi in indici con disciplina, supererai l’80-90% degli altri investitori. Non è essere medi; è essere un supereroe finanziario. E se qualcuno ti propone un fondo attivo con commissioni alte o un ETF tematico alla moda, sorridi, ringrazia e corri verso il tuo fondo indicizzato total market. Il tuo futuro te ne sarà grato.

I Ruggenti Anni ’20: Quando la Finanza Ballava il Charleston

Ciao ragazzi! immaginate di indossare un abito scintillante o un completo a doppio petto, un bicchiere di champagne in mano, mentre il sax di Louis Armstrong risuona in sottofondo. Benvenuti negli Anni Venti Ruggenti, un’epoca di eccessi, innovazione e… speculazione finanziaria. Se pensate che Bitcoin, NFT e Gamestop siano invenzioni moderne, preparatevi a ridimensionare il vostro timeline storico. Perché già un secolo fa, la gente comune scommetteva sui cavalli (o meglio, sulle azioni) con la stessa frenesia di un trader Reddit nel 2021.

Oggi facciamo un salto nel passato e torniamo ai mitici Ruggenti Anni ‘20, un’epoca di euforia economica, jazz scatenato e speculazioni finanziarie folli. Ma cosa possiamo imparare da quel decennio dorato (e poi disastroso) per gestire meglio i nostri soldi oggi?

Boom Economico e Follia Finanziaria

Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’America esplode di energia: l’industria gira a mille, la gente ha più soldi in tasca e nuove invenzioni – come l’elettricità, l’automobile e la radio – cambiano la vita quotidiana.

🎙 La radio fa il botto → È il social media dell’epoca, e tutti vogliono una.
🚗 L’auto di Ford diventa mainstream → Adesso anche la classe media può permettersene una.
🛒 Il credito si sdogana → Per la prima volta, puoi comprare a rate. Dal frigorifero al phon, tutto è acquistabile a pagamento dilazionato.

E poi c’è la Borsa. Wall Street diventa una sorta di Las Vegas finanziaria: tutti comprano azioni sperando di fare il colpaccio. I prezzi salgono, la gente investe a debito, e sembra che il mercato non possa mai fermarsi. Spoiler: si fermerà eccome.

La Storia di Charlie Dawson: Quando il Sogno Diventa Incubo

New York, 1925. Charlie Dawson è un impiegato di banca di 32 anni con il pallino della finanza. Vive nel suo appartamento di Manhattan, guida una Ford fiammante e la sera porta la fidanzata a cena nei ristoranti più chic.

Tutti parlano di azioni. I suoi colleghi si arricchiscono, e lui non vuole restare indietro. Decide di investire tutto quello che ha (e anche quello che non ha, grazie a un prestito a margine) in azioni della Radio Corporation of America (RCA). La radio è il futuro, e il titolo continua a salire.

Ogni settimana il suo capitale raddoppia. “Sono un genio!” pensa. In pochi mesi ha fatto più soldi con la Borsa che in anni di stipendio. Spende senza pensieri: nuovo completo, cene di lusso, una radio nel salotto per stupire gli amici.

Ma nel 1929 inizia il panico. Le azioni ballano il tango del crollo, e quando il mercato implode, Charlie è nei guai. Il suo broker lo chiama: deve ripagare il debito. Ma ormai i suoi investimenti valgono meno di un biglietto del tram.

In poche settimane, perde tutto. La Ford? Ripresa dalla concessionaria. L’appartamento? Troppo caro, è costretto a trasferirsi. Le cene al Waldorf-Astoria? Solo un ricordo. Charlie ha imparato la lezione, ma a carissimo prezzo.

Lezioni di Finanza dai Ruggenti Anni ’20

La storia di Charlie è un classico. Ecco tre lezioni che possiamo portarci a casa da quell’epoca folle:

Diversifica, sempre → Se punti tutto su un solo investimento, rischi di farti molto male quando le cose girano male. Non mettere tutte le uova nello stesso paniere!
Occhio al debito → Comprare azioni a credito nel ‘29 è stato come giocare d’azzardo col mutuo della casa. Oggi vale lo stesso per le carte di credito o i prestiti facili.
Studia prima di investire → Molti, come Charlie, non sapevano nemmeno come funzionasse la Borsa. Se vuoi giocare in finanza, devi conoscere le regole.

Dal Boom al Crack: Quando la Musica si Ferma

Nel 1929 il castello di carte crolla: il mercato va a picco, le banche falliscono, e la Grande Depressione manda in rovina milioni di persone. Morale della favola? Nessuna crescita è infinita, e bisogna sempre prepararsi per i periodi difficili.

Conclusione: Il Futuro Sarà di Nuovo “Ruggente”?

