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What’s the secret sauce behind the world’s largest sovereign wealth fund?

In Good Company 

Il Futuro degli Investimenti: Lezioni dal Più Grande Fondo Sovrano del Mondo

In una sala gremita della London Business School, Nikolai Tangen, CEO di Norges Bank Investment Management, il più grande fondo sovrano al mondo, ha offerto un’affascinante panoramica su come gestire un patrimonio di 1,8 trilioni di dollari in un contesto globale in continua trasformazione. La sua chiacchierata informale con il professor Florin Vasvari, parte della serie di summit dell’Institute for Entrepreneurship and Private Capital, è stata molto più di un’analisi tecnica: è stata una lezione di strategia, visione e saggezza per investitori di ogni livello. Questo articolo, pensato per un blog di finanza personale, esplora i punti chiave della discussione, traducendo le intuizioni di Tangen in consigli pratici per chi vuole costruire un futuro finanziario solido, con uno stile scorrevole e accessibile.

La Nascita di un Colosso: La Storia del Fondo Norvegese

Per capire il successo del fondo, Tangen ci riporta al 1969, quando la Norvegia scoprì il petrolio al largo delle sue coste, un evento annunciato alla vigilia di Natale come un regalo per la nazione. Tuttavia, a differenza di molti paesi ricchi di risorse naturali che sono caduti nella cosiddetta “maledizione delle risorse” – con corruzione e declino economico – i politici norvegesi hanno scelto una strada diversa. Nel 1996, con un deposito iniziale di due miliardi di corone norvegesi, hanno creato un fondo sovrano che oggi vale 20.000 miliardi di corone, con l’obiettivo di trasformare la ricchezza del sottosuolo in attivi finanziari per le generazioni future.

Oggi, il fondo finanzia oltre il 20% del bilancio norvegese, coprendo spese essenziali come ospedali, scuole e infrastrutture. Con un team di appena 700 persone in tutto il mondo, gestisce l’1,5% di tutte le azioni quotate globalmente, un’impresa monumentale che Tangen descrive con orgoglio come il lavoro del “National Money Making Team”. Per chi gestisce le proprie finanze personali, questa storia offre una lezione fondamentale: pensare a lungo termine. La Norvegia ha scelto di preservare la sua ricchezza per il futuro, un approccio che si traduce nel consiglio di evitare decisioni impulsive e costruire un portafoglio orientato alla crescita sostenibile.

Trasparenza e Governance: Il Modello Norvegese

Uno dei pilastri del successo del fondo è la sua trasparenza, che Tangen definisce “la più alta al mondo”. Non è un’iperbole: il fondo ha conquistato il primo posto in un “campionato mondiale di trasparenza”, ottenendo un punteggio perfetto di 100/100. Ogni dettaglio – dai rendimenti alle decisioni di voto nelle assemblee aziendali – è disponibile sul sito web del fondo. Questa apertura non solo rafforza la fiducia dei cittadini, ma protegge il fondo da pressioni politiche, garantendo stabilità anche nei momenti di volatilità.

La governance è altrettanto solida. Di proprietà del popolo norvegese, il fondo è supervisionato dal parlamento e gestito attraverso un mandato chiaro del Ministero delle Finanze, con la banca centrale come custode operativo. Questo modello, radicato in una democrazia aperta, si distingue dall’opacità di molti altri fondi sovrani, come il CIC cinese o l’ADI di Abu Dhabi. Per gli investitori individuali, la lezione è chiara: la trasparenza nella gestione del proprio portafoglio è essenziale. Tenere traccia delle proprie scelte, monitorare i rendimenti e comprendere i rischi aiuta a prendere decisioni informate e a mantenere il controllo.

Strategie di Investimento: Equilibrio tra Indice e Gestione Attiva

Il fondo opera con un approccio vicino all’indice, seguendo benchmark come l’indice FTSE All Cap (circa 8.900 azioni) e un indice di obbligazioni (18.000 titoli). Il portafoglio è composto per il 71% da azioni pubbliche, il 27% da reddito fisso e il resto da immobili e infrastrutture. Tuttavia, non è un fondo puramente passivo. Tangen sottolinea l’importanza di una gestione attiva selettiva, che genera un alfa di circa 25 punti base rispetto al benchmark. Su un capitale di 1,8 trilioni, questo alfa si traduce in guadagni significativi.

Come viene creato questo valore aggiunto? Attraverso una struttura decentralizzata che dà autonomia ai team di specialisti settoriali (finanza, tecnologia, consumi) e una rigorosa gestione dei costi di transazione. Inoltre, il 5% del fondo è affidato a gestori esterni, principalmente nei mercati emergenti, e il fondo possiede quasi mille proprietà immobiliari, tra cui il 25% di Regent Street a Londra. Per chi investe a livello personale, questo approccio suggerisce di diversificare il portafoglio, combinando strategie passive – come ETF a basso costo – con scelte attive ben ponderate, prestando attenzione ai costi che possono erodere i rendimenti.

Il Coraggio di Essere Controcorrente

Uno dei momenti più incisivi della discussione è stato il focus di Tangen sull’essere controcorrente. Nel mondo degli investimenti, seguire la folla porta a risultati mediocri. “Se fai quello che fanno tutti, non perderai il lavoro, ma potresti perdere un sacco di soldi”, avverte. La vera opportunità sta nell’essere “controcorrente e giusti”, una posizione rischiosa ma potenzialmente molto redditizia. Tuttavia, essere controcorrente e sbagliati conduce al fallimento, il che sottolinea l’importanza di un’analisi approfondita.

Per gli investitori individuali, questo significa avere il coraggio di sfidare le mode di mercato, come l’euforia per le azioni tecnologiche durante una bolla, ma solo dopo una valutazione fondamentale rigorosa. Il fondo utilizza un “simulatore di investimento” per aiutare i gestori a imparare dai propri errori, analizzando la loro storia di trading. Un investitore personale può adottare un approccio simile tenendo un diario delle proprie decisioni, riflettendo su ciò che ha funzionato e cosa no per affinare la propria strategia.

Tecnologia e AI: Il Futuro della Gestione Finanziaria

Un altro elemento chiave del successo del fondo è la sua adozione della tecnologia, in particolare dell’intelligenza artificiale . Con 35 milioni di transazioni annuali, il fondo opera come una delle principali aziende tecnologiche della Norvegia, con processi altamente automatizzati e tutto ospitato nel cloud. Sorprendentemente, il 40% dei dipendenti contribuisce con codice alla banca centrale del fondo, e l’AI è integrata in ogni aspetto, dal trading alla riduzione dei costi.

Tangen racconta che l’AI ha migliorato l’efficienza del 15% in un solo anno, con applicazioni che vanno dall’ottimizzazione delle operazioni di trading alla gestione dei cambiamenti degli indici. Ad esempio, i modelli di AI aiutano a decidere se vendere un titolo il lunedì e riacquistarlo il venerdì per sfruttare le dinamiche di mercato. Per gli investitori personali, questo suggerisce di esplorare strumenti di analisi finanziaria basati su AI, come robo-advisor o app di gestione del budget, per prendere decisioni più informate e ridurre i costi operativi.

La Psicologia degli Investimenti: Lezioni dallo Sport

Un aspetto originale della strategia del fondo è l’uso di psicologi dello sport per migliorare le performance dei gestori. Tangen spiega che collaborare con uno psicologo dello sport è percepito come un segno di forza, a differenza di un normale psicologo che potrebbe suggerire una debolezza. Questi professionisti aiutano i gestori a concentrarsi sul processo piuttosto che sul risultato, riducendo lo stress e aumentando la resilienza nei periodi difficili.

Questa lezione è preziosa per gli investitori individuali. La finanza è un campo emotivo, dove la paura di perdere denaro o l’euforia di un mercato in rialzo possono portare a decisioni sbagliate. Adottare una mentalità orientata al processo – come stabilire regole chiare per comprare e vendere, o rivedere il portafoglio senza farsi influenzare dalle fluttuazioni giornaliere – aiuta a mantenere la disciplina e a evitare mosse impulsive.

Leadership e Cultura Aziendale: Uno Sguardo ai CEO

Attraverso il suo podcast, Tangen ha intervistato numerosi CEO di successo, notando un’evoluzione negli stili di leadership. Osserva una tendenza verso modelli più democratici, con strutture più piatte e maggiore consenso, accelerata dai social media e dalla digitalizzazione. In particolare, evidenzia l’ascesa dello stile di leadership indiano, caratterizzato da umiltà, empatia e un focus su obiettivi più grandi dell’individuo. Leader come Satya Nadella trattano i dipendenti con rispetto e evitano licenziamenti frettolosi, una strategia che può sembrare rischiosa a breve termine ma che spesso porta a migliori risultati a lungo termine.

Per gli investitori, questo sottolinea l’importanza di valutare la qualità della gestione e la cultura aziendale quando si scelgono le azioni. Due aziende nello stesso settore possono sembrare simili, ma una cultura forte e una leadership empatica possono fare la differenza tra successo e fallimento. Rapporti annuali, interviste ai CEO e analisi ESG possono aiutare a identificare aziende con una governance solida.

Gestire la Volatilità: Restare sulla Rotta

Tangen ha affrontato anche la sfida di gestire le aspettative durante la volatilità dei mercati. Nel 2022, il fondo ha registrato una perdita significativa, ma ha comunque superato il suo benchmark. Al contrario, il 2023 e il 2024 sono stati anni eccezionali, con profitti superiori a 220 miliardi di dollari nel 2023. Come gestire le pressioni da stakeholder politici o cittadini che potrebbero non comprendere la prospettiva a lungo termine? La risposta è nella trasparenza e nella gestione delle aspettative.

Comunicando chiaramente il mandato e il budget di rischio (misurato come tracking error, che consente una deviazione fino all’1,25% dall’indice in due anni su tre), il fondo evita sorprese. Questo approccio assicura che anche durante i ribassi, gli stakeholder comprendano la strategia. Per gli investitori personali, ciò evidenzia l’importanza di stabilire obiettivi finanziari chiari e comunicarli a familiari o consulenti. Un piano di investimento ben definito, con aggiornamenti regolari, aiuta a superare le tempeste di mercato senza cedere al panico.

Proprietà Attiva: Un Ruolo da Protagonisti

Il fondo si distingue anche per la sua proprietà attiva. Pur seguendo quasi 9.000 azioni, si impegna attivamente con 800 aziende, tenendo circa 3.000 incontri annuali e votando su oltre 100.000 risoluzioni in quasi 10.000 assemblee generali. Annunciando in anticipo le sue intenzioni di voto, il fondo influenza altri azionisti, amplificando il suo impatto a quasi il 5% dei voti globali. Questo approccio proattivo alla governance assicura che le aziende in cui investe siano allineate alla creazione di valore a lungo termine.

Per gli investitori individuali, la proprietà attiva si traduce nel rimanere informati sulle aziende del proprio portafoglio. Partecipare alle assemblee degli azionisti, leggere i rapporti annuali o seguire le chiamate con gli investitori può fornire informazioni preziose sulla direzione e la governance di un’azienda. Anche se i singoli investitori hanno meno influenza, l’azione collettiva attraverso il voto per delega o l’attivismo degli azionisti può fare la differenza.

Il Futuro degli Investimenti: Diversificazione ed Esperienze

Alla domanda su dove investirebbe un dollaro oggi, Tangen offre una risposta pragmatica e filosofica. Per i mercati finanziari, raccomanda diversificazione e un approccio a lungo termine, un consiglio valido per ogni investitore. Tuttavia, pone maggiore enfasi sull’investire in istruzione ed esperienze con familiari e amici. “L’istruzione è il miglior investimento che puoi fare”, afferma, seguita dalla spesa per connessioni significative, che secondo lui porta la maggiore felicità nel tempo.

Questa prospettiva è un promemoria rinfrescante per gli appassionati di finanza personale. Sebbene costruire ricchezza sia importante, destinare risorse alla crescita personale e alle relazioni può migliorare il benessere complessivo. Ad esempio, includere nel budget un corso di pianificazione finanziaria o una vacanza in famiglia può offrire rendimenti che vanno oltre i guadagni monetari, arricchendo la vita in modi che un portafoglio azionario non può.