Gli anni ‘20 ci insegnano che l’entusiasmo finanziario può essere una lama a doppio taglio. È bello cavalcare l’onda, ma senza esagerare. Il segreto? Mente lucida, diversificazione e occhio al rischio.

E chissà, magari anche questo decennio diventerà un nuovo “Ruggente”. Speriamo solo senza un altro ‘29. 😅

Vi è piaciuto il viaggio nel passato? Avete esperienze di investimenti azzardati o lezioni finanziarie imparate sulla vostra pelle? E come diceva Louis Armstrong: “What a wonderful world”, sì… ma sempre con un occhio al portafoglio.

9 Miti sull’Equity Risk Premium: Sfatiamoli con un Sorriso e un Po’ di Buon Senso Finanziario

Se c’è una cosa che ho imparato nella vita, è che i soldi non crescono sugli alberi – e se lo facessero, probabilmente ci sarebbe un rischio nascosto tipo “attenti alle api”. Ecco perché oggi voglio parlarti dell’Equity Risk Premium (ERP), quel concetto finanziario che sembra uscito da un film di fantascienza ma che, in realtà, è il cuore pulsante di ogni decisione di investimento. In parole povere, l’ERP è il “bonus” che ti aspetti di guadagnare investendo in azioni invece di parcheggiare i tuoi soldi in qualcosa di noioso e sicuro come i titoli di Stato. È il premio per aver avuto il coraggio di salire sulle montagne russe del mercato azionario invece di restare seduto sulla panchina dei Bot.

Ma attenzione: intorno a questo concetto girano un sacco di miti, leggende metropolitane che farebbero impallidire persino il mostro di Loch Ness. Oggi ne sfateremo 9, uno per uno, con un tono leggero ma senza perdere di vista i fatti. Preparati a ridere, riflettere e magari prendere appunti per il tuo prossimo aperitivo con gli amici appassionati di finanza. Pronti? Via!


Mito 1: L’ERP è costante nel tempo – “Tanto è sempre uguale, no?”

Immagina l’ERP come il meteo: un giorno c’è il sole, il giorno dopo ti arriva un temporale in faccia. Pensare che sia costante è come credere che il tuo umore sia sempre lo stesso (spoiler: non lo è, soprattutto il lunedì mattina). La verità è che l’ERP cambia in base a un sacco di cose: quanto gli investitori hanno paura di perdere tutto, i tassi di interesse che ballano su e giù, e le condizioni economiche generali che sembrano un tango imprevedibile. Se nel 2008, durante la crisi finanziaria, l’ERP fosse stato uguale a quello di un tranquillo 2015, beh, avremmo tutti investito in Lehman Brothers cantando “Hakuna Matata”. Non funziona così: è un animale selvatico, non un gatto domestico.


Mito 2: “Guardo i rendimenti passati e prevedo l’ERP futuro” – La sfera di cristallo dei poveri

Se c’è una frase che dovrebbe essere incisa su ogni manuale di finanza, è questa: “I rendimenti passati non garantiscono risultati futuri”. Eppure, c’è chi pensa che basti guardare lo specchietto retrovisore per capire dove andrà l’ERP. È un po’ come dire: “Ho mangiato pizza ieri e mi è piaciuta, quindi domani vincerò alla lotteria”. I mercati cambiano, le crisi arrivano a sorpresa (ciao, Covid!), e quello che è successo negli ultimi 10 anni potrebbe non avere nulla a che fare con i prossimi 10. Prevedere l’ERP basandosi solo sulla storia è come cercare di indovinare il finale di un film dopo aver visto solo i trailer: magari ci prendi, ma probabilmente no.


Mito 3: “ERP alto = guadagni futuri assicurati” – Non proprio, caro mio

Ecco un altro mito che sembra logico ma non lo è. Un ERP alto significa che gli investitori si aspettano un bel gruzzolo in più rispetto ai titoli sicuri, giusto? Certo, ma non è una promessa di guadagni futuri. Spesso, un ERP elevato è solo il mercato che urla: “Attenzione, qui c’è rischio a palate!”. È come quando vai al ristorante e il cameriere ti avverte che il piatto è piccante: non è una garanzia che sarà delizioso, ma solo che potresti sudare parecchio. Un ERP alto può riflettere paura, incertezza o semplicemente un momento in cui tutti preferiscono tenere i soldi sotto il materasso. Non è un biglietto vincente per il jackpot.


Mito 4: “L’ERP è uguale ovunque” – Il mondo non è una grande Milano

Se pensi che l’ERP sia lo stesso a New York, Tokyo o in un paesino sperduto dell’Europa dell’Est, ho una brutta notizia per te: il mondo non è piatto, e nemmeno l’ERP lo è. Ogni mercato ha le sue regole, i suoi rischi e i suoi drammi. In un Paese stabile con un’economia solida, l’ERP potrebbe essere più basso perché gli investitori si sentono tranquilli. In un posto dove la politica cambia più spesso delle stagioni di Netflix, invece, il premio richiesto sarà più alto. È come il prezzo della pizza: a Napoli costa meno che a Zurigo, e c’è un motivo.


Mito 5: “Misurare l’ERP? Facile come bere un bicchier d’acqua” – Spoiler: non proprio

Se c’è una cosa che fa impazzire gli analisti finanziari, è cercare di misurare l’ERP. È come provare a catturare un’anguilla con le mani: scivoloso, complicato e spesso ti lascia con più domande che risposte. Ci sono mille modi per calcolarlo – modelli teorici, dati storici, sondaggi tra investitori – e ognuno ti dà un numero diverso. Aggiungici che dipende da assunzioni tipo “i tassi resteranno così” o “il mercato non impazzirà”, e capisci perché anche i guru della finanza a volte alzano le spalle e dicono: “Boh, più o meno sarà questo”. Facile? Macché.


Mito 6: “L’ERP è solo rischio di mercato” – Non proprio una foto completa

Ok, l’ERP è il premio per il rischio, ma non è solo una questione di “il mercato va su o giù”. Dentro quel numeretto ci sono un sacco di altri ingredienti: il rischio che non riesci a vendere le tue azioni quando vuoi (liquidità), il rischio che l’azienda in cui hai investito faccia un flop clamoroso (rischio specifico), e magari anche un pizzico di “oddio, e se scoppia una guerra?”. Pensare che l’ERP sia solo una misura del rischio di mercato è come dire che una torta è fatta solo di farina: dimentichi zucchero, uova e quel tocco di magia che la rende speciale.


Mito 7: “L’ERP non serve a chi investe sul lungo termine” – Errore da principianti

“Ma io investo per 20 anni, che me ne importa dell’ERP?” Sbagliato, amico mio. Anche se hai la pazienza di un monaco tibetano e il tuo orizzonte è più lungo di una maratona, l’ERP ti riguarda eccome. È lui che ti dice se il gioco vale la candela, se il rischio di buttarti sulle azioni ti ripagherà rispetto a un tranquillo titolo di Stato. Senza capire l’ERP, è come navigare senza bussola: magari arrivi da qualche parte, ma non sai se è dove volevi andare. Lungo termine o no, ignorarlo è un autogol.


Mito 8: “L’ERP non c’entra con l’economia” – Ma per favore!

C’è chi pensa che l’ERP viva in una bolla, scollegato dal mondo reale. Niente di più falso. Le aspettative sull’economia – crescita, inflazione, disoccupazione – sono come il vento che spinge la barca dell’ERP. Se tutti pensano che domani sarà un boom economico, l’ERP potrebbe scendere perché il rischio percepito è più basso. Se invece si prevede una tempesta (ciao, recessione!), gli investitori chiederanno un premio più alto per salire a bordo. È un termometro del sentiment economico, non un numero buttato lì a caso.


Mito 9: “L’ERP è oggettivo, no?” – Più soggettivo di un giudizio su Sanremo

Infine, il mito dei miti: l’ERP sarebbe una misura scientifica, precisa, scolpita nella pietra. E invece no, è più un’opinione collettiva che un fatto assoluto. Dipende da come gli investitori vedono il mondo, da quanto sono ottimisti o pessimisti, da cosa si aspettano dal futuro. È un po’ come chiedere a 100 persone se il caffè è meglio amaro o zuccherato: avrai 100 risposte diverse, e tutte avranno un fondo di verità. L’ERP è il risultato di percezioni, paure e speranze, non di una formula magica.


Conclusione: L’ERP è un Mistero, ma Non Devi Temerlo

Eccoci qua, abbiamo smontato 9 miti sull’Equity Risk Premium con un po’ di ironia e qualche metafora culinaria (perché, ammettiamolo, tutto è più chiaro con la pizza). La verità è che l’ERP è un concetto complesso, sfuggente, ma fondamentale per chiunque voglia investire con un minimo di consapevolezza. Non è una scienza esatta, non è prevedibile al 100%, e di sicuro non è uguale per tutti. Ma proprio per questo è affascinante: ti costringe a pensare, a dubitare, a informarti.

Quindi, la prossima volta che qualcuno ti dirà “Investi in azioni, tanto l’ERP è sempre lo stesso”, sorridi, offrigli un caffè e spiegagli che il mondo della finanza è un po’ più complicato – e molto più divertente – di così. E se non ti crede, beh, lascialo con i suoi titoli di Stato: tu hai le montagne russe, e il panorama da lassù è tutta un’altra storia.