Conclusione: Una Guida per la Finanza Personale

Le intuizioni di Nikolai Tangen sulla gestione del più grande fondo sovrano del mondo offrono una lezione magistrale per investitori di ogni livello. I punti chiave per la finanza personale includono:

  1. Pensa a Lungo Termine: Come il fondo norvegese, dai priorità alla crescita sostenibile rispetto ai guadagni immediati. Costruisci un portafoglio diversificato e mantieni il tuo piano, anche durante la volatilità.
  2. Sii Trasparente: Tieni registrazioni dettagliate dei tuoi investimenti e rivedi regolarmente la tua strategia per rimanere allineato ai tuoi obiettivi.
  3. Sii Controcorrente, con Saggezza: Cerca opportunità dove gli altri vedono rischio, ma sostieni le tue decisioni con una ricerca approfondita per evitare errori costosi.
  4. Sfrutta la Tecnologia: Usa strumenti come robo-advisor o app di budgeting per ottimizzare le tue decisioni finanziarie e ridurre i costi.
  5. Concentrati sul Processo: Adotta un approccio disciplinato agli investimenti, enfatizzando il processo rispetto ai risultati per rimanere resiliente nei momenti difficili.
  6. Investi in Te Stesso: Dai priorità all’istruzione ed esperienze, poiché offrono rendimenti composti in conoscenza e felicità.

Il consiglio finale di Tangen ai giovani – seguire la propria passione, dare priorità all’apprendimento e rimanere aperti al cambiamento – risuona profondamente nel contesto della finanza personale. Investire non riguarda solo il denaro; si tratta di comprendere il mondo, abbracciare la complessità e costruire una vita di scopo e realizzazione. Mentre navighi nel tuo percorso finanziario, prendi spunto dal playbook norvegese: resta curioso, resta disciplinato e investi in ciò che conta davvero.

QUI la puntata originale

Manuale dell’investitore riluttante: prima risparmia, poi ne riparliamo

Ho deciso di battezzare la home page del mio blog “Un Blog di Risparmio Personale” per due motivi molto semplici.

Perché proprio “risparmio personale”?

Primo, “Un blog di finanza personale” era già preso – no, scherzo! In realtà, il nome mi serve come promemoria per me stesso: la parola magica “RISPARMIO”. Per anni ho snobbato la sua potenza, ma ora, grazie anche a Martina (la mia paziente compagna), ho finalmente aperto gli occhi sulla sua importanza. Non che sia diventato un guru del risparmio alla Mr. RIP o un monaco della frugalità come Jacob Lund Fisker, eh, sia chiaro! Però oggi voglio condividere con voi, in questo articoletto e sul mio blog, il mio personalissimo “manuale dell’investitore”, frutto delle mie esperienze e delle influenze che mi stanno guidando.

Regola numero uno: risparmia prima di investire

Ve lo dico con il cuore in mano e un po’ di lividi in testa: prima di buttarti negli investimenti, RISPARMIA. Risparmia come se non ci fosse un domani e costruisciti un fondo di emergenza. 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi, fate voi, ma mettete da parte quei benedetti soldi!

Io l’ho letto mille volte, ma niente, non ci sono mai arrivato preparato. E indovinate un po’? Ci ho sbattuto il muso più volte. Dover vendere in perdita o disinvestire perché ti servono i soldi è un colpo al cuore, oltre che una bella lezione di umiltà.

Certo, tra i grandi investitori c’è chi ride di questa strategia: “Fondo di emergenza? Ma per favore!”. E va bene, rispetto per loro, ma quelli magari hanno case di proprietà a rendita, uno zio milionario o un paracadute finanziario che io – e forse anche tu – non abbiamo. Quindi, per noi comuni mortali che non vogliamo dipendere da nessuno, il mio consiglio spassionato è: apri un conto deposito, magari un ETF monetario, e inizia a versarci qualcosa. Anche poco all’inizio, giusto per toglierti lo sfizio di investire, e poi via con bonifici automatici periodici.

Le cicatrici del backtest

Questa è la mia strategia, nata dopo aver dovuto disinvestire più volte negli anni. Credimi, ci sono passato: leggi un libro, ascolti un podcast e ti senti subito Gordon Gekko pronto a conquistare Wall Street. Spoiler: non lo sei.

Sì, lo so, risparmiare è una rottura. È pesante, ti frustra, sembra di vivere da eremita. Ma, fidati di me, metti da parte quei maledetti soldi. È un consiglio da amico, giuro. Solo dopo aver costruito questo cuscinetto di sicurezza puoi iniziare a investire sul serio.

E qui arriva il mio secondo errore epico: sono andato a spulciare i portafogli di gente che ne sa molto piu di me e magari o sciuramente ha milioni investiti , facendo backtest su backtest per trovare quel microscopico aggiustamento che mi desse lo 0,01% di profitto in più o lo 0,002% di volatilità in meno.

Altro consiglio da amico: evita di buttarti a capofitto, o almeno agisci con consapevolezza! La chiave di tutto è risparmiare e investire con criterio. Poi, come secondo step, punta a far crescere le tue entrate, il tuo income, come direbbe il mitico Nick Maggiulli. E ora vai, conquista il mondo finanziario…

Crea un circolo virtuoso

E questa capacità cresce se riesci ad aumentare il tuo stipendio, creando un circolo virtuoso di risparmio ancora più potente.

In questo approccio, maestri come Mr. Money Mustache, Jacob Lund Fisker e il nostro Giorgio nazionale sono le mie bussole. Leggete il blog di Nicola Protasoni uno dei migliori blog sull’argomento.

Resistere al consumismo: la vera sfida

Quindi, ascolta podcast come The Bull, segui Giorgio, leggi Jacob e impara dai fenomeni del risparmio. Resistere al consumismo è una battaglia quotidiana: la pubblicità ti bombarda, il vicino sfoggia l’auto nuova, il collega l’orologio figo. Ogni giorno ti svegli e combatti contro le rate, il debito, la voglia di spendere. E quando sei in crisi, accendi un podcast, leggi un blog tipo Retire in Progress, sfoglia un libro che ti rimetta in carreggiata.

L’80% delle cose che desideri è inutile e ti incatena. Il debito? È il nemico numero uno del risparmio. E se ci aggiungi gli interessi, eccoti la ricetta per la “tempesta perfetta”: lavori fino alla morte (se ti va bene) o lasci pure debiti in eredità.

Il mio mantra

Il mio mantra è semplice: evita debiti inutili, non sprecare soldi, risparmia il più possibile e fatti pagare quello che vali.

Spero che questo possa aiutare qualcuno là fuori, magari quando sta per cedere, quando sta per dilapidare 10.000 euro sudati o quando si sente a terra. Non sei solo: se tieni la barra dritta, un giorno riderai ripensando a tutto questo.

Parola di uno che sta nella tua stessa barca!

How Not to Invest

Quando le persone cercano consigli sugli investimenti, di solito vogliono sapere cosa dovrebbero fare. Vogliono indicazioni precise, un elenco di mosse da seguire. Ad esempio, potrebbero chiedersi: “Dovrei comprare azioni Nvidia?” oppure “È il momento di vendere i miei titoli internazionali?” o magari qualcos’altro. Desiderano una soluzione chiara, una ricetta per investire i loro soldi.

Ma alcuni dei migliori consigli in materia di investimenti non ti dicono cosa fare, bensì cosa non fare. Questo approccio è stato reso celebre da Charles Ellis nel suo libro del 1998, Winning the Loser’s Game. La sua idea era che per “vincere” nel gioco degli investimenti non servisse per forza scovare la prossima grande occasione, ma bastasse evitare errori costosi. In altre parole, invece di cercare di fare più fuoricampo, l’importante è ridurre gli strike.

Se ci pensi, considerando la natura dei mercati e degli investimenti, questo tipo di “anti-consiglio” ha perfettamente senso. Come recita un detto: “Le azioni salgono per le scale, ma prendono l’ascensore per scendere.” Visto che negli investimenti puoi perdere un sacco di soldi in poco tempo, capisci perché concentrarsi su cosa non fare possa essere molto più efficace rispetto ad altri ambiti.

Ed ecco che oggi Barry Ritholtz riprende questa filosofia nel suo nuovo libro, How Not to Invest, una guida completa su tutto ciò che non dovresti fare quando investi. Dal controllare comportamenti dannosi al riconoscere dati fuorvianti (e molto altro), il libro è un vero e proprio compendio degli errori più comuni negli investimenti e di come evitarli. Ritholtz passa in rassegna praticamente ogni pregiudizio e passo falso legato agli investimenti di cui tu abbia mai sentito parlare (e molti di cui probabilmente non sapevi nulla).

La mia parte preferita del libro si intitola “Errori Evitabili”, dove si analizza come persino le persone benestanti possano inciampare in trappole finanziarie. Una storia racconta di una famiglia miliardaria che è riuscita a investire in Enron, Bernie Madoff e FTX. Ti viene in mente una tripletta peggiore di frodi finanziarie? Oppure che dire di quei due consulenti che sono diventati miliardari spillando commissioni esorbitanti ai loro clienti per anni? Tutto questo, e altro ancora, lo trovi in How Not to Invest.

Ma questo post non è una recensione del libro. È un promemoria: tutti noi commettiamo errori quando investiamo. Detto questo, di seguito ti racconto alcuni dei miei passi falsi finanziari degli ultimi anni.


Investire nelle Aziende degli Amici

Forse ricorderai la mia esperienza in cui ho perso qualche migliaio di dollari con le altcoin o quello che è successo quando possedevo azioni singole, ma questi sono nulla in confronto a quanto probabilmente ho perso con investimenti privati. Dico “probabilmente” perché tutte le aziende private in cui ho investito esistono ancora. Tuttavia, per quanto ne so, oggi valgono meno di quanto fossero stimate nel 2021, quando ho messo i miei soldi.

Nel 2021, sembrava che chiunque stesse investendo in aziende private, criptovalute o qualsiasi cosa su cui riuscisse a mettere le mani. Beh, anch’io ero della partita. Alcuni amici di amici avevano startup che cercavano finanziamenti, e io avevo qualche soldo extra da parte.

Così, ho finito per investire in tre aziende private che mi erano state segnalate tramite la mia rete di conoscenze. Ognuna mi è stata presentata come un’opportunità esclusiva, non aperta al pubblico. Tecnicamente era vero, ma era altrettanto vero che le valutazioni di queste aziende erano gonfiate. Solo che allora non lo sapevo.

Da quando ho fatto quegli investimenti, due di queste tre aziende hanno affrontato un “down round” (cioè hanno raccolto fondi a una valutazione inferiore), e una ha meno di 9 mesi di liquidità prima di fallire. Certo, è possibile che una di queste venga venduta per miliardi e io recuperi tutto con gli interessi. Ma, a giudicare dalle loro performance dal 2021 a oggi, non ci spererei troppo.

L’unica cosa che mi ha salvato con questi investimenti privati è che ho messo sul piatto solo il 5% del mio patrimonio netto dell’epoca. Eppure, vedere il 5% del tuo patrimonio svanire non è facile per nessuno. Ecco perché ho smesso con gli investimenti privati. Non investo più in qualcosa solo perché arriva dalla mia rete di contatti. Non sto dicendo che non lo farò mai più, ma per ora ho imparato la lezione.


Prevedere le Politiche Fiscali Future (e Agire di Conseguenza)

Non tutti i miei errori riguardano cosa ho scelto di comprare. Alcuni hanno a che fare con il quando ho preso certe decisioni. L’ultimo errore di tempistica è stato vendere un mucchio di azioni nel mio conto di intermediazione, convinto che le tasse sui guadagni di capitale sarebbero aumentate con una presidenza di Kamala Harris.

Ovviamente non sapevo se avrebbe vinto o perso le elezioni, ma ero abbastanza sicuro che, in caso di vittoria, le aliquote sarebbero salite. Così, ho realizzato alcuni guadagni per proteggermi da questa possibilità.