So Bearish It’s Bullish

Animal Spirits Podcast

Navigare nel Caos: Lezioni di Finanza Personale in un Mercato Turbolento

In un mondo dove i titoli di giornale gridano crisi economiche, tariffe incombenti e mercati in caduta libera, il podcast Animal Spirits con Michael Batnick e Ben Carlson offre una guida indispensabile per chi cerca di mantenere la calma e prendere decisioni finanziarie sensate. L’episodio recente è un’immersione profonda nel caos attuale, con riflessioni acute su come le dinamiche di mercato, le scelte politiche e i comportamenti dei consumatori si intrecciano, offrendo lezioni preziose per la gestione del denaro personale. Questo riassunto, pensato per un blog di finanza personale, distilla i punti salienti in un racconto scorrevole, con consigli pratici per affrontare l’incertezza economica.

Il Contesto: Un Mercato in Subbuglio

L’episodio si apre con un tono di preoccupazione mista a ironia. I mercati azionari americani, come l’S&P 500 e il NASDAQ, hanno subito un duro colpo, con cali rispettivamente del 16% e del 20% dai massimi recenti. Il Russell 2000, che rappresenta le piccole imprese, è sceso del 25%. Nel frattempo, asset alternativi come l’oro (+42% nell’ultimo anno) e Bitcoin (+36%) stanno brillando, mentre il dollaro perde terreno. Questo scenario, descritto come “la fuga dal dollaro”, riflette una crescente sfiducia nella stabilità economica statunitense, alimentata da politiche tariffarie aggressive e da un’incertezza macroeconomica palpabile.

Batnick e Carlson non si limitano a descrivere il problema: analizzano come il rumore mediatico amplifichi il panico. La frase di White Charts, “le correzioni sono rumorose, le riprese silenziose”, diventa un mantra per ricordare agli investitori che i mercati, nonostante le turbolenze, hanno una storia di ripresa. Per il lettore di un blog di finanza personale, la lezione è chiara: non lasciarti travolgere dai titoli catastrofici. Concentrati sui fondamentali e mantieni una prospettiva a lungo termine.

Le Tariffe: Una Spada a Doppio Taglio

Gran parte della discussione ruota attorno alle politiche tariffarie, viste come una minaccia reale per l’economia. Carlson cita Ryan Peterson, che prevede fallimenti di massa per le piccole imprese se le tariffe sulla Cina non verranno riviste. Craig Fuller, esperto di logistica, avverte di un crollo nei volumi dei container a partire da maggio, con conseguenze devastanti per il settore dei trasporti. Questi scenari dipingono un quadro preoccupante: scaffali vuoti entro il periodo dello shopping scolastico e un rallentamento economico che colpirebbe soprattutto le piccole imprese.

Tuttavia, i conduttori offrono un contrappunto ottimista. Matthew Klein suggerisce che le aziende potrebbero aggirare le tariffe reindirizzando il commercio attraverso paesi come Messico, Singapore o Vietnam. Questo, pur aumentando i costi, potrebbe mitigare l’impatto su prezzi e carenze. Per il lettore, il messaggio è duplice: da un lato, preparati a un aumento dei prezzi per i beni di consumo; dall’altro, considera come le grandi aziende, più resilienti, possano adattarsi meglio rispetto alle piccole realtà. In termini di finanza personale, questo implica diversificare le fonti di reddito e, se possibile, ridurre la dipendenza da beni importati soggetti a tariffe.

La Resilienza delle Grandi Aziende

Un punto luminoso emerge dai dati sugli utili aziendali. Adam Parker evidenzia che i margini lordi mediani (esclusi i settori finanziario e immobiliare) sono vicini ai massimi storici, al 45%. Questo suggerisce che le grandi aziende hanno un “margine di sicurezza” per affrontare le tempeste economiche. Batnick sottolinea che, anche in caso di un calo dei margini al 38%, queste aziende non rischiano la bancarotta. Al contrario, le piccole imprese, con margini più sottili, sono più vulnerabili.

Per chi gestisce le proprie finanze, questo sottolinea l’importanza di investire in aziende solide e ben capitalizzate. Gli ETF che replicano indici come l’S&P 500 o fondi focalizzati su large-cap possono offrire una maggiore stabilità rispetto a investimenti in piccole imprese, più esposte al rischio in questo contesto. Inoltre, la discussione sugli afflussi record in ETF a leva lunga (6,6 miliardi di dollari in una settimana) rivela un comportamento di “acquisto sul ribasso” da parte degli investitori retail, contrapposto alla vendita istituzionale. Questo suggerisce che, nonostante il panico, molti vedono opportunità nei cali di mercato. La lezione? Non vendere in preda al panico, ma valuta attentamente le opportunità di acquisto quando i prezzi sono depressi.

Il Consumatore: Spesa Nonostante la Paura

Un’osservazione affascinante riguarda il comportamento dei consumatori. I dati di American Express mostrano che, nonostante l’incertezza economica, la spesa rimane robusta, soprattutto tra Millennials e Gen Z (35% del totale) e nel settore aziendale (+14% anno su anno). Anche di fronte a un calo della fiducia economica, i titolari di carte Amex continuano a spendere. Carlson nota che questo contraddice l’idea di un “effetto ricchezza” dominante: nel 2022, nonostante il crollo del mercato azionario, la spesa non si è fermata. La conclusione è che, finché le persone hanno un lavoro, continuano a spendere, indipendentemente dalle oscillazioni del portafoglio.

Per il lettore, questo è un promemoria: la sicurezza del lavoro è un pilastro fondamentale della stabilità finanziaria. In tempi incerti, concentrati sul mantenimento di un’occupazione stabile e crea un fondo di emergenza per coprire almeno 6-12 mesi di spese. Inoltre, evita di lasciarti influenzare dal pessimismo generale: se i consumatori continuano a spendere, l’economia potrebbe essere più resiliente di quanto sembri.

La Fed e i Tassi: Una Situazione Delicata

La discussione si sposta sulla Federal Reserve e sul suo presidente, Jerome Powell, accusato da Trump di essere “un grande perdente” per non aver tagliato i tassi di interesse. Batnick e Carlson riconoscono che i tassi, attualmente al 4,5%, sono probabilmente troppo alti, ma la Fed è in una posizione difficile. Le tariffe potrebbero causare un’impennata inflazionistica a breve termine, ma il rischio maggiore è la deflazione, soprattutto se le imprese, costrette a liquidare inventari, scaricassero merci a prezzi stracciati.

Per il lettore, questa incertezza sui tassi ha implicazioni dirette. I mutui a tasso fisso rimangono costosi (circa il 7%), e i dati mostrano il più alto tasso di rifiuti di rifinanziamento dal 2013. Chi è in difficoltà finanziaria sta cercando di rifinanziare da mutui al 3% a tassi più alti, un segnale di stress. Il consiglio è di evitare di rifinanziare a meno che non sia assolutamente necessario e di considerare l’acquisto di una casa solo se i prezzi scendono leggermente (Zillow prevede un calo dell’1,7% nei prossimi 12 mesi). Inoltre, con i rendimenti obbligazionari in aumento, gli investitori potrebbero trovare opportunità in ETF obbligazionari a breve termine, che offrono rendimenti decenti con rischi limitati.

Bitcoin e Oro: Rifugi Sicuri o Speculazione?

Un fenomeno interessante è la performance di Bitcoin e oro, entrambi in forte rialzo. Ben Eifert suggerisce che Bitcoin si stia comportando come un “NASDAQ denominato in valute globali”, beneficiando del calo del dollaro. Questo lo rende, per la prima volta, simile all’oro come “copertura dal caos”. Tuttavia, i conduttori avvertono che si tratta di un trend a breve termine e che Bitcoin potrebbe anche anticipare un rimbalzo di mercato.

Per il lettore, la tentazione di inseguire Bitcoin o oro è forte, ma la prudenza è d’obbligo. Questi asset sono altamente volatili e non adatti a chi cerca stabilità. Se vuoi esposizione, limita l’allocazione al 5-10% del portafoglio e considera ETF come GLD per l’oro o fondi regolamentati per le criptovalute, evitando piattaforme speculative.

Lezioni di Vita e Finanza Personale

Tra le riflessioni più profonde dell’episodio c’è il monologo di Batnick sulla mezza età, ispirato da una scena di Your Friends and Neighbors. Arrivati a un certo punto, ci si chiede: “È questa la mia vita ora?”. Questo sentimento, unito alla preoccupazione di Carlson per il futuro dei figli, ricorda che la finanza personale non è solo numeri, ma anche pianificazione per il lungo termine. Carlson propone un’idea intrigante: acquistare una casa in Florida a 55 anni per anticipare la competizione dei Millennials in pensione. Anche se scherzosa, l’idea sottolinea l’importanza di pensare in anticipo, che si tratti di investire o di pianificare la pensione.

Per il lettore, questo è un invito a riflettere sui propri obiettivi a lungo termine. Inizia a risparmiare per la pensione il prima possibile, sfruttando strumenti come i piani 401(k) o IRA. Inoltre, considera come le tue scelte finanziarie di oggi influenzeranno il tuo stile di vita tra 20 o 30 anni. Ad esempio, ridurre le spese superflue (come i caffè DoorDash da 15 dollari citati da Batnick) può liberare risorse per investimenti futuri.