Col senno di poi, è stato chiaramente un errore. Probabilmente ho pagato più tasse su alcuni investimenti di quanto avrei fatto tenendoli semplicemente in portafoglio.

Nel grande schema delle cose, non è un errore gravissimo, ma il comportamento che c’è dietro sì. Ho fatto un po’ di “market timing” basandomi sulla mia previsione sulle future politiche fiscali.

Non è la prima volta che lo faccio, tra l’altro. Questo dimostra quanto sia difficile azzeccare decisioni del genere. Se nel 2015 mi avessi detto che le tasse sul reddito sarebbero scese in futuro, avrei risposto: “Impossibile.” Avevo torto allora e ho avuto torto anche l’anno scorso sulle aliquote dei guadagni di capitale.

Non prendere decisioni finanziarie basandoti su possibili cambiamenti futuri nelle politiche fiscali. Aspetta che il cambiamento sia confermato, poi fai la scelta migliore possibile. Mi ringrazierai dopo.


Essere Pigro con i Propri Soldi

Nonostante scriva di finanza personale e investimenti ogni settimana, a volte sono sorprendentemente pigro con alcuni aspetti del mio denaro. Un esempio? Non aver completato anni fa la configurazione del mio account TreasuryDirect per accedere agli I bond. Gli I bond sono obbligazioni il cui interesse varia ogni sei mesi in base all’inflazione.

Sapevo degli I bond già nel 2022, ma ho finito di configurare il mio account solo di recente. Il problema è che, per qualche motivo assurdo, sono stato segnalato per verificare la mia identità con un processo separato su TreasuryDirect. Mi sembrava una scocciatura, così ho deciso di lasciar perdere. Sono stato pigro.

Ripensandoci, non è stata una gran mossa: avrei potuto guadagnare di più sui miei soldi mentre l’inflazione galoppava negli ultimi anni. Tra tutti gli errori elencati qui, questo è senz’altro il meno grave. Eppure, dimostra come anche chi si interessa a queste cose (cioè io) possa procrastinare su certi aspetti delle proprie finanze.

Purtroppo, puoi permetterti di essere pigro coi tuoi soldi solo dopo aver messo in piedi i processi giusti. Solo allora puoi permetterti di pensarci meno. Ma quando ci sono grandi cambiamenti nell’economia (inflazione, crolli di mercato, ecc.), non è il momento di rilassarsi. Io l’ho fatto e ho perso chissà quanto per questo.

Fortunatamente, tu non devi seguire la stessa strada. Puoi imparare dai miei errori (o da quelli di chiunque altro).


La Morale (Puoi Imparare da Chiunque)

Commettere errori fa parte del processo di investimento. Anche gli investitori di successo hanno avuto la loro dose di scivoloni. Non conosco nessuno che non ne abbia fatti.

Ed è proprio questo che rende gli errori di investimento preziosi, diversamente dai punti di forza. Sono universali e puoi impararli da chiunque. Davvero. Non devi essere bravo a scegliere azioni come Warren Buffett per insegnarmi qualcosa su un tuo passo falso. Non devi saper leggere un bilancio come Aswath Damodaran per mettermi in guardia sui pericoli di un certo investimento.

Siamo tutti uguali quando si tratta di condividere i nostri errori. C’è una certa bellezza in questo. È un’esperienza umana condivisa. Sta a te decidere se vuoi imparare da queste esperienze altrui.

Buon investimento e grazie per aver letto!

Articolo Originale di Nick Maggiulli : https://ofdollarsanddata.com/how-not-to-invest/

Why Do People Suck At Money?

Dead on the Money

Perché le Persone Faticano con i Soldi? Le 5 Ragioni Principali e Come Migliorare

Gestire il denaro è una sfida che accomuna molte persone, indipendentemente dal reddito o dal background. Nel primo episodio del podcast Dead on the Money, i gestori finanziari Richard Coffin e Derek Dedman esplorano le ragioni per cui così tante persone trovano difficile amministrare le proprie finanze, offrendo al contempo strategie pratiche per migliorare. Questo articolo riassume i punti chiave del loro discorso, approfondendo le cinque cause principali delle difficoltà finanziarie e fornendo consigli utili per trasformare le cattive abitudini in comportamenti virtuosi. Che tu sia un principiante o un esperto di finanza personale, c’è qualcosa da imparare per tutti.

La Realtà delle Difficoltà Finanziarie

Le statistiche parlano chiaro: gestire il denaro non è un’abilità innata per la maggior parte di noi. In Canada, un sondaggio di Ipsos del 2015 ha rivelato che il 66% delle persone ammette di avere abitudini finanziarie che necessitano di miglioramenti. Circa il 50% dei canadesi e il 70% degli americani vive di stipendio in stipendio, con poco o nessun margine per il risparmio. In Canada, il rapporto tra debito delle famiglie e reddito disponibile è il più alto tra i paesi del G7, raggiungendo il 185%. Negli Stati Uniti, le spese mediche inaspettate sono la principale causa di bancarotta, mentre in Canada l’eccessivo ricorso al credito è il fattore dominante. Questi numeri evidenziano una verità scomoda: le difficoltà finanziarie sono diffuse e complesse.

Ma perché così tante persone faticano a gestire i propri soldi? Richard e Derek individuano cinque cause principali: fattori idiosincratici, mancanza di educazione finanziaria, variabili macroeconomiche, pregiudizi comportamentali e influenze sociali. Esaminiamo ciascuna di queste cause e scopriamo come affrontarle per migliorare la nostra salute finanziaria.

1. Fattori Idiosincratici: Quando la Sfortuna Colpisce

La vita è imprevedibile, e anche le persone più attente possono trovarsi in difficoltà finanziarie a causa di eventi inaspettati. Una bolletta medica improvvisa, la perdita del lavoro o una riparazione costosa possono mandare in tilt anche il budget più accurato. Negli Stati Uniti, le spese mediche sono la principale causa di bancarotta, mentre in Canada l’eccessivo indebitamento è un problema comune. Questi eventi, definiti “idiosincratici” perché unici per ciascun individuo, non dipendono necessariamente da cattive abitudini, ma dalla sfortuna o da circostanze fuori dal nostro controllo.

Come affrontarli: Non possiamo prevedere ogni imprevisto, ma possiamo prepararci. Creare un fondo di emergenza con almeno 3-6 mesi di spese essenziali è un ottimo punto di partenza. Inoltre, assicurazioni adeguate (come quelle sanitarie o di viaggio) possono mitigare l’impatto finanziario di eventi imprevisti. La chiave è pianificare in anticipo per ridurre la vulnerabilità a questi shock.

2. Mancanza di Educazione Finanziaria: Un Gap nel Sistema

Uno dei motivi principali per cui le persone faticano con i soldi è la mancanza di un’educazione finanziaria di base. In Canada, l’alfabetizzazione finanziaria non è stata tradizionalmente parte del curriculum scolastico, e anche se alcune province come la Columbia Britannica hanno introdotto programmi in tal senso, l’implementazione rimane frammentaria. Derek racconta di un cliente che, da giovane, non sapeva che non pagare una bolletta telefonica avrebbe danneggiato il suo punteggio di credito, portandolo a essere rifiutato per un prestito auto anni dopo. Questa ignoranza delle basi finanziarie è comune e può avere conseguenze durature.

Negli Stati Uniti, la situazione non è molto diversa, e anche paesi come la Norvegia, leader nell’educazione finanziaria, mostrano alti livelli di debito delle famiglie. Questo dimostra che l’educazione da sola non è sufficiente, ma rimane un pilastro fondamentale per prendere decisioni informate.

Come affrontarli: Colmare il gap educativo richiede iniziativa personale. Libri, podcast, blog e corsi online possono aiutare a imparare le basi della gestione del denaro, come il budgeting, il funzionamento del credito e l’importanza del risparmio. Programmi di volontariato nelle scuole, come quelli a cui Richard ha partecipato, stanno cercando di introdurre concetti finanziari ai giovani, ma gli adulti devono assumersi la responsabilità di autoeducarsi. Iniziare con piccoli passi, come leggere un libro di finanza personale o seguire un canale YouTube affidabile come The Plain Bagel di Richard, può fare la differenza.

3. Variabili Macroeconomiche: Un Sistema che Non Aiuta

Le condizioni economiche più ampie giocano un ruolo significativo nelle difficoltà finanziarie. Negli ultimi vent’anni, il costo della vita è aumentato drasticamente, mentre i salari non hanno tenuto il passo. In Canada, il rapporto tra il prezzo medio di una casa e il reddito mediano è passato da 4,2 nel 2004 a 7,7 nel 2024. Negli Stati Uniti, è aumentato da 6,0 a 7,2 nello stesso periodo. L’inflazione, soprattutto nel 2023, ha reso beni essenziali come alimentari e utenze più costosi, con Derek che nota come una spesa settimanale possa facilmente superare i 180 dollari per poche necessità.

Questi fattori sistemici, come l’aumento dei tassi di interesse e la scarsità di alloggi a prezzi accessibili, rendono la gestione del denaro più difficile. La “premiumizzazione” del mercato immobiliare, con costruttori che si concentrano su proprietà di fascia alta, lascia meno opzioni per chi cerca soluzioni abitative economiche.

Come affrontarli: Sebbene non possiamo controllare l’economia, possiamo adattarci. Ridurre le spese discrezionali, come mangiare fuori o abbonamenti non essenziali, può liberare risorse per affrontare costi crescenti. Inoltre, esplorare opzioni abitative alternative, come affittare invece di comprare in mercati costosi, o considerare città meno care, può alleviare la pressione finanziaria. Infine, investire in modo intelligente per combattere l’inflazione a lungo termine è cruciale, anche se richiede di superare la paura delle fluttuazioni di mercato.

4. Pregiudizi Comportamentali: La Battaglia con il Nostro Cervello

La finanza comportamentale, un campo in cui Derek si è specializzato, ci insegna che il nostro cervello non è naturalmente predisposto per gestire il denaro. Daniel Kahneman, vincitore del Premio Nobel, ha dimostrato che gli esseri umani non sono i decisori razionali ipotizzati dall’economia tradizionale. Pregiudizi cognitivi ed emotivi influenzano le nostre scelte finanziarie, spesso portandoci a decisioni irrazionali.

  • Pregiudizi cognitivi: Il base rate neglect ci porta a ignorare le probabilità reali, come credere che un’azione rischiosa possa arricchire rapidamente. Il confirmation bias ci spinge a cercare solo informazioni che confermano le nostre convinzioni, mentre il mental accounting ci fa trattare il denaro in modo diverso a seconda della sua fonte (ad esempio, spendere una vincita più facilmente di uno stipendio).
  • Pregiudizi emotivi: La loss aversion ci rende più sensibili alle perdite che ai guadagni, portandoci a evitare investimenti per paura di perdere. Il self-control bias ci spinge a cercare gratificazioni immediate invece di obiettivi a lungo termine, come il risparmio per la pensione. Lo status quo bias ci rende riluttanti a cambiare, facendoci mantenere abbonamenti inutili o abitudini di spesa dannose.
  • Scarsità mentale: Quando siamo stressati o sopraffatti, la nostra “larghezza di banda mentale” si riduce, portandoci a prendere decisioni rapide e spesso sbagliate, come affidarci a prestiti a breve termine.

Come affrontarli: La consapevolezza è il primo passo. Riconoscere questi pregiudizi permette di mitigarli. Ad esempio, automatizzare il risparmio o gli investimenti (come la strategia di Ulisse, che Derek descrive) elimina la tentazione di spendere. Creare routine, come controllare regolarmente il budget, riduce la dipendenza dalla motivazione. Lavorare con un consulente finanziario può anche fornire una prospettiva obiettiva, aiutando a evitare errori dettati dall’emotività.