Conclusione: Rimanere Calmi nel Caos

Animal Spirits ci ricorda che i mercati sono ciclici e che il panico di oggi può trasformarsi nell’opportunità di domani. Le tariffe, la volatilità e l’incertezza sono reali, ma la storia insegna che la resilienza e la disciplina pagano. Per il lettore di finanza personale, i consigli pratici sono:

  1. Mantieni la calma: Non vendere in preda al panico e considera i cali di mercato come opportunità di acquisto.
  2. Diversifica: Concentrati su aziende solide e valuta asset alternativi con moderazione.
  3. Proteggi il tuo lavoro: La stabilità occupazionale è la chiave per mantenere la spesa e gli investimenti.
  4. Pianifica a lungo termine: Risparmia per la pensione e anticipa le tendenze future, come l’aumento dei costi abitativi.
  5. Vivi con intenzione: Riduci le spese inutili e investi in esperienze o beni che migliorano la tua qualità di vita.

In un mondo di rumore e caos, la finanza personale richiede un mix di razionalità, pazienza e visione. Come dicono Batnick e Carlson, “sono così ribassista che sono rialzista”. Forse, anche per noi, il pessimismo di oggi può essere il seme dell’ottimismo di domani.

QUI la puntata originale

Productivity and the Goose that laid the Golden Eggs

La maggior parte dei malintesi sulla produttività nasce dal fatto che i cosiddetti guru della produttività misurano tutto in termini di tempo. L’idea di fondo è che, se solo riuscissimo a gestire il tempo in modo più efficace, faremmo più cose. Questo è vero solo in parte, soprattutto per lavori ripetitivi in cui ogni azione richiede un certo tempo e il volume di lavoro è direttamente proporzionale al tempo impiegato. Anche se molti vengono ancora pagati in base alle ore lavorate, come si faceva una volta, la maggior parte dei prodotti o dei risultati oggi si misura più accuratamente in base al valore che aggiungono, indipendentemente da quanto tempo ci è voluto per crearli.

Dal mio punto di vista, la quantità di valore che una persona può generare in media nel tempo è limitata dalla sua creatività individuale. In altre parole, una persona può produrre una quantità X di valore, mentre un’altra ne produce una quantità Y. Se qualcuno crea molto valore in un solo giorno, puoi star certo che il giorno dopo produrrà poco dello stesso tipo di valore. È una questione di media. Per capirlo, pensa a un’oca che depone un uovo d’oro al giorno. Durante l’ora in cui depone l’uovo, l’oca potrebbe essere considerata altamente produttiva. Ingenuamente, si potrebbe pensare che, con una buona gestione del tempo, l’oca possa deporre un uovo ogni ora. Ovviamente, non funziona così. Se le chiedessimo di farlo, si esaurirebbe in fretta.

Come dicevo, credo che ognuno di noi abbia la capacità di produrre una certa quantità di valore ogni giorno senza bruciarsi. Se lasciato libero di agire, è esattamente quello che farà.

Abbiamo:

  • una certa quantità di energia creativa
  • una certa quantità di energia fisica
  • una certa quantità di energia sociale

La produttività non consiste nel fare flessioni con il braccio sinistro mentre ti lavi i denti con il destro. Si tratta di utilizzare al meglio le riserve di energia che ho appena elencato. E questo non si ottiene spingendo al massimo ogni capacità (pensa all’oca). Una parte dell’energia deve essere dedicata anche al mantenimento di queste capacità.

La nostra cultura non è molto brava in questo, ma considera una cosa.

Per utilizzare qualsiasi risorsa, devi assolutamente tenere a mente tre aspetti:

  • Estrazione
  • Manutenzione
  • Espansione

L’estrazione è il processo di utilizzo dell’energia. La produttività non dovrebbe riguardare la massimizzazione del ritmo di estrazione. Ripetiamolo tre volte: la produttività non è massimizzare l’estrazione. Il ritmo di estrazione non deve essere massimizzato. Massimizzare l’estrazione è sbagliato. Non devi massimizzare l’estrazione! Eppure, sembra che molti guru predichino proprio questo. Ed è certamente così che funziona il sistema di ricompense professionali.

Senza manutenzione, pensa alle infrastrutture negli Stati Uniti, per esempio: il sistema alla fine crolla. Senza manutenzione, il sistema non è sostenibile. Se non lo mantieni, muore lentamente, e anche l’estrazione ne risente. La manutenzione è ciò che l’oca fa per riprendersi dopo aver deposto l’uovo.

L’importanza dell’espansione è evidente. Oltre alla manutenzione, il sistema dovrebbe essere migliorato. Questo non significa più grande o di più, ma migliore. Senza espansione, il sistema ristagna e alla fine viene schiacciato da concorrenti che non ristagnano. Anche per questo serve energia. L’espansione è ciò che l’oca fa per diventare più brava a deporre uova.