5. Influenze Sociali: Il Potere del Nostro Ambiente

Le persone che ci circondano influenzano profondamente le nostre abitudini finanziarie. Se i tuoi amici o familiari hanno cattive abitudini di spesa, è più probabile che le adotti anche tu. Derek racconta di una coppia con un reddito elevato che faticava a risparmiare perché cercava di “tenere il passo” con un circolo sociale ancora più ricco, spendendo in viaggi e attività ben oltre i loro mezzi. Al contrario, crescere con genitori che insegnano la gestione del denaro, come nel caso di Derek, può instillare abitudini virtuose.

La “terapia finanziaria”, un campo emergente, esplora come i comportamenti finanziari siano spesso radicati in esperienze passate o dinamiche familiari. Ad esempio, chi è cresciuto in una famiglia dove il denaro era un tabù potrebbe evitare di affrontarlo, perpetuando cattive abitudini.

Come affrontarli: Circondati di persone che condividono i tuoi obiettivi finanziari, come amici che valorizzano la frugalità o il risparmio. Non si tratta di abbandonare chi spende troppo, ma di riconoscere la loro influenza e stabilire limiti. Parlare apertamente di denaro con la famiglia, soprattutto con i figli, può rompere il ciclo delle cattive abitudini. Insegnare ai bambini il valore del risparmio e del credito responsabile, come ha fatto il padre di Derek, crea una base solida per il futuro.

Strategie per Migliorare: Piccoli Passi, Grandi Risultati

Dopo aver identificato le cause delle difficoltà finanziarie, Richard e Derek propongono strategie pratiche per migliorare. La chiave è rendere la gestione del denaro il più semplice possibile, concentrandosi su abitudini e routine piuttosto che su motivazione temporanea.

  1. Guarda i Numeri: Il primo passo è affrontare la realtà. Creare un budget dettagliato, monitorando entrate, uscite, asset e debiti, ti dà una chiara immagine della tua situazione finanziaria. Anche se può essere doloroso, conoscere i numeri è essenziale per pianificare il futuro.
  2. Automatizza le Buone Decisioni: Ispirata alla strategia di Ulisse, automatizzare il risparmio (ad esempio, impostando bonifici automatici verso un conto di investimento) elimina la tentazione di spendere. Aumentare i contributi al risparmio ogni volta che il tuo stipendio cresce è un modo per costruire ricchezza senza sforzo.
  3. Trova l’Equilibrio: Non si tratta di eliminare ogni piacere, ma di bilanciare le spese di oggi con gli obiettivi di domani. Derek, ad esempio, ha investito in un campo da pallavolo sulla spiaggia, ma solo quando era finanziariamente pronto, senza sacrificare altri obiettivi.
  4. Educa Te Stesso: Leggi libri come Scarcity o Thinking, Fast and Slow per comprendere i pregiudizi comportamentali. Segui risorse affidabili per imparare le basi della finanza personale.
  5. Sii Disciplinato, Non Solo Motivato: La disciplina batte la motivazione. Piccoli passi costanti, come risparmiare una piccola percentuale ogni mese, portano a risultati significativi nel tempo.

Conclusione: Un Viaggio Verso la Libertà Finanziaria

Le difficoltà finanziarie sono complesse e radicate in una combinazione di fattori personali, sistemici e psicologici. Tuttavia, riconoscere queste sfide è il primo passo per superarle. Che si tratti di prepararsi agli imprevisti, colmare le lacune educative, navigare le pressioni economiche, gestire i pregiudizi comportamentali o scegliere influenze sociali positive, ogni piccolo cambiamento conta.

Richard e Derek ci ricordano che non si tratta di essere perfetti, ma di essere un po’ migliori ogni giorno. Con disciplina, consapevolezza e le giuste strategie, chiunque può trasformare la propria relazione con il denaro, costruendo un futuro finanziario più sicuro e soddisfacente. Inizia oggi: guarda i tuoi numeri, automatizza un risparmio, leggi un libro. Il tuo futuro te ne sarà grato.

QUI la puntata originale

Inflazione, Panda e Caffè: diario di un italiano con la Lira !!

Sveglia alle 7:00, il gallo canta ancora nel cortile della casa di campagna dove vivo, perché sì, nel 2025 con la lira non mi sono potuto permettere un monolocale a Roma. Mi alzo, infilo le pantofole e accendo la macchinetta del caffè. Sul tavolo c’è un mazzetto di banconote sgualcite: 10.000 lire, 5.000 lire, qualche mille lire con l’effigie di Montessori che mi guarda come a dire “Spendimi con saggezza”. Il caffè costa 2.000 lire al bar sotto casa, ma lo preparo io: con l’inflazione che galoppa al 6% annuo, ogni lira conta.

Esco per andare al lavoro, un impiego da impiegato statale che mi frutta 6 milioni di lire al mese. Non male, diresti, ma poi ti ricordi che una pagnotta ne costa 5.000 e un litro di benzina 4.000. La mia vecchia Fiat Panda del ‘98 è ancora viva, un miracolo di ingegneria e preghiere, perché comprarmene una nuova con questi tassi d’interesse sarebbe fantascienza. I mutui? Roba da matti: il mio collega Marco ha firmato per una casa a 200 milioni di lire, e ora paga una rata da 2 milioni al mese con un tasso del 12%. “Tanto ho il posto fisso,” dice lui, ma ha lo sguardo di chi ha visto un fantasma.

Cammino verso l’ufficio e passo davanti a una boutique di moda. Il cartello dice “Made in Italy – 100% esportabile!”. È vero, la lira svalutata fa felici gli stranieri: un turista americano entra e con 100 dollari si porta via una borsa di pelle che a me costerebbe mezzo stipendio. Io, al massimo, mi compro una cintura tarocca al mercato per 20.000 lire. Il “Made in Italy” è un sogno per gli altri, mentre noi qui lottiamo con il costo del grano importato: una pizza margherita al ristorante? 30.000 lire, e ringrazia che il pomodoro è nostrano.

A pranzo, apro il portafoglio e conto: 50.000 lire per una settimana di spesa. Mi arrangio con pasta, uova delle galline della zia e un po’ di verdura dell’orto. I risparmi? Li tengo in BOT a 6 mesi, perché il conto corrente dà un interesse ridicolo e l’inflazione mi mangia tutto. Mio nonno mi ha lasciato un lingottino d’oro, lo conservo in cantina insieme a una scatola di vecchie 500 lire d’argento: “Valgono più di quello che pensi,” mi ripeteva sempre.

Nel pomeriggio, in ufficio, si parla del debito pubblico. I giornali titolano “Nuovo record: 5.000 trilioni di lire!”. I BTP rendono il 9%, ma nessuno si fida più di tanto. Le tasse sono una stangata, perché lo Stato deve pagare gli interessi ai creditori stranieri che ci guardano con sospetto. La sanità zoppica: per una visita specialistica ho aspettato sei mesi, ma almeno il medico di base è gratis, anche se ha la fila come al mercato il sabato.

Torno a casa e accendo la TV. Pubblicità di viaggi: “Venezia, la meta più economica d’Europa!”. Gli stranieri ci invadono, e con ragione: con 1 dollaro si prendono 2.000 lire, e un piatto di spaghetti a Trastevere gli costa meno di un hot dog a New York. Io, invece, sogno Parigi, ma con il cambio a 2.000 lire per 1 euro, mi sa che mi fermo a Ostia. “Tanto c’è il mare,” mi dico, consolandomi con un gelato da 3.000 lire.

La sera, mi siedo sul divano con un bicchiere di vino da 10.000 lire la bottiglia (un lusso, lo so). Rifletto: vivere con la lira è un caos affascinante. Siamo orgogliosi, indipendenti, ma sempre con il fiato corto. La radio passa “Volare” di Modugno, e per un attimo mi sento ricco, anche se il portafoglio dice altro. Domani è un altro giorno, e con un po’ di astuzia e un pizzico di fortuna, magari metto da parte abbastanza lire per un weekend in montagna. O almeno per un altro caffè.

Is There a Problem with Passive Investing?

Gli investimenti passivi hanno assolutamente rivoluzionato il panorama degli investimenti per gli investitori individuali. Non solo hanno drasticamente ridotto i costi di proprietà degli asset, ma lo hanno fatto offrendo al contempo rendimenti solidi. Ciò che è iniziato come un’idea radicale per comprare l’intero mercato senza preoccuparsi di scegliere i vincitori rappresenta oggi il 57% di tutti gli asset dei fondi azionari, per un valore di oltre 13 trilioni di dollari.

Tuttavia, con la rapida ascesa della proprietà passiva, alcuni investitori hanno iniziato a lanciare l’allarme. L’avvertimento più recente è arrivato da Chamath Palihapitiya, che ha dichiarato che gli investitori passivi al dettaglio andranno incontro a un “brusco risveglio se la situazione non viene affrontata.” Lasciando da parte l’ironia di Palihapitiya che “si preoccupa” per gli investitori individuali (dopo averne approfittato per 750 milioni di dollari attraverso i suoi SPAC falliti), la sua critica merita una risposta equa.

Palihapitiya fa parte di un crescente gruppo di investitori professionisti che denunciano i rischi degli investimenti passivi. Tra questi, nessuno è più esplicito di Michael Green. Green, ex gestore di hedge fund e attuale Portfolio Manager e Chief Strategist presso Simplify, ritiene che ci sia una bolla passiva pronta a scoppiare. Se vuoi capire meglio le opinioni di Green, consiglio di leggere questo ottimo profilo su di lui.

Sebbene non analizzerò tutti gli argomenti di Green, le maggiori critiche agli investimenti passivi si riducono essenzialmente a tre punti:

  1. Distorsione dei prezzi: Gli investimenti passivi distorcono i prezzi di mercato, creando un effetto momentum che rende le azioni più grandi ancora più grandi.
  2. Instabilità del mercato: Gli investimenti passivi portano a una maggiore instabilità del mercato.
  3. Problemi di governance aziendale: Gli investimenti passivi portano a una maggiore concentrazione di mercato tra le società di gestione dei fondi, sollevando preoccupazioni sulla governance aziendale.

Esaminerò ciascuno di questi punti per rispondere alla domanda: c’è un problema con gli investimenti passivi?


Problema 1: Distorsione dei prezzi (circuiti di feedback positivo)

Il primo, e forse più grande, problema con gli investimenti passivi è che i fondi passivi acquistano azioni di società basandosi sul peso delle società negli indici, piuttosto che sui fondamentali. Ciò distorce il processo di scoperta del prezzo e porta le società più grandi (che hanno un peso maggiore negli indici passivi) a diventare sempre più grandi col tempo.

In altre parole, l’afflusso continuo di denaro nei fondi passivi ogni busta paga ha creato i “Magnificent 7,” non le performance delle aziende sottostanti.

Formalmente, questo è noto come circuito di feedback positivo, che può essere rappresentato visivamente dal simbolo antico dell’ouroboros (un serpente che si morde la coda).

Questo meccanismo si traduce così:

  • Un fondo compra un’azione.
  • Il prezzo dell’azione aumenta.
  • Il prezzo più alto porta a rendimenti migliori per il fondo.
  • I rendimenti migliori attirano più investitori.
  • Più denaro fluisce nel fondo.
  • Il ciclo si ripete.

C’è un eccellente studio intitolato Ponzi Funds che ha analizzato come questi circuiti di feedback funzionano nella pratica:

Il trading guidato dai flussi in questi titoli causa una pressione sui prezzi, che aumenta le posizioni esistenti dei fondi, generando rendimenti realizzati. Decomponiamo i rendimenti dei fondi in una componente di pressione sui prezzi (auto-gonfiata) e una componente fondamentale, dimostrando che, nell’allocare capitale tra i fondi, gli investitori non sono in grado di distinguere se i rendimenti realizzati siano auto-gonfiati o fondamentali.

Meccanicamente, l’argomento ha senso. Con l’afflusso di denaro nei fondi passivi per acquistare azioni, i gestori attivi non sono in grado di competere con questi investitori passivi per determinare accuratamente il prezzo delle azioni. Come ha detto Michael Green:

I gestori attivi non hanno abbastanza scala nemmeno per opporsi, giusto? È come mettersi davanti a uno schiacciasassi e cercare di fermarlo.