La produttività deve considerare tutti e tre questi aspetti. Ignorarne uno va bene a breve termine, ma è distruttivo a lungo andare. Certo, ci sono incentivi a breve termine per trascurare manutenzione ed espansione, ma questo comporta costi a lungo termine: lavorare in un vicolo cieco, lasciare che i ponti crollino, gestire il mondo con risorse non rinnovabili. La produttività, quindi, non riguarda l’uso più efficiente del tempo, né il consumo di più energia. Si tratta di utilizzare l’energia nel modo più efficiente possibile.

Questo è esattamente ciò che accade quando si dice che il lavoro si espande per riempire il tempo a disposizione. Ed è anche il motivo per cui avere più tempo libero non porta a fare più cose. Più tempo libero non significa più energia, a meno che l’energia precedente non venga usata per espandere la propria capacità. Di solito, quando si lascia un lavoro (che spesso si concentra solo sull’estrarre il più possibile da te), molta energia deve essere spesa prima in manutenzione per ricostruirti.

Articolo originale di Jacob Lund Fisker : https://earlyretirementextreme.com/productivity-and-the-goose-that-laid-the-golden-eggs.html

Mental Accounting: Come il Nostro Cervello Gestisce i Soldi (ma Non Sempre Bene)

Ciao a tutti, amici del blog! Oggi voglio parlarvi di una cosa che facciamo tutti, spesso senza accorgercene: il Mental Accounting. Sembra una di quelle espressioni che solo un economista potrebbe amare, ma in realtà riguarda proprio come spendiamo, risparmiamo e pensiamo ai nostri soldi.

Cos’è il Mental Accounting?

Cominciamo dalle basi. Il Mental Accounting è un concetto introdotto da Richard Thaler, un economista comportamentale che ha dimostrato come noi umani tendiamo a dividere il nostro denaro in ‘contenitori’ mentali distinti, influenzando poi come lo usiamo. Immagina di avere una scatola per le spese quotidiane, una per le vacanze, una per i regali di Natale… e via discorrendo.

Ma perché lo facciamo? Beh, per sentirci più in controllo, per dare un senso ai nostri soldi e, diciamocelo, per giustificare certe spese che altrimenti ci sembrerebbero eccessive.

Esempi Pratici di Mental Accounting

Facciamo un po’ di esempi pratici, così capiamo meglio:

  1. Il Bonus Mensile: Hai ricevuto un bonus di 1000 euro al lavoro. Per molti, quei soldi sembrano ‘extra’, quindi vengono spesso spesi in cose che normalmente non si comprerebbero. Se invece fosse stato parte del salario normale? Probabilmente avresti risparmiato la maggior parte.
  2. Il Denaro Trovato: Hai trovato 20 euro per strada. Potresti pensare, “Non sono miei, quindi posso spenderli senza colpa!” Questo è il Mental Accounting all’opera, dove il denaro viene visto come ‘meno reale’ se non proviene dal nostro conto principale.
  3. Le Spese di Vacanza: Quando si va in vacanza, spesso si crea un budget separato. Se spendi di più, non sembra così grave perché è ‘denaro da vacanza’, giusto? Ma alla fine, sono pur sempre soldi tuoi!
  4. Il Contante vs. Carta di Credito: Spesso spendiamo di più quando usiamo la carta di credito perché il pagamento sembra meno ‘reale’. Quando usiamo contante, invece, sentiamo più direttamente l’uscita dei soldi dal nostro portafoglio.
  5. Il Lotto o il Gioco d’Azzardo: Se vinci una piccola somma al gioco, potresti essere incline a spendere quei soldi in modo più frivolo, considerandoli una sorta di ‘bonus’ extra, non parte del tuo budget regolare.

Perché il Mental Accounting Può Essere un Problema?

Ora, qui viene il bello (o il brutto, dipende dai punti di vista). Il Mental Accounting può portare a decisioni finanziarie subottimali. Ecco come:

  • Sottostimare i Costi: Se metti i soldi in ‘contenitori’ separati, potresti non vedere il quadro completo delle tue spese. Quella vacanza potrebbe apparire meno costosa se non consideri anche il costo degli spostamenti, del cibo, ecc.
  • Sovrastima dei Risparmi: Potresti pensare di risparmiare semplicemente perché hai messo da parte dei soldi per un obiettivo specifico, ignorando altre spese impreviste che potrebbero erodere quei risparmi.
  • Perdita di Opportunità: Se tieni soldi in conti separati per scopi diversi, potresti perdere opportunità di investimento. Magari hai 5000 euro per una macchina nuova, ma non li unisci a un fondo investimenti perché ‘sono per la macchina’.
  • Effetto Sunk Cost: Potresti continuare a spendere soldi in un progetto o investimento solo perché hai già investito molto in esso, invece di valutare se vale ancora la pena proseguire.

Come Usare il Mental Accounting a Nostro Vantaggio?

Non tutto è perduto, però! Con un po’ di consapevolezza, possiamo rigirare questo concetto a nostro favore:

  • Strutturare i Risparmi: Utilizza il Mental Accounting per creare risparmi mirati. Vuoi comprare una casa? Crea un ‘contenitore mentale’ per quel sogno, ma fai in modo che sia flessibile e parte di un più ampio piano finanziario.
  • Spese Consapevoli: Quando spendi, chiediti da quale ‘contenitore’ stai prendendo i soldi. Questo può aiutarti a fare scelte più ponderate e meno impulsive.
  • Rivedere i Contenitori: Non avere paura di rimescolare i tuoi ‘contenitori’ mentali. Se hai risparmiato abbastanza per una vacanza ma si presenta un’opportunità di investimento vantaggiosa, forse è il caso di fare una redistribuzione.
  • Budget Mensile: Crea un budget mensile dove ogni voce di spesa è trasparente e visibile. Questo ti permette di vedere come spendi in totale, non solo per categorie separate.
  • Automatizzare i Risparmi: Imposta trasferimenti automatici verso conti di risparmio specifici. Questo sfrutta il Mental Accounting in modo positivo, rendendo il risparmio una parte integrante della tua routine finanziaria.

Psicologia e Finanza: Un Matrimonio di Successo?

Alla fine della giornata, capiamo che la finanza personale non è solo una questione di numeri, ma anche di psicologia. Il Mental Accounting ci mostra come il nostro cervello può giocarci dei tiri mancini, ma anche come possiamo usarne la logica a nostro vantaggio.

Uno studio interessante di Kahneman e Tversky, due giganti della teoria delle decisioni, parla di ‘framing’ (corniciamento), che è strettamente legato al Mental Accounting. L’idea è che la stessa decisione finanziaria può sembrare diversa a seconda di come viene presentata. Ad esempio, se ti dicono che un investimento ha una probabilità dell’80% di successo, suona meglio che dire che ha una probabilità del 20% di fallimento, anche se le due affermazioni sono identiche.

Schema Riassuntivo: Mental Accounting

Cos’è il Mental Accounting?

  • Definizione: Tendiamo a dividere mentalmente il nostro denaro in “contenitori” distinti per scopi specifici.
  • Esempio: Budget separati per spese quotidiane, vacanze, risparmi, ecc.

Esempi Pratici

  1. Bonus Mensile: Soldi extra spesso spesi più liberamente.
  2. Denaro Trovato: Visto come “meno reale”, quindi usato senza sensi di colpa.
  3. Spese di Vacanza: Budget separati per viaggi che rendono meno evidente il costo totale.
  4. Contante vs. Carta di Credito: La carta di credito porta a spendere di più perché il pagamento sembra meno tangibile.

Problemi del Mental Accounting

  • Sottostima dei Costi: Non avere una visione complessiva delle spese.
  • Sovrastima dei Risparmi: Ignorare costi imprevisti che riducono i risparmi.
  • Perdita di Opportunità: Tenere i soldi bloccati in “contenitori” rigidi.
  • Effetto Sunk Cost: Continuare a investire su qualcosa solo perché si è già speso molto.

Come Usarlo a Tuo Vantaggio

  1. Strutturare i Risparmi: Crea “contenitori” flessibili per obiettivi specifici.
  2. Spese Consapevoli: Chiediti da dove proviene il denaro prima di spendere.
  3. Rivedere i Contenitori: Ridistribuisci i soldi quando necessario (es. per opportunità di investimento).
  4. Automatizzare i Risparmi: Usa trasferimenti automatici per obiettivi specifici.

Psicologia e Finanza

  • Framing: Come la presentazione di una scelta influenza la nostra percezione.
    Esempio: “80% di successo” suona meglio di “20% di fallimento.”

Conclusione: La Finanza è Anche Psicologia

Quindi, la prossima volta che decidi di spendere o risparmiare, fai un piccolo check mentale: “Da quale scatola sto prendendo questi soldi? E perché?” Potresti scoprire che non solo gestisci meglio i tuoi soldi, ma ne capisci anche meglio le dinamiche.

Ecco, spero che questo viaggio nel Mental Accounting vi sia stato utile e forse anche un po’ illuminante. La finanza può essere divertente quando la guardiamo con un occhio critico e un po’ di umorismo. Continuate a seguirci per altri articoli che renderanno la gestione del vostro denaro non solo più intelligente, ma anche più allegra!