Non sono in disaccordo con questo argomento, ma non sono sicuro che siamo già arrivati a quel punto. Sebbene gli investitori passivi possiedano attualmente oltre il 50% di tutti gli asset dei fondi, non ho visto prove che la proprietà passiva, di per sé, abbia portato a prezzi più alti.

Dopotutto, se la proprietà passiva portasse a prezzi più alti, allora le azioni più detenute passivamente dovrebbero essere anche le più sopravvalutate, giusto? Ma non è ciò che vediamo nei dati.

Come ha evidenziato Eric Balchunas, analista senior di ETF presso Bloomberg, nel settembre 2024, le azioni con una maggiore proprietà passiva non sono più costose di quelle con una proprietà passiva inferiore :

Se non vediamo un impatto sulle valutazioni, allora dove dovremmo aspettarci di vederlo?

Questo mi porta a pensare che il problema dei circuiti di feedback positivo sia una questione di liquidità e non necessariamente di proprietà passiva. Finché c’è abbastanza liquidità per determinare i prezzi, l’impatto della proprietà passiva dovrebbe essere relativamente minimo. È esattamente ciò che hanno suggerito anche gli autori dello studio Ponzi Funds:

Forniamo una semplice misura di segnalazione normativa — l’illiquidità del fondo — che cattura il potenziale di un fondo per rendimenti auto-gonfiati.

Pertanto, una maggiore liquidità delle azioni riduce la probabilità di rendimenti auto-gonfiati (ovvero i circuiti di feedback positivo).

Sebbene io sia d’accordo sul fatto che gli investimenti passivi probabilmente stiano distorcendo i prezzi in qualche parte del mercato, dubito che questo sia il caso dei Magnificent 7 o dell’S&P 500 nel complesso. Quindi, quando Michael Green afferma: “Non è che le persone siano davvero così colpite da Nvidia. È solo che metà del mercato non se ne cura davvero e non ti venderà azioni,” non sono d’accordo.

Nvidia è un titolo enorme e altamente liquido. Sebbene oggi l’acquisto indiscriminato da parte degli investitori passivi potrebbe mantenerne il prezzo leggermente elevato, ciò non spiega come sia diventata la seconda azienda più preziosa al mondo. Nvidia non è passata da 350 miliardi di dollari a 3,5 trilioni in due anni grazie agli investitori passivi. Sono stati gli investitori attivi a far salire il prezzo mentre superava ripetutamente le previsioni sugli utili (con riferimento a Michael Batnick).

Sono disposto ad accettare la sconfitta e ammettere che gli investitori passivi possano aumentare le valutazioni ai margini o in azioni altamente illiquide, ma affermare che le azioni più grandi siano grandi solo grazie agli investimenti passivi sembra molto forzato. Sebbene un giorno gli investitori passivi possano causare tali distorsioni dei prezzi per le azioni più grandi, oggi non vedo prove significative in tal senso.

Tuttavia, anche se gli investitori passivi non stanno necessariamente rendendo le aziende più grandi ancora più grandi, potrebbero comunque rendere il mercato complessivamente meno stabile. Passiamo ora a esaminare questo aspetto.

Problem 2: Market Instability

Another big critique of passive investing is that it creates more market instability. Since passive funds have to buy based on fund flows rather than fundamentals, their behavior could amplify price movements in either direction. For example, during periods of market volatility, if many investors tried to exit their passive funds at once, it could lead to a cascading, negative feedback loop of selling.

This was the basic argument put forth by Michael Burry when he compared index funds to subprime CDOs. Burry used the analogy of a crowded theater with only one exit door. As he stated, “The theater keeps getting more crowded, but the exit door is the same as it always was.”

While I can see why Burry’s argument is correct in theory, it doesn’t seem to hold in practice. If we look at the 2020 How America Invests study by Vanguard, we can see that most passive investors don’t rush for the exit door even when things look the bleakest.

As illustrated in the figure below, only 10% of all Vanguard assets were traded during the first half of 2020 (at the start of the COVID-19 pandemic), compared to 8% in 2019:

Nonostante uno dei periodi più volatili nella storia dei mercati, la maggior parte degli investitori passivi non ha fatto molto.

Infatti, solo il 15% di tutti gli investitori Vanguard ha apportato cambiamenti significativi al proprio portafoglio (dove “significativo” è definito come una variazione del 10% o più nella loro allocazione azionaria) durante questo periodo. È possibile vedere questo dato nella tabella sottostante, che mostra la percentuale di investitori che ha aumentato o diminuito la propria allocazione azionaria di oltre il 10% nella prima metà del 2020:

La cosa più curiosa di questa tabella (e in contraddizione con l’argomento di Burry) è che un sottoinsieme di investitori ha effettivamente aumentato la propria allocazione azionaria mentre il mercato azionario precipitava. Quindi, mentre alcuni fondi uscivano dalla porta di uscita, altri entravano.

Questi dati suggeriscono che la paura di un circuito di feedback negativo indotto dagli investimenti passivi sia esagerata. Ovviamente, se tutti gli investitori passivi uscissero dai loro fondi contemporaneamente, si verificherebbe un crollo massiccio dei prezzi, come sostiene Burry. Ma questo è vero per qualsiasi classe di asset. Se un gruppo di investitori iniziasse a vendere una classe di asset in massa, il suo prezzo calerebbe drasticamente. I veicoli passivi non sono il problema in questo caso.

I circuiti di feedback negativi esistono nei mercati da molto prima che fossero inventati i fondi indicizzati passivi. Pertanto, se questo rischio dovesse mai concretizzarsi, non credo che i fondi passivi sarebbero i responsabili.

A difesa di Burry, però, ci sono alcune prove accademiche che dimostrano come la crescita degli investimenti passivi abbia portato a un aumento della volatilità del mercato. Uno studio ha rilevato che “la rapida crescita dei fondi passivi ha reso la domanda di azioni dell’11% più anelastica, influenzando significativamente l’elasticità dei prezzi nel mercato azionario statunitense.” In altre parole, gli investimenti passivi hanno ridotto la capacità del mercato di fissare i prezzi, rendendolo meno efficiente.

Alcune ricerche della Federal Reserve supportano questa tesi. Tuttavia, le stesse ricerche hanno rilevato che altri tipi di rischi finanziari (come la trasformazione della liquidità e il rischio di riscatto dai fondi) sono diminuiti con l’aumento degli investimenti passivi. Pertanto, l’impatto complessivo degli investimenti passivi sulla stabilità del mercato potrebbe non essere così netto come pensavamo inizialmente.

Sebbene i rischi sistemici per gli investitori passivi durante i periodi di volatilità siano probabilmente esagerati (come illustrato dai dati di Vanguard), l’aumento della proprietà passiva probabilmente incrementerà la volatilità del mercato in futuro. Non ho dubbi che i mercati diventeranno meno efficienti man mano che gli investimenti passivi prenderanno una quota sempre maggiore rispetto a quelli attivi. Tuttavia, ciò dovrebbe fornire più opportunità per i gestori attivi di ottenere rendimenti superiori nel lungo periodo. Sfortunatamente per loro, finora non ho visto alcuna prova di ciò.

Problema 3: Questioni di Corporate Governance

Infine, gli oppositori degli investimenti passivi hanno suggerito che la concentrazione della proprietà delle azioni statunitensi (attraverso i fondi passivi) abbia creato problemi di governance aziendale. Sostengono che, poiché questi grandi gestori di fondi votano per conto dei loro proprietari (cioè gli investitori individuali), finiscono per avere un livello eccessivo di controllo sulle grandi aziende americane. Ho discusso brevemente di questo quando ho parlato della “teoria del complotto” su Vanguard, BlackRock e State Street, e credo che questo argomento abbia un certo fondamento.

Tra tutti i problemi legati agli investimenti passivi, il potere concentrato di voto sembra essere il più legittimo. È vero che queste società hanno un’influenza sproporzionata su come le aziende si governano. Quindi, se decidono di promuovere iniziative sul cambiamento climatico o un’agenda DEI (Diversity, Equity, Inclusion), possono farlo. Sarebbe difficile per qualsiasi investitore individuale o piccolo gruppo di investitori contrastare questa influenza.

Tuttavia, in difesa di Vanguard, BlackRock e State Street, non credo che la maggior parte dei proprietari di fondi (cioè gli investitori individuali) sia sufficientemente interessata alle questioni di governance aziendale da votare direttamente. Come ho osservato nella mia discussione precedente, solo Vanguard ha votato su oltre 30.000 proposte di gestione nel 2023. Aspettarsi che gli investitori individuali dedichino tempo a un numero così elevato di votazioni per delega non è né efficiente né fattibile su larga scala.

Sebbene il potere di voto concentrato nelle principali aziende americane possa sicuramente rappresentare un problema, credo che alcune iniziative stiano cercando di affrontarlo nel modo giusto. Vanguard, in particolare, ha annunciato alla fine del 2023 il lancio di un programma di voto per delega opzionale per alcuni dei suoi fondi. I risultati iniziali del programma sono stati promettenti, con oltre 40.000 investitori Vanguard che hanno votato nel 2024.

Anche se questo non risolve completamente il problema del potere di voto concentrato, credo sia un passo importante nella giusta direzione. Dovremo aspettare per vedere come si evolverà questa situazione nei prossimi anni.

Conclusione: Nessuna soluzione semplice

Se dovessi giudicare i rischi più comuni associati agli investimenti passivi, direi quanto segue:

  • Distorsione dei prezzi: Non ancora, ma forse in futuro.
  • Instabilità del mercato: In parte.
  • Questioni di governance aziendale: Vere, ma in miglioramento.

Nel complesso, sembra che gli investimenti passivi abbiano causato alcune distorsioni minori nei mercati. Tuttavia, i problemi più grandi sembrano ancora lontani. È come ha detto Michael Green a proposito del super vulcano sotto Yellowstone: sappiamo tutti che è un problema, ma al momento non possiamo fare molto.

Questo è il problema principale che ho con i critici degli investimenti passivi: non offrono soluzioni concrete al problema della passività. Si lamentano del fatto che i prezzi di mercato siano distorti dagli investitori passivi, ma non propongono alcun modo realistico per consentire agli investitori retail di superare questa situazione.

Cosa dovrei fare? Diventare un gestore attivo? Ignorare del tutto le azioni? Fare arbitraggio sui ribilanciamenti degli indici per acquistare le azioni che saranno aggiunte a un indice prima che vengano aggiunte?

Nessuna di queste è un’opzione realistica per la stragrande maggioranza degli investitori individuali. Ma non fidarti solo delle mie parole. Cliff Asness, di recente, è intervenuto in The Compound and Friends e ha discusso a fondo di questo stesso tema. La sua opinione è che i mercati siano diventati leggermente meno efficienti e che la responsabilità possa essere in parte degli investimenti passivi, ma la vera spiegazione è probabilmente multi-dimensionale (cioè ci sono molteplici fattori in gioco).

Questa è probabilmente la risposta più veritiera. Sfortunatamente, la maggior parte delle persone non vuole sentire una risposta che si riduca a: è complicato.

Infine, non ho nulla contro chi critica gli investimenti passivi. Sono una voce intellettuale importante in questo dibattito e ho imparato molto da loro. Tuttavia, basandomi sulle prove disponibili, credo che nessuna delle loro previsioni più catastrofiche si realizzerà nel prossimo futuro.

Articolo originale di Nick Maggiulli : Is There a Problem with Passive Investing?

Kenneth Rogoff | Podcast | In Good Company | Norges Bank Investment Management

In Good Company

Il Futuro dell’Economia Globale: Lezioni da Ken Rogoff per la Tua Finanza Personale

In un mondo in cui l’economia globale sembra navigare in acque sempre più turbolente, le intuizioni di un esperto come Ken Rogoff, economista di fama mondiale e coautore del celebre libro This Time It’s Different, offrono una bussola preziosa non solo per i policymaker, ma anche per chi vuole gestire al meglio le proprie finanze personali. In una recente conversazione con Nicolai Tangin, responsabile del Fondo Sovrano Norvegese, Rogoff ha condiviso una visione lucida e a tratti provocatoria sul presente e il futuro dell’economia globale, toccando temi come inflazione, dazi, debito pubblico, indipendenza delle banche centrali e l’impatto delle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale (IA). Questo articolo traduce le sue analisi in consigli pratici per i lettori di un blog di finanza personale, con l’obiettivo di aiutarti a navigare le incertezze economiche e prendere decisioni informate per il tuo portafoglio.

Un’Economia Globale in Caos: Somiglianze con gli Anni ’70

Rogoff descrive l’attuale stato dell’economia globale come “moderatamente buono” ma in rapido deterioramento, paragonandolo agli anni ’70, un periodo segnato da alta inflazione, shock petroliferi e instabilità politica. La causa principale? La “ristrutturazione della globalizzazione” guidata dalle politiche protezionistiche di Donald Trump e le crescenti tensioni geopolitiche in Europa e altrove. Questo scenario, secondo Rogoff, rappresenta un “viaggio selvaggio” per i mercati e i consumatori.

Cosa significa per te?
L’incertezza economica è il nemico numero uno della pianificazione finanziaria personale. Se i mercati azionari diventano nervosi, come Rogoff suggerisce, potresti vedere maggiore volatilità nei tuoi investimenti. Per proteggere il tuo portafoglio, considera una diversificazione più ampia: non solo tra azioni e obbligazioni, ma anche verso asset meno correlati ai mercati globali, come l’oro o i fondi indicizzati su settori stabili (ad esempio, beni di prima necessità). Inoltre, mantieni una riserva di liquidità per cogliere opportunità in caso di crolli improvvisi dei prezzi delle azioni.

I Dazi di Trump: Una Minaccia per i Consumatori

Uno dei temi centrali della discussione è l’impatto dei dazi proposti da Trump, che Rogoff descrive come una politica imprevedibile e potenzialmente dannosa. “Sembra che ogni mattina giri una ruota per decidere su quale paese puntare e quale dazio imporre,” scherza, ma il messaggio è serio: i dazi, che potrebbero raggiungere il 10-20% sull’Europa, aumenteranno i prezzi al consumo e ridurranno la qualità dei beni. Gli studi, sottolinea, dimostrano che i consumatori americani pagano i dazi “dollaro per dollaro”, come è accaduto nel 2018.

Implicazioni per la tua finanza personale
L’aumento dei prezzi dovuto ai dazi si traduce in un costo della vita più alto, che può erodere il tuo potere d’acquisto. Per prepararti, inizia a monitorare le tue spese e identifica aree in cui puoi ridurre i costi, come passare a marche più economiche o acquistare in grandi quantità per risparmiare. Inoltre, considera di investire in aziende che operano in settori meno colpiti dai dazi, come quelli tecnologici o dei servizi locali, che dipendono meno dalle catene di approvvigionamento globali. Infine, se hai un mutuo o un prestito, tieni d’occhio i tassi di interesse: un’inflazione più alta potrebbe spingere le banche centrali ad alzarli, aumentando il costo del tuo debito.

L’Inflazione: Una Bestia Non Addomesticata

Rogoff è categorico: l’inflazione non è morta, è solo in remissione. Contrariamente a molti economisti che negli ultimi anni hanno sottovalutato il rischio inflazionistico, lui sostiene che le banche centrali sono state fortunate a mantenere l’inflazione bassa grazie alla globalizzazione e all’ascesa della Cina, ma quel periodo è finito. Prevede un’altra ondata inflazionistica nei prossimi cinque-sette anni, innescata da shock come una guerra cibernetica, un’altra pandemia o una crisi climatica. Questi eventi potrebbero costringere le banche centrali a scegliere tra combattere l’inflazione alzando i tassi (rischiando una recessione) o lasciarla correre, con conseguenze devastanti per i consumatori.

Come proteggerti dall’inflazione
Per i risparmiatori, l’inflazione è come un ladro silenzioso che erode il valore del denaro. Ecco alcune strategie pratiche:

  1. Investi in asset che crescono con l’inflazione: Considera titoli del Tesoro indicizzati all’inflazione (TIPS negli Stati Uniti) o ETF che replicano indici di materie prime, che tendono ad apprezzarsi quando i prezzi salgono.
  2. Aumenta il tuo reddito: Se possibile, cerca modi per incrementare le tue entrate, come un lavoro secondario o un’attività freelance, per compensare l’aumento del costo della vita.
  3. Riduci il debito a lungo termine: I tassi variabili possono diventare insostenibili se l’inflazione spinge le banche centrali ad alzarli. Cerca di estinguere i debiti o di convertirli in tassi fissi.
  4. Budget flessibile: Crea un budget che ti permetta di adattarti a prezzi più alti, dando priorità alle spese essenziali e tagliando quelle superflue.

Il Debito Pubblico: Una Bomba a Orologeria

Con il debito pubblico statunitense a 36 trilioni di dollari e proiezioni che lo vedono salire a 65 trilioni in dieci anni, Rogoff avverte che il percorso attuale è insostenibile senza aggiustamenti significativi. Gli Stati Uniti, dice, possono giocare la “carta dell’inflazione” per ridurre il debito, ma ciò comporterà tassi di interesse più alti e un peso maggiore sui contribuenti. In Europa, il debito elevato ha già rallentato la crescita, limitando la capacità di investire in infrastrutture e innovazione.

Cosa puoi fare
Il debito pubblico non è solo un problema dei governi: influisce sulla tua vita attraverso tasse più alte, tassi di interesse crescenti e potenziale instabilità economica. Ecco come prepararti:

  • Riduci la tua esposizione al debito pubblico: Se investi in obbligazioni governative, considera di diversificare verso titoli di paesi con bilanci più solidi o verso obbligazioni societarie di alta qualità.
  • Pianifica per tasse più alte: Con il debito pubblico in aumento, i governi potrebbero aumentare le imposte. Metti da parte un fondo per coprire eventuali incrementi fiscali e considera strumenti di risparmio fiscalmente efficienti, come conti pensionistici o fondi di investimento a bassa tassazione.
  • Investi in crescita: Le economie con alto debito tendono a crescere più lentamente. Cerca opportunità in mercati emergenti, come l’India, che Rogoff vede come una storia positiva grazie alla sua crescita e agli investimenti in infrastrutture.

L’Indipendenza delle Banche Centrali Sotto Attacco

Un tema che preoccupa Rogoff è la crescente pressione politica sulle banche centrali, in particolare sulla Federal Reserve. Trump, come Nixon negli anni ’70, potrebbe cercare di influenzare la Fed, minandone l’indipendenza. Anche la sinistra, nota, ha proposte per utilizzare la Fed per finanziare programmi sociali, un’idea che rischia di alimentare l’inflazione. Rogoff prevede scenari estremi, come controlli sui prezzi o “repressione finanziaria”, in cui le banche sono costrette a detenere debito pubblico a rendimenti bassi.

Implicazioni per i tuoi investimenti
Se l’indipendenza della Fed vacilla, l’inflazione potrebbe sfuggire di mano, e i mercati finanziari diventerebbero più volatili. Per proteggerti:

  • Monitora le politiche monetarie: Tieni d’occhio le decisioni della Fed e le dichiarazioni dei politici. Un segnale di perdita di indipendenza potrebbe essere un aumento improvviso della spesa pubblica senza un corrispondente aumento delle tasse.
  • Investi in valute alternative: Se il dollaro, come prevede Rogoff, perde parte del suo dominio, considera di detenere una piccola parte del tuo portafoglio in valute più stabili o in criptovalute selezionate, anche se con cautela data la loro volatilità.
  • Punta sulla flessibilità: Mantieni un portafoglio che ti permetta di adattarti rapidamente ai cambiamenti, con una combinazione di asset liquidi e investimenti a lungo termine.

La Cina e l’India: Due Facce dell’Asia

Rogoff è scettico sulla crescita ufficiale della Cina (5%), suggerendo che il dato reale sia più vicino al 2-3%. La Cina, dice, sta affrontando una “giapponesizzazione”, con deflazione, un settore immobiliare in crisi e una perdita di fiducia dei consumatori. Al contrario, l’India è una storia positiva, con tassi di crescita superiori a quelli cinesi e investimenti in infrastrutture che gettano le basi per il futuro.

Come trarre vantaggio

  • Riduci l’esposizione alla Cina: Se hai investimenti in aziende cinesi o in fondi che puntano sull’Asia, considera di ridurre la tua esposizione e spostarti verso mercati più promettenti come l’India.
  • Investi in India: Cerca ETF o fondi comuni che si concentrano sull’India, specialmente nei settori tecnologici e infrastrutturali. Tuttavia, tieni presente i rischi legati alla governance e ai monopoli locali.
  • Attenzione alle materie prime: Un rallentamento cinese potrebbe deprimere i prezzi delle materie prime, influenzando negativamente paesi come il Brasile o l’Australia. Se investi in questi mercati, diversifica per mitigare il rischio.

L’Impatto dell’IA: Opportunità e Rischi

Rogoff riconosce il potenziale deflazionistico dell’IA, che potrebbe ridurre i costi e aumentare l’efficienza, come dimostrato dall’esperienza di Tangin, che riporta un aumento dell’efficienza del 15-20% nella sua azienda. Tuttavia, avverte che l’IA porterà anche tensioni politiche e spostamenti di lavoratori, creando incertezza. Inoltre, le alte valutazioni delle aziende di IA potrebbero innescare una bolla, anche se Rogoff vede un rischio maggiore nelle criptovalute.

Strategie per il tuo portafoglio

  • Investi nell’IA con prudenza: Se vuoi puntare sull’IA, scegli aziende consolidate con flussi di cassa solidi piuttosto che startup ad alto rischio. Gli ETF tecnologici possono essere un’opzione più sicura.
  • Aggiorna le tue competenze: L’IA potrebbe trasformare il mercato del lavoro. Investi nella tua formazione per acquisire competenze richieste, come la programmazione o l’analisi dei dati, per rimanere competitivo.
  • Evita le bolle: Non inseguire le valutazioni stratosferiche delle aziende di IA o criptovalute senza una solida analisi. Concentrati su investimenti con fondamentali forti.

Conclusione: Navigare l’Incertezza con Saggezza

Le analisi di Ken Rogoff dipingono un quadro complesso ma non privo di opportunità. L’economia globale è a un bivio, con rischi come l’inflazione, i dazi e il debito pubblico che minacciano la stabilità, ma anche con possibilità di crescita in mercati emergenti e tecnologie innovative. Per i lettori di un blog di finanza personale, la lezione principale è chiara: la preparazione è tutto. Diversifica il tuo portafoglio, monitora i segnali macroeconomici, riduci il debito e investi in te stesso per affrontare un futuro incerto. Come dice Rogoff, citando il grande maestro di scacchi Ben Larsen, è meglio essere “fortunati e bravi”. Con una pianificazione attenta, puoi aumentare le tue probabilità di essere entrambi.

QUI la puntata originale

Slow Habits

Mi ricordo di aver sentito il consiglio di concentrarmi su un’abitudine all’anno e di aver pensato che fosse una stupidaggine colossale.

Si dice che ci vogliano 30 giorni per costruire una nuova abitudine, no? Quindi, in teoria, potresti sceglierne una al mese e alla fine dell’anno trasformarti in un superuomo che corre, medita, fa bagni di ghiaccio, si alza presto, tiene un diario, massimizza Duolingo e chi più ne ha più ne metta.

Ma non funziona mai proprio così, vero?

Ho iniziato a interessarmi al miglioramento delle mie abitudini quando ero all’università. “Il potere delle abitudini” (Atomic Habits non era ancora uscito) mi ha aperto gli occhi: il mio stile di vita era più sotto il mio controllo di quanto pensassi. Potevo coltivare in me stesso quelle qualità che invidiavo negli altri.

Così ho iniziato a provare a adottare diverse abitudini. Ho provato ad allenarmi regolarmente. Ho provato ad alzarmi ogni giorno alle 5:30. Ho provato a meditare tutti i giorni. E spesso l’abitudine reggeva, per un po’. Poi però qualcosa la interrompeva, crollava tutto, e io mollavo per settimane, mesi, a volte anni.

A un certo punto ho quasi smesso di fare questi tentativi aggressivi di cambiare le mie abitudini. Mi sembravano inutili. Una nuova routine funzionava per un periodo, poi svaniva, sostituita da qualche altro oggetto luccicante che attirava la mia attenzione.

Ma lungo la strada è successo qualcosa di diverso. Alcune abitudini hanno iniziato a formarsi da sole.

L’esempio più grande è bere meno. Ho smesso di bere per un anno, da giugno 2020 al 2021, ma dopo quel periodo ho deciso di ricominciare. All’inizio andava bene, era divertente avere di nuovo l’alcol nella mia vita. Ma poi ha iniziato a crescere un senso di fastidio. Volevo smettere di nuovo.

Non l’ho fatto, però, almeno non in modo drastico. Ci sono state un paio di volte in cui ho preso una pausa deliberata di una settimana o persino un mese, ma i periodi senza bere si sono naturalmente allungati sempre di più. C’è qualcosa nel ricordarmi continuamente il desiderio di smettere, e poi farlo e sentirmi bene, che ha lentamente spinto l’abitudine in quella direzione senza che dovessi forzarla.

Da un lato, potrebbe sembrare un fallimento: desideravo sviluppare questa abitudine di non bere quattro anni fa e ci sto ancora lavorando.

Dall’altro lato, però, c’è qualcosa di più solido nel lasciare che emerga lentamente nel tempo. Questo dà all’abitudine una forza che non credo avrebbe se cercassi di imporla tutta d’un colpo. A questo punto, sono abbastanza sicuro che, seguendo questa traiettoria, tra un anno o due berrò alcol meno di 10-20 giorni all’anno. Non devo forzarlo. Il desiderio continua semplicemente a diminuire.

Un altro esempio è scrivere. Due anni fa ho deciso di buttarmi a capofitto nella scrittura, ma solo negli ultimi mesi ho trovato una routine che mi sembra davvero solida. All’inizio ero più distratto, non sempre era la priorità della giornata. E dopo i miei sprint intensi di due o tre mesi, avevo bisogno di qualche settimana senza scrivere per riprendermi. Stavo ancora forzando tutto.

Ma dopo due anni di desiderio di essere uno scrittore e di concentrarmi intensamente su questo, ora voglio naturalmente farlo ogni mattina. Non devo quasi mai forzarmi ormai. Succede e basta.

Questa idea di lasciare che le abitudini emergano lentamente va contro la retorica comune che devi essere costante. Devi farlo ogni giorno. Non puoi spezzare la catena.

Ma forse questa è una regola d’oro per costruire qualsiasi cosa. Più velocemente la costruisci e più la forzi, più fragile sarà. Più lentamente e naturalmente la metti insieme, più resistente diventerà.

Ovviamente ci vuole equilibrio. Se sei troppo indulgente con te stesso, il cambiamento potrebbe non arrivare mai. Potresti finire per essere quel tipo che passa dieci anni a dire “oh, voglio smettere di bere” senza mai farlo.

Ma se hai pazienza e continui a spingerti delicatamente nella direzione giusta, il cambiamento che desideri potrebbe emergere da solo. E sarebbe meglio sviluppare un’abitudine nel corso di un anno che fallire nel tentativo di adottarne dodici.

Articolo originale di Nat Eliason : https://www.nateliason.com/blog/slow-habits

Warren Buffett passa il testimone a Greg Abel: la fine di un’era, l’inizio di un nuovo capitolo per Berkshire Hathaway

Greg Abel Nuovo CEO di Berkshire Hathaway: Cosa Cambia per l’Impero di Warren Buffett

Omaha, Nebraska, 3 maggio 2025 – Immaginate un ragazzo di 94 anni che, con un sorriso sornione e una Coca-Cola in mano, annuncia al mondo che è pronto a passare il timone della sua creatura, un colosso da oltre 1.000 miliardi di dollari, a un successore che ha scelto con cura. Quel ragazzo è Warren Buffett, l’Oracolo di Omaha, e oggi, durante l’assemblea annuale di Berkshire Hathaway, ha confermato che Greg Abel diventerà CEO alla fine del 2025. È la notizia che tutti aspettavano, ma che nessuno voleva davvero sentire. Buffett, dopotutto, non è solo un investitore: è una leggenda vivente, un simbolo di saggezza finanziaria e di un approccio al denaro che ha ispirato generazioni. Ma niente paura, perché la storia di Berkshire Hathaway è lungi dall’essere finita. Anzi, sembra pronta per un nuovo, entusiasmante capitolo. Preparatevi una tazza di caffè (o una Coca-Cola, in onore di Warren), perché stiamo per ripercorrere la straordinaria avventura di questa azienda, dal suo inizio come fabbrica di tessuti in declino fino al gigante diversificato di oggi, con un occhio al futuro sotto la guida di Abel.

Le origini: da un fallimento tessile a una macchina da soldi

La storia di Berkshire Hathaway inizia in un’epoca lontana, quando Warren Buffett non era ancora l’Oracolo, ma un giovane investitore con un fiuto per gli affari e una passione per i numeri. Era il 1965, e Berkshire Hathaway era una compagnia tessile del New England in difficoltà, con stabilimenti che arrancavano e un futuro incerto. Buffett, allora 35enne, acquistò una partecipazione significativa nell’azienda, vedendo un’opportunità nei suoi asset sottovalutati. Ma, come lui stesso ha ammesso in seguito, fu uno dei suoi peggiori investimenti. Il settore tessile era un disastro, e l’azienda perdeva soldi a palate.

Eppure, invece di arrendersi, Buffett trasformò quel fallimento in un trampolino di lancio. Decise di usare Berkshire come un veicolo per investire in altre aziende, sfruttando i flussi di cassa per acquisire partecipazioni in settori più promettenti. La svolta arrivò con l’acquisto di partecipazioni in compagnie assicurative, come National Indemnity nel 1967. Le assicurazioni, con i loro premi pagati in anticipo, fornivano a Buffett una fonte costante di “float” – denaro che poteva investire prima di dover pagare eventuali sinistri. Questo modello divenne il cuore pulsante di Berkshire, una macchina finanziaria che generava capitale per investimenti sempre più audaci.

Gli anni d’oro: costruire un impero con Coca-Cola e See’s Candies

Negli anni ’70 e ’80, Buffett affinò la sua filosofia di investimento, influenzato dal suo mentore Benjamin Graham e dal socio Charlie Munger, scomparso nel 2023 ma sempre presente nello spirito di Berkshire. La strategia era semplice ma geniale: comprare aziende straordinarie a prezzi ragionevoli e tenerle per sempre. Niente speculazioni, niente mode passeggere. Solo valore solido, come un buon paio di jeans che dura una vita.

Tra gli acquisti iconici di questo periodo ci sono See’s Candies, comprata nel 1972 per 25 milioni di dollari, e una partecipazione significativa in Coca-Cola, iniziata nel 1988. See’s Candies, una catena di cioccolaterie californiana, insegnò a Buffett il potere dei marchi amati e dei margini elevati. Ancora oggi, See’s genera profitti che fanno sorridere gli azionisti (e probabilmente anche i dentisti). Coca-Cola, invece, divenne uno dei pilastri del portafoglio di Berkshire, con un rendimento annuo del 63% rispetto al costo iniziale, grazie ai dividendi. Ogni volta che Buffett sorseggia una Coca-Cola, non è solo una preferenza personale: è un promemoria del suo genio finanziario.

In questo periodo, Berkshire si trasformò da una holding di partecipazioni azionarie a un conglomerato che possedeva aziende intere, come GEICO (acquistata interamente nel 1996 dopo anni di partecipazione) e Burlington Northern Santa Fe (BNSF), una delle più grandi ferrovie d’America, comprata nel 2010 per 44 miliardi di dollari. Buffett amava chiamare queste aziende le “quattro gemme” di Berkshire, insieme alla divisione assicurativa e a Berkshire Hathaway Energy, oggi guidata proprio da Greg Abel.

Il Buffett degli anni 2000: affrontare crisi e costruire leggende

Gli anni 2000 portarono nuove sfide, ma anche opportunità per consolidare la reputazione di Buffett come investitore senza pari. Durante la crisi finanziaria del 2008, mentre Wall Street tremava, Buffett fece mosse audaci, come investire 5 miliardi di dollari in Goldman Sachs con un accordo che gli garantì un rendimento del 10% annuo. Fu un colpo da maestro che non solo salvò Goldman, ma dimostrò al mondo che Berkshire era una roccia in tempi di tempesta.

Nel frattempo, il portafoglio di Berkshire continuava a crescere. Apple, entrata nel 2016, divenne la partecipazione più grande, anche se Buffett ha recentemente ridotto la quota, vendendo circa due terzi per accumulare una riserva di cassa record di 347 miliardi di dollari al 31 marzo 2025. Questa mossa ha fatto storcere il naso a qualcuno, ma Buffett ha sempre predicato la pazienza: il denaro in cassa è come un’arma carica, pronta a sparare quando si presenta l’occasione giusta.

Buffett non era solo un investitore, ma anche un narratore. Le sue lettere annuali agli azionisti, scritte con un mix di umorismo e saggezza, sono diventate una bibbia per gli investitori di tutto il mondo. Frasi come “Sii avido quando gli altri hanno paura, e pauroso quando gli altri sono avidi” sono entrate nel lessico finanziario. E ogni anno, l’assemblea di Berkshire a Omaha, soprannominata la “Woodstock del Capitalismo”, attirava decine di migliaia di persone desiderose di ascoltare l’Oracolo in persona.

L’elefante nella stanza: la successione

Con l’avanzare dell’età, la domanda su chi avrebbe preso il posto di Buffett è diventata inevitabile. Per anni, il mistero ha alimentato speculazioni. Sarebbe stato Ajit Jain, il mago delle assicurazioni? O forse uno dei gestori di portafoglio come Todd Combs o Ted Weschler? Nel 2021, Buffett mise fine alle chiacchiere, confermando che Greg Abel, allora vice presidente delle operazioni non assicurative, sarebbe stato il suo successore.

Abel, 62 anni, canadese, è un nome che potrebbe non far scattare subito un “wow” come quello di Buffett, ma il suo curriculum parla da solo. Entrato in Berkshire nel 2000 con l’acquisizione di MidAmerican Energy (oggi Berkshire Hathaway Energy), Abel ha trasformato la divisione energetica in un colosso che genera, trasmette e distribuisce energia in tutto il Nord America. Ha gestito acquisizioni complesse, come quella di PacifiCorp per 9,4 miliardi di dollari, e ha dimostrato una capacità rara: capire i numeri e le persone. Charlie Munger, che non era certo prodigo di complimenti, lo definì “un pensatore di prima classe”.

Ma perché Abel? Buffett lo ha scelto per la sua integrità, la sua competenza e la sua fedeltà alla cultura di Berkshire: autonomia per i manager, attenzione al lungo termine e un’ossessione per il valore. Abel non è un clone di Buffett – non ha la stessa verve da showman – ma è un pragmatico che sa prendere decisioni difficili. E, cosa fondamentale, ha l’approvazione del consiglio di amministrazione, che lo vede già come un “CEO in azione”.

3 maggio 2025: l’annuncio che cambia tutto

Oggi, durante l’assemblea annuale al CHI Health Center di Omaha, Buffett ha fatto l’annuncio che tutti temevano e attendevano. Con Abel seduto accanto a lui, ha dichiarato: “Penso che sia arrivato il momento in cui Greg dovrebbe diventare CEO alla fine dell’anno”. La sala è ammutolita per un istante, poi è esplosa in un applauso. Buffett, con il suo tipico umorismo, ha aggiunto: “Non ho intenzione di vendere nemmeno una azione di Berkshire. Le lascerò in eredità, ma per ora, credo che Greg farà un lavoro migliore del mio”.

La notizia ha colto di sorpresa anche Abel, che, secondo quanto riportato, non aveva ricevuto alcun preavviso. Ma la transizione non sarà un salto nel vuoto. Abel è già profondamente coinvolto nelle decisioni strategiche, dalla gestione del capitale all’analisi delle acquisizioni. Buffett ha anche annunciato che domani, 4 maggio, proporrà formalmente al consiglio di nominare Abel CEO a partire dal 1° gennaio 2026.

L’annuncio segna la fine di un’era durata 60 anni, in cui Buffett ha trasformato una piccola azienda tessile in un conglomerato che spazia dalle assicurazioni alle ferrovie, dall’energia ai dolciumi. Ma è anche un momento di riflessione sul futuro. Riuscirà Abel a mantenere la magia di Berkshire? E quali sfide lo attendono?

Il futuro con Greg Abel: cosa aspettarsi

Greg Abel eredita un’azienda in ottima salute, ma anche un compito titanico: succedere a una leggenda. Berkshire Hathaway oggi vale oltre 1.000 miliardi di dollari, con un portafoglio diversificato che include giganti come Apple, American Express e Coca-Cola, oltre a dozzine di aziende interamente possedute. La riserva di cassa di 347 miliardi di dollari offre flessibilità per grandi acquisizioni, ma il mercato è competitivo, e le opportunità di valore sono rare.

Una delle priorità di Abel sarà l’allocazione del capitale. Buffett ha sempre detto che il suo lavoro principale è decidere dove investire i profitti di Berkshire, e Abel sembra pronto a seguire questa strada. Ha già esperienza in grandi operazioni, come l’acquisizione di Dominion Energy nel 2020, e ha dimostrato di saper gestire aziende complesse in settori regolamentati. Tuttavia, alcuni investitori si chiedono se Abel abbia lo stesso fiuto di Buffett per gli investimenti azionari. Buffett stesso ha cercato di placare i dubbi, dicendo che Abel “capisce le aziende estremamente bene” e avrà l’ultima parola sugli investimenti.

Un’altra sfida sarà mantenere la cultura di Berkshire, che si basa su fiducia, autonomia e un approccio di lungo termine. Abel ha promesso di seguire la “filosofia di Buffett”, dando priorità a investimenti che guardano al futuro e a una gestione prudente dei rischi. Ma il mondo è cambiato: la tecnologia, le regolamentazioni e le aspettative degli investitori sono diverse rispetto a quando Buffett iniziò. Abel dovrà navigare in un panorama più complesso, con pressioni per adottare strategie più moderne, come l’investimento in startup tecnologiche o l’adozione di criteri ESG (ambientali, sociali e di governance).

Lezioni per il risparmiatore: cosa possiamo imparare da Buffett

Per chi si occupa di finanza personale, la storia di Buffett e Berkshire Hathaway è una miniera di lezioni preziose. Ecco alcune perle di saggezza che possiamo portare a casa:

  1. Pensa a lungo termine: Buffett non ha mai inseguito guadagni rapidi. Ha comprato aziende e azioni con l’intenzione di tenerle per decenni. Per il risparmiatore medio, questo significa investire in fondi indicizzati o azioni di qualità e resistere alla tentazione di vendere al primo ribasso.
  2. La pazienza è una virtù: La riserva di cassa di Berkshire è un esempio di come aspettare l’occasione giusta possa ripagare. Non abbiate fretta di investire tutto subito; tenete sempre un po’ di liquidità per cogliere opportunità.
  3. Conosci ciò che compri: Buffett investe solo in aziende che capisce. Per noi, questo significa studiare i fondi o le azioni in cui investiamo, evitando mode come le criptovalute se non ne comprendiamo il funzionamento.
  4. Sii frugale, ma generoso: Buffett vive in una casa modesta comprata nel 1958 e dona miliardi alla filantropia. Risparmiare non significa privarsi di tutto, ma trovare un equilibrio che permetta di vivere bene e aiutare gli altri.
  5. Impara dai maestri: Le lettere di Buffett sono disponibili gratuitamente sul sito di Berkshire. Leggerle è come frequentare un master in finanza, senza spendere un centesimo.

Un addio che non è un addio

Mentre il sole tramonta sull’era di Warren Buffett, è difficile non provare un mix di nostalgia e ammirazione. Buffett non è solo un investitore; è un insegnante, un filosofo e un esempio di come il successo possa essere costruito con integrità e intelligenza. La sua decisione di passare il testimone a Greg Abel non è una ritirata, ma un atto di fiducia: fiducia in Abel, fiducia in Berkshire e fiducia in un futuro che, come ha detto lui stesso, “sarà migliore sotto la gestione di Greg”.

Domani, quando questo articolo uscirà, il mondo finanziario starà ancora digerendo la notizia. Ma una cosa è certa: Berkshire Hathaway non è solo un’azienda, è un’eredità. E con Abel al timone, sembra pronta a continuare a sorprendere, proprio come ha fatto per 60 anni sotto la guida dell’Oracolo di Omaha.

QUI Charlie Munger e i ” Cannibali ” di Wall Street

Il “Ferro 3 ” dell’invesitmento : Trend- Following

Perché il trend-following non è sulla bocca di tutti? Un viaggio ispirato da Nomadic Samuel

Ok, parliamoci chiaro: il trend-following è un po’ come quel cugino figo che sa fare tutto, ma che nessuno invita alle riunioni di famiglia. È un sistema di trading super potente, non si muove in tandem con azioni e obbligazioni (quindi è un ottimo diversificatore), eppure… non è il re della festa degli investimenti. Ma perché? Ispirandomi al fantastico articolo di Nomadic Samuel sul trend-following, vi porto in un viaggio scanzonato per capire cosa tiene questo gioiellino lontano dai riflettori.

1. Ma chi lo conosce ‘sto trend-following?

Diciamocelo: la maggior parte degli investitori non ha la più pallida idea di cosa sia il trend-following o i managed futures. Quando ero più giovane, una ragazza che mi interessava mi consigliò un film giapponese, Ferro 3. Onestamente, non è stato proprio amore a prima vista, anzi, diciamolo, mi ha fatto letteralmente schifo (scusa, Tae-suk). Ecco, il trend-following è un po’ così: un film d’autore giapponese che non tutti capiscono o apprezzano al primo colpo.

Quando ho iniziato a mettere il naso negli investimenti, mi sono imbattuto nei soliti consigli da “zio previdente”: portafoglio 60/40 (60% azioni, 40% obbligazioni), indici a basso costo, diversifica e vai a nanna. “Compra tutto, non pensare, rilassati!” Se non fossi stato un tipo curioso (e un po’ rompiscatole), oggi sarei lì con il mio bel portafoglio noioso, tutto azioni e obbligazioni standard.

Insomma, il trend-following? Non pervenuto. E se per caso ne hai sentito parlare, probabilmente è stato un “boh, roba complicata” e via, argomento chiuso.

2. La mia avventura nella tana del coniglio

Poi, un bel giorno, ho deciso di fare il detective degli investimenti. Ho scaricato Portfolio Visualizer (un po’ come il mio Bat-Segnale) e ho iniziato a giocare con i back-test, rovistando tra gli anni ‘70 e 2000 per capire cosa funzionava quando il mercato azionario faceva i capricci.

E lì, sorpresa! Oro e materie prime si sono messi a brillare come supereroi in un film Marvel. “Aspetta un attimo,” mi sono detto, “perché il mio portafoglio non è pronto per questi momenti di crisi?” Ho iniziato a scoprire concetti come all-weather e risk-parity (sì, sembrano nomi di cocktail, ma sono strategie di investimento).

E poi, bam! Sono caduto nella tana del trend-following. E che viaggio, amici!

3. Trend-following: il camaleonte degli investimenti

Immaginate il trend-following come un camaleonte sornione. Non si ostina a combattere la realtà: se il mercato va su, lui va long e si gode la corsa. Se il mercato crolla, lui va short e brinda al ribasso. È un sistema basato su regole che si adatta al momento, senza fare drammi.

Ma qui arriva il problema: ci hanno sempre detto di “comprare basso, vendere alto” e di tenere duro come soldati in trincea. “Il mercato crolla? È la tua occasione d’oro!” E poi arriva ‘sto trend-following che ti dice: “Ehi, cavalca i vincitori e shorta i perdenti.”

È un po’ come se ti dicessero di bere il caffè caldo e freddo nello stesso momento. Doublethink, direbbe Orwell. Per accettare il trend-following, devi fare pace con l’idea che puoi fare due cose opposte nello stesso portafoglio e avere ragione in entrambi i casi. E, ammettiamolo, per molti questo è troppo strano.

4. I GOAT del trend-following? Sconosciuti al grande pubblico

Pensate agli investimenti come a una partita di basket. Se sei il LeBron James delle azioni (tipo Warren Buffett o Jack Bogle), sei una leggenda, tutti conoscono il tuo nome. Ma i campioni del trend-following? Gente come Bill Dunn o Ed Seykota?

Silenzio.

Eppure, per essere un Ed Seykota serve la stessa genialità, disciplina e un sistema rigoroso che serve per essere un Buffett. Ma mentre Buffett è sulla copertina di ogni rivista, Seykota è tipo quel musicista indie che solo i veri intenditori conoscono. Peccato, perché sono entrambi dei fenomeni.

5. È complicato, ammettiamolo

Ok, parliamone: azioni e obbligazioni sono facili da capire. Un’azione? È un pezzettino di un’azienda. Un’obbligazione? Un prestito che fai e ti torna indietro con gli interessi. Compra, tieni, dormi sonni tranquilli.

Il trend-following? Oh mamma. È una strategia che sfrutta movimenti di mercato a breve, medio o lungo termine, usando medie mobili, segnali di trading, breakout di canale… Sembra la ricetta di un piatto fusion che richiede un dottorato per essere capito.

Per adottarlo, devi prima capire perché ti serve una componente alternativa nel portafoglio. Poi devi studiare come funziona, e non è proprio come leggere le istruzioni di un frullatore. È più come decifrare un manuale di fisica quantistica (ok, forse esagero, ma ci siamo capiti).

6. E se voglio un ETF trend-following?

Ok, sei un investitore fai-da-te e ti sei innamorato del trend-following. Magari stai pensando: “Voglio un ETF, qualcosa di semplice e non troppo caro!” Negli Stati Uniti, il mercato pullula di opzioni, ma in Europa? Fino a poco tempo fa, c’erano solo fondi gestiti con costi esorbitanti, tipo il 2% annuo, che ti fanno passare la voglia. Ma attenzione, perché circa un mese fa è sbarcato sulla borsa d’Oltralpe (Euronext Paris) il iMGP DBi Managed Futures Fund R USD ETF (ticker: DBMFE). Con un costo di gestione di appena lo 0,75%, questo ETF porta in Europa la possibilità di accedere al trend-following in modo trasparente, liquido e a buon prezzo. Finalmente un’opzione per noi europei che non ci costringe a vendere un rene per diversificare

7. Il mio portafoglio non vive senza

Oggi, non potrei immaginare il mio portafoglio senza un pizzico di trend-following. È come il basilico nella mia pasta al pomodoro: non puoi farne a meno. È una strategia che dà quel tocco in più, rendendo il portafoglio più robusto e pronto a tutto.

Eppure, capisco perché il trend-following non sia la star degli investimenti. Non è famoso, è un po’ ostico da capire, e gli “esperti” che parlano in TV non ne parlano mai. È un peccato, perché è una strategia che potrebbe fare la differenza per tanti investitori.

In conclusione: un applauso a Nomadic Samuel

Grazie all’articolo di Nomadic Samuel, ho voluto raccontarvi questa storia con un po’ di leggerezza e un sorriso. Il trend-following è come quel ristorante di nicchia che non ha la coda fuori, ma chi lo scopre non torna più indietro. È una strategia per investitori curiosi, pronti a pensare fuori dagli schemi.

E allora, che ne dite? Vi va di fare un tuffo nella tana del coniglio e scoprire il trend-following? Io ci sto, e vi assicuro: ne vale la pena!

L’articolo dal quale ho preso più di qualche spunto : QUI